Vent’anni senza Gino Bartali. Dal 5 maggio del 2000 quando un infarto se lo portò via all’età di 86 anni non ancora compiuti. Una perdita inestimabile non solo per il mondo dello sport ma per tutti gli italiani. Perché Ginettaccio non è stato solo l’eccezionale campione capace di fare innamorare milioni e milioni di amanti del ciclismo, di ingaggiare un duello epico ed infinito con l’altra star dell’epoca, Fausto Coppi, che divise l’Italia in due, ma anche e soprattutto un uomo di grande solidarietà e generosità per aver salvato, incurante del rischio a cui si esponeva, centinaia di ebrei dalla furia del nazifascismo durante la seconda guerra mondiale. Bartali infatti era anche un membro della Delasem (Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei), organizzazione clandestina per la quale macinò centinaia e centinaia di chilometri in bicicletta tra la Toscana e l’Umbria, trasportando foto, tessere, lettere, timbri e francobolli atti a falsificare documenti d’identità e favorire la fuga degli ebrei rifugiati. Senza che lo si sapesse in giro. Non esclusivamente per la sua sicurezza e per quella dei suoi compagni d’avventura, ma solo perché “il bene si fa, ma non si dice e certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca”, come ebbe a svelare alcuni anni dopo. In carriera ha vinto 3 Giri d’Italia, 2 Tour de France, 4 Milano-Sanremo e 3 Giri di Lombardia, attaccando la bici al chiodo nel 1954. Nel 2006 l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli conferì la medaglia d’oro al merito civile e il 23 settembre 2013 venne dichiarato Giusto tra le nazioni dallo Yad Vashem, l’ente per la memoria delle vittime dell’olocausto. Di lui si ricorda anche, a 77 anni suonati, la conduzione dell’edizione 1992 di Striscia la Notizia.
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