SABAUDIA- Per oltre cinquanta anni il Cinema Augustus di Sabaudia, grazie alla programmazione di Ugo Nestonni, gestore esperto in grado di portare a Sabaudia anche delle prime mondiali, è stato l’unico luogo di offerta culturale e di aggregazione per la nostra città.
Dopo la vendita da parte del dott. Bernabai sono iniziati i problemi, aggravati anche dalle nuove tecnologie digitali e dalla pirateria, ma tutti i tentativi per sostenere la gestione da parte del Comune e di sponsor privati sono risultati vani
Nel mese di giugno 2011 il Comitato “Rispettiamo Sabaudia” raccolse molte centinaia di firme per evitare che il cinema di Sabaudia venisse riconvertito in qualunque altro tipo di esercizio commerciale.
Dopo una serie di eventi per salvarlo il cinema è stato poi chiuso definitivamente il 10 marzo 2013 e tutti i tentativi per riaprirlo sono risultati vani.
La regione Lazio di recente ha stanziato delle somme per la riapertura dei cinema, ma nulla si muove per l’Augustus.
Come già accennato nella fattispecie a Sabaudia da oltre otto anni ha chiuso i battenti l’unico cinema-teatro della città privando i cittadini e i turisti di un importante risorsa culturale.
Pertanto alcuni cittadini e associazioni che si occupano di musica, di teatro, ecc. hanno iniziato una raccolta di firme per sollecitare nuovamente la riapertura del cinema chiedendo al Sindaco di diffidare la proprietà a riaprirlo.
Per quanto riguarda il diritto di proprietà alcuni fanno riferimento agli articoli del Codice Civile approvato con il Regio Decreto 16 marzo 1942, che reca la firma del Guardasigilli Grandi.
La nostra Costituzione è stata approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata il 27 dicembre 1947; per quanto riguarda la proprietà questa è stata posta tra i diritti economici e non più tra quelli fondamentali del singolo come previsto dallo Statuto Albertino all’art. 29, stabilendo inoltre che essa dovesse avere una funzione sociale.
Anche se apparentemente il tempo che separa i due provvedimenti è breve, come si vede i princìpi e i valori cui sono ispirati sono molto distanti tra loro.
In particolare l’art. 42 della costituzione stabilisce che «La proprietà è pubblica o privata» e che la legge ne «determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti», per cui partendo da una tale impostazione è logico ritenere che, laddove beni, anche in proprietà privata, siano abbandonati e perciò non assicurino quella funzione sociale per cui il diritto di proprietà è riconosciuto e garantito dalla legge, sia doveroso ritenere non più sussistente il diritto medesimo di proprietà e dunque acquisire il bene stesso alla collettività e, quindi, al patrimonio del nostro Comune come “bene comune” al fine di determinare per lo stesso, secondo modalità partecipate una destinazione economica conforme alle necessità sociali;
La funzione sociale della proprietà è la formula con la quale le costituzioni del secolo passato, a partire dalla Carta di Weimar del 1919, hanno ricercato un nuovo equilibrio fra interessi del singolo e bisogni della collettività, fra ragioni dei proprietari ed esigenze dei non proprietari
Nella relazione al progetto della Costituzione di Meuccio Ruini, Presidente della Commissione è prevista la coesistenza di attività pubbliche e private che debbono ciascuna proporsi di provvedere ai bisogni individuali e collettivi. La coscienza moderna richiede che la proprietà adempia la sua funzione sociale e che sia accessibile a tutti mediante il lavoro e il risparmio.
In occasione della risposta ad una interrogazione rivolta al Sindaco nel 2013 l’assessore alla cultura dell’epoca Giovanni Secci ebbe a dichiarare che era volontà del Comune di far “rivivere” l’esercizio posto al centro della città e di recuperare quindi, come nel caso del palazzo Mazzoni, un edificio storico che un tempo era oltre che cinema anche teatro, mentre l’assessore all’urbanistica D’Argenio affermò che non sarebbe stato possibile nessun cambio di destinazione di locali posti nel centro storico.
Attualmente la struttura è in stato di abbandono e non risulta che svolga la sua funzione sociale che interessa tutta la comunità oltre che ad avere rifessi importanti anche dal punto di vista economico in quanto all’epoca molte persone venivano da altri Comuni per assistere agli spettacoli.
In base al citato art. 42 una proprietà privata è giuridicamente tutelata, ma tale tutela permane solo se quella proprietà ha finalità sociali, quindi, se uno “spazio privato” si trova in stato di degrado e abbandono, pur avendo un legittimo proprietario, la sua proprietà potrebbe tornare all’amministrazione locale.
La Corte Costituzionale a sua volta ha ritenuto (Sentenza 529/1995) che la funzione sociale inserita nel prefato art. 42 esprima un dovere di partecipazione alla soddisfazione di interessi generali. Pertanto l’assenza di detta partecipazione fa venir meno la situazione di vantaggio attribuita al proprietario.
Il Comune di Napoli ha da tempo approvato due deliberazioni che prevedono che il Sindaco dopo aver accertato lo stato di perpetuato abbandono può invitare il proprietario con un atto notificato a ricostituire una funzione sociale sul bene entro un termine congruo, dopodiché, nel caso in cui ciò non avvenga, si procede ad una diffida invitando la proprietà a presentare le proprie deduzioni entro 60 giorni. In caso di ulteriore riscontro negativo l’amministrazione comunale procederà all’acquisizione del bene senza dover erogare alcun risarcimento.
Detta procedura è stata utilizzata più volte dal comune di Napoli con successo e copiata oramai da molti altri Comuni tra cui quello di Milano.
Se entro il termine assegnato dal Sindaco la proprietà del cinema lo riaprirà assicurandone la funzione sociale la città potrà godere di una struttura dove poter assistere a spettacoli dal vivo, ma anche alla proiezione di film, a cineforum, ecc.
In caso contrario la procedura andrà avanti.
Non si tratta di esproprio, che riguarda un bene del quale il titolare è nel pieno possesso della proprietà, ma di un bene del quale il proprietario si è disinteressato venendo meno all’obbligo di perseguire un fine sociale per l’utilizzo dello stesso previsto dall’art. 42 della Costituzione
Una volta acquisito questo bene di importanza culturale potrà essere concesso per la gestione dal Comune ad una rete di associazioni o gruppi di cittadini che si occupano di musica, di danza, di teatro, di cinema, ecc.
La raccolta di firme tradizionale è stata già avviata, ma chi lo desidera può firmare anche la versione online su Change.org
Franco Brugnola
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