Roma- Tremila i detenuti che, in base al Decreto del Governo, saranno scarcerate per scontare la pena agli arresti domiciliari. La Polizia Penitenziaria dovrà continuare a prestare servizio anche in caso di contatto con persone sospette o contagiate da Coronavirus.
I detenuti che hanno una pena o un residuo pena di diciotto mesi e, fino al prossimo 30 giugno, potranno ottenere gli arresti domiciliari. Il braccialetto elettronico è previsto per chi abbia ancora più di sei mesi da scontare. La norma, in realtà, era già prevista, dal 2010, dall’ordinamento penitenziario, ma il provvedimento di Palazzo Chigi, varato per contenere l’emergenza Coronavirus anche nelle carceri, contempla adesso una procedura semplificata per ottenere il beneficio.
Il nodo rimane il numero esiguo di detenuti interessati, rispetto a una popolazione carceraria che raggiunge quasi le 61mila unità. E anche la disponibilità dei braccialetti che, secondo il ministero, saranno distribuiti in base alle esigenze sanitarie dei singoli istituti. Per Antigone, l’associazione che si occupa dei diritti in carcere, il provvedimento avrebbe dovuto interessare almeno 13mila persone. E la gestione dell’emergenza Covid-19 resta aperta, soprattutto per quanto riguarda gli spazi e il problema dei necessari casi di isolamento per le quarantene.
Non tutti i detenuti che abbiano un residuo pena di diciotto mesi, però, potranno accedere alla procedura semplificata. Sarà escluso dalla procedura veloce chi è in carcere per reati particolarmente gravi, come che prevedono il regime del 41bis, ossia l’isolamento, o i condannati per i maltrattamenti in famiglia o stalking. Restano fuori anche tutti coloro che, nei giorni scorsi, abbiano partecipato alle rivolte nelle carceri italiane. L’intervento del 2010, come sottolinea la relazione che accompagna il provvedimento del governo, nasceva dalla necessità di alleggerire sia il carico gravante sull’amministrazione, sia la stessa esecuzione della pena, in favore dei soggetti destinati alla detenzione extracarceraria e per tutti coloro che presso la struttura carceraria debbono continuare a permanervi». Ma il numero interessato resta limitato come riconosce lo stesso Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Un modello, si legge, già sperimentato che, però «potrà trovare applicazione nei confronti di un limitato numero di detenuti chiamati a scontare una pena residua non superiore a 18 mesi, per un massimo di 3.000 unità.
La Polizia Penitenziaria dovrà prestare comunque il servizio anche in caso di contatto con soggetti sospetti o contagiati da Coronavirus.
Fonte, Il Messaggero.
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