Saluti militari, reazioni e quella Supercoppa italiana in Arabia Saudita

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I calciatori turchi fanno il saluto militare per appoggiare l’intervento armato di Erdogan e scattano le reazioni. Anche quelle del ministro dello sport Spadafora, che può dimostrare coraggio per la gara di Supercoppa italiana in Arabia Saudita in programma a dicembre.

Così i calciatori turchi salutano e festeggiano col gesto militare a favore delle incursioni belliche in Siria contro i curdi. Era successo già ad Ankara durante Turchia-Albania, è successo nel cuore europeo di Saint-Denis durante Francia-Turchia, entrambe gare valevoli per qualificarsi ai campionati europei.

GOL, BACI E SALUTI MILITARI – Alla rete del pari e a fine match tutta la squadra è andata a salutare la sua tifoseria scattando sull’attenti, chiaro sostegno al suo presidente Erdogan per l’attacco sferrato ai curdi in Siria. Sticazzi se l’intervento militare prevede morti, avranno pensato (!?). I calciatori, da sempre straordinario veicolo per le lotte sociali (ma anche per l’appoggio alle dittature), anche stavolta non si sono tirati indietro, ma l’obiettivo resta discutibile: “sono turco e appoggio il mio Paese” s’è difeso Calhanoglu, turco del Milan, “felice colui che è turco” ha ribadito Demiral, turco della Juventus, riprendendo una frase di Ataturk. Certo, se questi calciatori appaiono fantasiosi in campo, sono altrettanto stereotipati fuori dal rettangolo di gioco, ventriloquando come marionette.

SPADAFORA SGUAINA LA VOCE – Ma veniamo anche alle reazioni in casa nostra. Prendiamo quella del ministro competente per settore. Ma forse il ministro dello sport Vincenzo Spadafora è digiuno di avvenimenti sportivi. Perché se è vero che ha sollevato obiezioni sull’opportunità di far disputare la finale di Champions League a Istanbul il 30 maggio, andrebbe ricordato che la Lega italiana ha da tempo deciso di giocare la finale di SuperCoppa in Arabia Saudita, bissando quella di gennaio 2019. A Riad e dintorni non è che i diritti umani vengano difesi dallo Stato, caso del giornalista Kashoggi docet. Si ricorderà che a gennaio 2019 c’è stata la finale tra Juventus e Milan a Gedda, primo match a cui hanno potuto assistere le donne arabe seppure solo in determinati settori e solo se accompagnate. C’è da contestare che la partita è inclusa nel nostro torneo e nella nostra lega seppure giocata in terra straniera e quindi ricadente sotto le norme della Figc ma dietro i petrodollari non c’è stato verso: le donne sono state discriminate un po’ come accadeva tanti anni fa quando nei paesi cosiddetti civilizzati i bianchi andavano nelle toilette e i neri nei cessi. Ora la finale tra Juventus e Lazio si giocherà sempre in Arabia Saudita a dicembre 2019 o a gennaio 2020. Sempre con le discriminazioni dei diritti umani in atto. Ministro, può intervenire su una partita della Lega italiana seppure giocata all’estero?

LO SPETTRO DEL SULTANO ERDOGAN – C’è uno spettro che si aggira per l’Europa. E attecchisce laddove c’è povertà e ignoranza, elementi dove è facile coltivare l’odio e inasprire le differenze tra ceti, etnie, popoli. Non è difficile approvare questa strategia in quelle aree che sono naturalmente terre di confine, dove i disperati spingono per arrivare a vivere in una dimensione dignitosa. Il Mediterraneo da anni è attraversato da tensioni, finché qualcuno manovra lo scettro dell’intolleranza (leggi, fini economici, come sempre ci insegna la storia) e scatena offensive belligeranti contro altri. È il caso recente del presidente turco Erdogan, che ha scatenato l’offensiva contro i curdi siriani per creare uno stato cuscinetto proprio in Siria dove collocare i profughi siriani rifugiati ora in Turchia. Insomma, un progetto immobiliare che alloca in un territorio straniero (tale è la Siria) i profughi maltollerati dai turchi randellando un nemico storico, cioè i curdi (ma tempo fa lo erano anche gli armeni). L’Europa prova a ribellarsi? Manco per niente. Pena, Erdogan rovescerebbe 4 milioni di profughi siriani in Europa, proprio mentre Trump s’è vestito da Ponzio Pilato. Quindi, facile prevedere l’aiuto economico della Ue per la Turchia (stato Nato), baluardo contro le spinte per profughi di ogni tipo.

 


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