Ventotene, una delle sei isole dell’arcipelago pontino, già dal suo antico nome greco Pandataria (da Pandoteira) fa cogliere l’essenza di ciò che è diventata nel corso dei secoli, cioè dispensatrice di ogni bene. “Bene” forse per l’impero romano e “bene” per i popoli europei ma non per chi vi è stato confinato: la sua storia lo dimostra. La storia dell’isola, infatti, inizia nel I secolo a.C. con la costruzione di una villa – villa Giulia – sul promontorio di punta Eolo, per volere di Ottaviano Augusto primo imperatore romano. Destinata all’otium, successivamente fu trasformata in luogo di esilio, dapprima per la figlia dello stesso imperatore, Giulia, rea di avere violato la legge sulla moralizzazione pubblica, e, a seguire, per Agrippina Maggiore (nipote di Augusto) e quindi per sua figlia Giulia Livilla, poi per Ottavia (figlia dell’imperatore Claudio) e, infine, per Flavia Domitilla (nipote dell’imperatore Vespasiano). Tutte donne, e donne soltanto, di famiglie illustri che furono costrette a vivere al confino forse per aver alterato gli equilibri istituzionali. Tuttavia, senza far torto al genere femminile, ovvero per una questione di pari opportunità o meglio per la teoria del caos, a partire dal 1926, in epoca fascista, Ventotene diventò terra di confino di diversi intellettuali di sesso maschile, tra cui Altiero Spinelli (1907 – 1986), Ernesto Rossi (1897 – 1967) e Eugenio Colorni (1909 – 1944), dalla cui mente fu partorita l’idea del Manifesto di Ventotene (1941), dal quale nacque il Movimento Federalista Europeo (1943), che ispirò la fondazione dell’Europa Unita, la quale, oggi, è una realtà che ancora deve concretizzarsi politicamente, ma che economicamente, in questi giorni, sta dando i suoi primi germogli come il Recovery Fund (Fondo di recupero), uno stanziamento di 750 miliardi di euro, di cui il 28% sarà assegnato all’Italia, per supportare la crisi economica derivata dalle misure di confinamento (lockdown) conseguenti alla pandemia Covid-19. Da un’idea dunque si è realizzato un importante atto che passerà alla storia. E allora sorge spontaneo ricordare quel che è successo tra i confinati di Ventotene. Una lapide a Ventotene ricorda le emozioni e i sentimenti che Altiero Spinelli provò nel momento tanto agognato – era il 18 agosto 1943 – in cui lasciava l’isola: Guardavo sparire l’isola nella quale avevo raggiunto il fondo della solitudine; mi ero imbattuto nelle amicizie decisive della mia vita, … avevo fatto la fame, avevo contemplato come da un lontano loggione la tragedia della seconda guerra mondiale, avevo tirato le somme finali di quel che ero andato meditando durante sedici anni. Avevo scoperto l’abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l’ebbrezza della creazione politica, il fremito dell’apparire delle cose impossibili … . Nessuna formazione politica esistente mi attendeva, né si preparava a farmi festa, ad accogliermi nelle sue file … . Con me non avevo almeno per ora, oltre me stesso, che un manifesto, alcune tesi e tre o quattro amici.
E quel manifesto dal titolo “Per un’Europa libera e unita”, scritto nell’agosto del 1941, analizza nella prima parte la crisi della civiltà moderna (La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio sugli altri e considera suo “spazio vitale” territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nell’egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti. … i regimi totalitari hanno consolidato in complesso la posizione delle varie categorie sociali nei punti volta a volta raggiunti, ed hanno precluso, col controllo poliziesco di tutta la vita dei cittadini e con la violenta eliminazione dei dissenzienti, ogni possibilità legale di correzione dello stato di cose vigente. … Sono conservate le colossali fortune di pochi e la miseria delle grandi masse, escluse dalle possibilità di godere i frutti delle moderna cultura. … Per tenere immobilizzate e sottomesse le classi operaie, i sindacati sono stati trasformati, da liberi organismi di lotta, diretti da individui che godevano la fiducia degli associati, in organi di sorveglianza poliziesca, sotto la direzione di impiegati scelti dal gruppo governante e ad esso solo responsabili. … La stessa etica sociale della libertà e dell’uguaglianza è scalzata. …).
Nella seconda parte propone sia i compiti del dopo guerra che dovrebbero essere assegnati all’Unità Europea sia la riforma della società (Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami tra i movimenti simili che nei vari paesi si vanno certamente formando, occorre fin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far sorgere il nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costituire un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, spazzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consente una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli. Se ci sarà nei principali paesi europei un numero sufficiente di uomini che comprenderanno ciò, la vittoria sarà in breve nelle loro mani, perché la situazione e gli animi saranno favorevoli alla loro opera e di fronte avranno partiti e tendenze già tutti squalificati dalla disastrosa esperienza dell’ultimo ventennio. Poiché sarà l’ora di opere nuove, sarà anche l’ora di uomini nuovi, del movimento per l’Europa libera e unita! … Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era sarà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali. Tutte le vecchie istituzioni conservatrici che ne impedivano l’attuazione, saranno crollanti o crollate, e questa loro crisi dovrà essere sfruttata con coraggio e decisione. La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita. … i giovani vanno assistiti con le provvidenze necessarie per ridurre al minimo le distanze fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare la scuola pubblica dovrà dare la possibilità effettiva di perseguire gli studi fino ai gradi superiori ai più idonei, invece che ai più ricchi; …
La caduta dei regimi totalitari significherà per interi popoli l’avvento della “libertà” … Sarà il trionfo delle tendenze democratiche.
Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà. Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni).
L’edizione del Manifesto (1944), curata da E.Colorni con il titolo di Problemi della Federazione Europea riporta le iniziali, A. S. e E. R. Il volume fu stampato dalla Società anonima poligrafica italiana e dalle Edizioni del Movimento italiano per la Federazione europea. Vi furono aggiunti due saggi di A. Spinelli: Gli Stati Uniti d’Europa e le varie tendenze politiche della seconda metà del 1942 e Politica marxista e politica federalista del 1942-1943.
Noi italiani dovremmo essere tutti orgogliosi di avere avuto cittadini come Spinelli, Rossi e Colorni che hanno avuto il grande merito di aver partorito con la loro rispettiva Cultura un’utopia, che via via sta perdendo i suoi connotati chimerici per diventare realtà. Merito per altri versi, che va a tanti altri illustri concittadini, riconosciuto da intellettuali stranieri, tra cui il regista iraniano Amir Naderi, che ha detto: «L’Italia, con la sua cultura, la sua lunga storia e il suo background complesso, è uno dei paesi più interessanti al mondo. Sono convinto che più di qualsiasi altro paese abbia prodotto geni che hanno cambiato il corso della civiltà. Questa è la ragione per cui questa volta ho scelto di girare il mio nuovo film qui» (Monte, presentato fuori concorso nella selezione ufficiale della 73^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016).
Francesco Giuliano
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