LATINA- I libri dei politici, in genere, non sono scritti da loro. Non invidio i poveri editor costretti a mettere in fila due, tre concetti per le avventure letterarie di capi capetti e presunti tali.
Succede che Giorgia Meloni abbia pubblicato un libro con Rizzoli dal titolo: “Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee”. Fin qui, nulla di esaltante. Non mi sarebbe mai venuto in mente di acquistare il libro giacché la Meloni è Donna di parola. Per comprenderne il pensiero basta ascoltarla in una qualche dichiarazione di voto alla Camera.
Ricordo quando, pochi mesi fa, Maurizio Costanzo ha riproposto al telespettatore una giovanissima Meloni, capo assoluto dei giovani di destra, arringare la platea del Maurizio Costanzo Show contro la propaganda di non so quale ministro dell’istruzione. Già allora avrebbe potuto scrivere – o rappare – “Io sono Giorgia”. Perché la Meloni era fatta e finita da una lunga militanza politica in un mondo, quello della destra, in cui se sei Donna devi lavorare il quadruplo e dimostrare in ogni momento, a differenza dei maschi, quanto vali.
Insomma, Giorgia è cresciuta nei sondaggi. Vola al 18% e non ha resistito alla tentazione di dare alle stampe il suo libriccino.
Una libraia di Tor Bella Monaca ha protestato e in un post ha dichiarato: “So scelte mejo pane e cipolla, che alimentare questo tipo di editoria… alla lotta e al lavoro, il mio è indipendente”.
Come se non bastasse ha motivato questa presa di posizione scomodando concetti come “resistenza” ed “etica”. Alessandra Laterza, dunque, s’arroga il diritto di vendere quel che le pare nella sua libreria. Lasci stare però la resistenza e l’etica. Giorgia Meloni la si può contrastare sul piano delle idee, dei programmi e dei toni che usa per argomentarli ma non si può negare il diritto di acquistare il libro scritto da un leader politico che raccoglie milioni di voti.
La signora Laterza, fra l’altro, non è estranea alla politica: si candidò nelle fila del Partito Democratico nel VI Municipio della Capitale. Quindi altro che indipendenza, etica e resistenza. La libraia, evidentemente abbeveratasi alla fonte del postcomunismo ha una concezione illiberale del suo mestiere e, più in generale, della cultura. Sarebbe come privare gli scaffali di una qualsiasi libreria degna di questo nome, delle opere di Celine, D’Annunzio o, che so, del testo che ha ispirato, nella prassi, la più sanguinaria delle ideologie politiche: “Il manifesto del Partito Comunista” di Marx ed Engels.
Ho sempre detestato i librai che vorrebbero farti leggere quel che piace e pare loro, ignorando così i tuoi gusti. Anzi, pienamente ignari di cosa significhi vivere in un Paese liberale, cercano di orientare i tuoi gusti, plasmandoli attraverso la censura e la damnatio memoriae.
Ha giustamente chiosato Giuliano Ferrara su Twitter: “Ora tocca comprare il libro di Meloni, che palle #doverecivico”.
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