“Io In Italia tornerò da uomo libero. Diversamente io in Italia non tornerò né vivo, né morto”.
Con queste parole definitive Bettino Craxi rifletteva sulla sua condizione di esule, al pari degli eroi civili che hanno contraddistinto la sua formazione umana e politica :Mazzini e Garibaldi.
Benedetto Craxi, detto Bettino é un bambino molto “discolo”, come lo definiva papà Vittorio prefetto antifascista. Attratto dalla spiritualità e dalla ritualità del cattolicesimo pensa di andare fino in fondo, Don Craxi.
La vocazione, invece, fu subito per la Politica. Il Partito Socialista, l’Unione Goliardica italiana e quella affinità con Pietro Nenni. Il maestro e l’allievo. Gli autonomisti, quel 10 % della comunità socialista che desideravano, appunto, una autonomia dal PCI che fagocitava e finanziava i cugini socialisti.
In Ungheria cambia tutto. Craxi capisce che il comunismo è illiberale, tanto da spedire carri armati per sedare la rivolta. Da lì in avanti Bettino diventa anticomunista. Per il PCI un gangster, un fascista, un nemico del proletariato.
Diventa Segretario del Partito nel 1976. Avrebbe dovuto traghettare il partito per pochi mesi. Diverrà, invece, il primo ed ultimo Presidente del Consiglio di estrazione socialista. Racconta Antonio Ghirelli, raffinato portavoce di Craxi, che Bettino si presentó al Quirinale, per giurare davanti a Pertini, in blue jeans. Il Presidente lo fulminó con lo sguardo e gli disse :”Vai a cambiarti e ritorna!”.
Il 1989 comporta il crollo delle grandi idelogie che avevano plasmato la fragile democrazia italiana. L’america accanto alla Dc, l’Unione Sovietica a riempire di rubli i comunisti. Quegli stessi comunisti che, per bocca di Enrico Berlinguer, brandivano come una clava la “questione morale” mentre erano alleati di un Paese nemico dell’Occidente e criminale.
Le tangenti. Meglio forse definirlo finanziamento illecito ai partiti che riguardava tutti, fin dall’inizio della storia repubblicana. Bilanci sistematicamente falsi non contestati né dalla maggioranza di governo né dall’opposizione.
Quando, nel 1993, Craxi disse alla Camera : Non credo che ci sia nessuno in quest’Aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa pronunciarsi in senso contrario a quanto affermo perché, presto o tardi, i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro”.
Nessuno si alzò. Nemmeno quelli della ipocrita “questione morale”.
Gli anni di Hammamet segnano il tempo dell’amarezza, della riflessione, della frustrazione di non potersi difendere da una giustizia palesemente politica. Craxi scrive, scrive infinite riflessioni, dipinge, riflette a voce alta ripreso dalle talecamere di chiunque giunga in Tunisia.
A 20 anni dalla morte del leader socialista é un grave errore che il Pd di Zingaretti non abbia inviato una delegazione a commemorare chi ha permesso loro di aderire all’Internazionale socialista, entrando cioè nel salotto democratico ed europeista buono per accedere al Governo di un Paese occidentale come il nostro.
L’ipocrisia dei comunisti, d’altronde, è un marchio di fabbrica.
“La mia libertà equivale alla mia vita”, si legge sulla tomba di Craxi nel minuscolo cimitero cattolico di Hammamet.
Un garofano rosso ed un pensiero al socialista liberale Bettino Craxi.

Bettino Craxi e Marco Pannella

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