Mi piace immaginare la scomparsa di un grande artista come il passaggio di una stella cometa, una scia luminosa che attraversa il cielo, sfiora il nostro sguardo e si dilegua. Imfatti, quando muore un artista lui seguita a rivivere nel suo eterno percorso, quello di una vita intonata alla creazione e alla bellezza. Proietti, “l’uomo che ride”, non quello di Hugo,poi, di Verdi (Rigoletto) cioè il buffone tragico bensì l’istrione, il mattatore esilarante e dissacrante. Il neo Petronio di Roma che nei suoi spettacoli, nelle sue succulente “saturae” ossia piatti farciti (satura lanx,questo il significato) ha scritto e descritto il senso della vita indicandone il modo per attuarlo: l’umorismo, un ingrediente che Pirandello individua nel “sentimento del contrario”, in un atteggiamento o comportamento critico e autocritico, al tempo stesso ai limiti del sarcastico: sdrammatizzare col sorriso, meglio ancora con una risata le contrarietà della vita. Ridendo e scherzando Proietti ha raccontato tante verità palesi o nascoste, in prima o per interposta “persona” (in latino maschera),precisamente nei e con i personaggi da lui egregiamente interpretati, seri o comici, Shakespeare compreso: la creazione del Globe Theatre a Roma attesta quanto fosse convinto e consapevole della valenza civile e popolare del teatro. Lui non aveva bisogno necessariamente di un autore essendo di per sé stesso tale, quindi, un personaggio che non aveva bisogno di andarlo a cercare l’autore sebbene, quando vi si imbatteva, vi si accostava con arte. Come tutti i grandi attori ha saputo frequentare il comico, il faceto, il drammatico. Tra il riso o la commozione nelle sue folgoranti carrellate “antologiche” ti conduceva a caracollare o saltabeccare da un umore all’altro comunicandoti il quid o sottotesto dei “classici” o, semplicemente, di spaccati di ordinaria esistenza. Non so se sia congruente ma lo apparenterei a quei grandi clown capaci di filtrare il serio o tragico della vita attraverso le loro facezie, battute o piroette. La stessa gestualità di Gigi Proietti era non solo marcatamente espressiva ma soprattutto “invasiva” come le sue battute, i suoi monologhi erano corpo vivo e pulsante, scosse elettriche o carezze balsamiche. “Io sono un istrione” cantava Aznavour, “Tanto pe cantà” replicava idealmente Proietti che, poi, voleva significare anche “campà”: il teatro è vita vera e non pura finzione, è ciò che si “vede” (in greco théatron dal verbo theàomai= vedere) donde si vive. La su arte: farti rivivere i cosiddetti attimi fuggenti del vivere all’insegna di una salvifica risata, magari recuperandoli al volo sul filo del graffio o “graffito” di una battuta impertinente, allusiva vuoi al sesso, alla politica vuoi a fatti o persone note e meno note. Il teatro, il cinema, Roma sono stati i palcoscenici su cui ha scritto la sua “commedia”,secondo l’accezione dantesca(Lettera a Cangrande della Scala) in stile sapientemente “mediocre” cioè “di mezzo” ossia “volgare”,finalmente popolare. Proietti come il grande poeta meneghino Carlo Porta e il romano G.G.Belli (nota a margine: entrambi scioccamente proposti a scuola come “dialettali”,dunque,“minori” e perciò non più che fugacemente citati rispetto ai cosiddetti “grandi”!) con le loro Poesie/Sonetti hanno interpretato e esaltato l’anima del popolo individuandone la generosità e insieme l’imposta o supposta “inferiorità” in virtù di una corrosiva nonché cordiale (di cuore) risata liberatrice. Per arguzia,acume critico e sagacia possono dirsi i “padri”putativi o maestri di Proietti: come quelli ha saputo trasmettere il valore e l’efficacia di una salvifica risata. Una risata esplosiva e sonora da intendersi non solo “tanto pe cantà” ma soprattutto “tanto pe criticà” che vor dì anche “pe campà”! Ho il privilegio di aver sentito leggere-recitare da lui il lapidario verso del Belli :” Io so io ma tu chi cazzo sei”? Credetemi, una lezione di vita! Porta,Belli, Proietti, ognuno al suo livello, tre grandi poeti contemporanei, italiani altro che veraci e mordaci. Esempi di stile di vita, fustigatori di costumi e malcostumi, dei politici di m….come quei grandi li consideravano! Proietti non faceva come si suol dire politica ma come tutti i grandi poeti e autori sapeva interpretare e intercettare la politica attraverso il filtro dell’arte, nel suo caso della satira e di una grande risata. Il congedo: mi piace pensare che prima di esalare l’ultimo respiro Gigi abbia detto alla belle dame sans merci: “ E mo tu che voi? Me sei venuta a prende? Sai che te dico? Me viè da ride”!
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