La preghiera del mattino dell’uomo moderno è la lettura del giornale perché ci permette di situarci quotidianamente nel nostro mondo storico. Friedrich Hegel
Brillante saggista, polemista e semiologo di chiara fama internazionale, Umberto Eco è stato anche un grande e apprezzato giornalista. Con articoli sferzanti e una prosa godibilissima, sempre intrisa di sense of humour, Eco ha fatto sentire la sua autorevole voce per anni sui quotidiani e settimanali più importanti come la Repubblica (fin dalla nascita del giornale nel 1976), L’Espresso, Alfabeta, Il Manifesto e il Corriere della Sera.
Per oltre mezzo secolo con i suoi interventi giornalistici su Repubblica e su L’Espresso, nati spesso da un moto di irritazione e caratterizzati da uno stile paludato, Eco è stato testimone critico, maestro di quotidiana “diffidenza”. Ha scritto a tal proposito: «La pratica della diffidenza ha un suo fondo che non è soltanto scettico e distruttivo ma ospita qualche speranza e una ragionevole fiducia nell’intervento pratico».
Il suo eclettismo e la sua arguzia lo hanno reso una firma contesa del giornalismo, chiamato ad esprimersi sugli argomenti più disparati (il telegiornale anestetizzato, le ipocrisie del moderatismo, le insidie della stampa devozionale…) che spaziavano dai fatti di costumi alla riflessione estetica e dal commento della politica alla cultura. Eco, attraverso l’impegno giornalistico ha mostrato il suo amore per il presente e una costante curiosità a capire per approfondire l’oggi in cui è vissuto.
Umberto Eco leggeva due giornali ogni mattina, una full immersion quotidiana abbinata al caffè, poiché secondo la nozione hegeliana, riportata nell’esergo, il giornale è «la preghiera del mattino dell’uomo moderno»
I suoi articoli erano sempre leggeri e allo stesso tempo carichi di intelligenza e mai prevedibili grazie alla sua sconfinata cultura e minuziosa erudizione. Nella sua vasta produzione giornalistica ha sempre esercitato libertà di critica verso lo stesso giornalismo al quale talvolta rimproverava superficialità, sciatteria e una certa arroganza e spregiudicatezza di giudizi.
Dalla sua intensa attività pubblicista, è possibile ricavare le buone pratiche del giornalismo: la verifica delle fonti, il racconto accurato dei fatti, l’approfondimento e l’approccio laico e analitico degli argomenti, trattati senza pregiudizi.
Diversi sono i libri in cui Umberto Eco ha raccolto articoli pubblicati sui giornali.
Dalla periferia all’impero (1977) Organizzati secondo una logica tematica, questi saggi, apparsi su quotidiani e riviste tra il 1973 e il 1976, ripropongono Umberto Eco come semiologo del quotidiano, attento e curioso critico del costume e del linguaggio dei mezzi di comunicazione di massa. Eco riporta quanto avviene nella periferia dell’impero americano, cioè nei paesi dell’area mediterranea, analizzando in modo apparentemente divagante gli slogan pubblicitari, le conversazioni della gente in treno, il discorso di Paolo VI sulla pillola, le invettive di Fanfani contro la pornografia. Tanti brevi racconti di un’Italia in trasformazione, ma ancora un po’ bigotta e provinciale.
Le bustine di Minerva Umberto Eco ha collaborato per cinquant’anni con il settimanale “L’Espresso”, dove, tra l’altro, ha firmato la storica rubrica La bustina di Minerva che ha rappresentato una delle più longeve rubriche giornalistiche. In ogni bustina Eco dimostrava la sua capacità di affrontare ogni argomento con chiarezza, ironia e con la “leggerezza” cara al suo amico e collega Italo Calvino. Pur servendosi del suo ricco patrimonio filosofico, storico e letterario era convinto che si potesse parlare di tutto a tutti.
Tra le numerosissime amate bustine è importante ricordare la prima (Che bello errore!), dove celebrava lo sbaglio come strumento di scoperta, e quella famosa in cui esortava i giovani a esercitare la memoria, invitandoli a mandare a mente «La vispa Teresa» perché, diversamente, rischiavano la perdita della memoria personale e storica e il loro passato poteva appiattirsi in una nebulosa indifferenziata.
Numero zero (2015) Anche nel suo ultimo libro Eco ha costruito un ritratto insolente ma reale del giornalismo ai tempi di internet. Il protagonista della storia narrata è un giornalista specializzato nella macchina del fango, in notizie che non esistono, corrotto inconsapevolmente, ma anche consapevole, che può essere estremamente falso e ignorante, può usare il potere e può essere utilizzato dal potere. Per lui non necessariamente le nuove tecnologie, di cui dispone, migliorano il rapporto con le vecchie fondamenta della sua professione.
Come viaggiare con un salmone (2016) Ciò che Eco materialmente presenta in questo libro è un compendio di istruzioni ironiche su situazioni più o meno realistiche. Iniziando da «Come fare l’indiano» fino a «Come fare filosofia in casa», Umberto Eco dipinge un quadro satirico della sfera umana con estrema naturalezza. Questa opera postuma è, in buona parte, una selezione e una rivisitazione di molte delle Bustine di Minerva scritte sull’Espresso; testi che hanno un giocoso taglio istruttivo. Un libro sulle piccole cose, un’eredità di un grande maestro.
Umberto Eco, filosofo e semiologo, scrittore e massmediologo, esteta e accademico, testimone acuto del suo tempo, anche con la fervida attività giornalistica, ha lasciato, non solo ai suoi fedelissimi lettori ed estimatori, ma soprattutto alle nuove generazioni, una grande lezione di vita e di stile.
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