Timbro di conformità per i tributaristi, l’Avvocato Martini: «Soddisfatto per decisione del Consiglio di Stato. In Italia serve applicazione del principio europeo di massima concorrenza»
ROMA – E’ molto soddisfatto l’avvocato Antonio Martini per la decisione del consiglio di Stato di rimettere alla Corte Costituzionale la norma che riserva l’attività certificatoria ai soli professionisti iscritti agli Ordini territoriali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ( i “ragionieri”) ed agli iscritti nell’albo dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro, con esclusione degli iscritti negli elenchi delle professioni non regolamentate.
Una battaglia promossa dada Lapet per impugnare la sentenza n.1192/2022 del Tribunale amministrativo per la Puglia che aveva respinto il ricorso promosso per ottenere l’annullamento di un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate che negava ad una tributarista la facoltà di rilasciare il visto di conformità.
Una questione che riguarda i tributaristi e più in generale i consulenti fiscali e tributari (tutti professionisti non iscritti agli albi ed appartenenti al novero delle professioni non organizzate ex art.1 della legge 4/2013), non possono rilasciare né il visto pesante né quello leggero, nonostante siano autorizzati per legge al trattamento dei dati contabili ed alla loro trasmissione telematica.
Accade così che i tributaristi non possono assicurare ai loro clienti una completa assistenza professionale e sono costretti a subire passivamente lo sviamento della clientela verso i professionisti ordinistici, autorizzati al rilascio del visto, che è necessario per operare la compensazione dei crediti, relativi a IVA, imposte dirette, IRAP e le ritenute di importo superiore a 5.000 euro annui, per la presentazione delle istanze di rimborsi dei crediti IVA, annuale e trimestrale, superiori a 30.000 euro e per la presentazione delle dichiarazioni modello 730.
«Il Consiglio di Stato – spiega l’avvocato Martini, Cassazionista che si occupa di ogni settore del diritto amministrativo e del diritto dell’Unione Europea – accogliendo le nostre motivazioni aveva due strade: rivolgersi alla Corte Costituzionale o alla Corte Europea. Ha scelto la prima strada e ritengo che ci siano tutti i presupposti perché anche in Italia venga accolto quello che già si verifica nel resto dell’Europa ossia il rispetto del principio di massima concorrenza. Parliamo nell’interesse di tutti i cittadini e delle imprese che in questo modo potranno scegliere senza vincoli a chi affidare la propria contabilità senza riserve»
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