L’intervento integrale del dottor Franco Brugnola.

“La direzione generale dell’azienda USL Latina con una Ordinanza (potere che la legge di riforma sanitaria riserva solo al Ministro della salute, al presidente della regione e al Sindaco) in data 2 ottobre 2020 ha disposto la chiusura notturna di tutti i Punti di Primo Intervento della provincia di Latina per l’asserito motivo che occorreva recuperare risorse professionali per incrementare le postazioni di Drive-in per effettuare tamponi alla ricerca dei pazienti positivi al COVID-19.

Una mia richiesta per ottenere la riapertura del PPI di Sabaudia è stata respinta con lettera in data 8 ottobre.

La città di Sabaudia dista km 25 dal pronto soccorso dell’ospedale di Terracina e Km. 25 dall’Ospedale di Latina (sede di DEA di II livello) e il tempo necessario per raggiungere da Sabaudia entrambi i Pronto soccorso è superiore ai 20 minuti previsti.

L’ospedale cittadino è stato chiuso molti anni fa, ma sin dal 1971 la città è stata sede di un servizio di Pronto soccorso.
Con d.P.R. 27 marzo 1992 è stato approvato l’Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei Livelli di assistenza sanitaria di emergenza.

Il Consiglio regionale del Lazio, con deliberazione 11 maggio 1994, n. 1004 ha approvato il “Sistema di emergenza sanitaria Lazio Soccorso 118” in base al quale la città di Sabaudia è stata confermata come sede di un Punto di Primo Soccorso e di Guardia medica.

Con l’Atto di intesa tra Stato e regioni in data 11 aprile 1996 sono state approvate le Linee guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del citato d.P.R. 27 marzo 1992 e i Punti di Primo Intervento sono stati inseriti nel sistema territoriale di soccorso divenendo il primo livello di operatività.

Il Decreto del Commissario ad acta della Regione Lazio n. U0090 del 2010 all’allegato n.1 denominato “Requisiti minimi autorizzativi per l’esercizio delle attività sanitarie e socio sanitarie” ha stabilito che «I Punti di Primo Intervento garantiscono la stabilizzazione del paziente in fase critica attivando, tramite la Centrale Operativa118, il trasporto presso l’ospedale più idoneo secondo protocolli definiti e un primo intervento medico in caso di: patologie diagnosticate ed ingravescenti, malesseri non ben definiti, piccoli atti medico–chirurgici, diagnostica strumentale semplice. L’orario di effettivo funzionamento copre di norma le 24 ore. …I punti di primo intervento rappresentano una articolazione sul territorio dei DEA, cui afferiscono e si collegano».

Con DPCM 12 gennaio 2017 l’emergenza sanitaria territoriale è stata inserita tra i Livelli Essenziali di Assistenza (artt. 3 e 7), stabilendo tra l’altro che l’attività di emergenza sanitaria territoriale sia svolta in modo integrato con le attività di emergenza intraospedaliera assicurate nei PS/DEA e con le attività effettuate nell’ambito dell’Assistenza sanitaria di base e Continuità assistenziale.

Il Commissario della Regione Lazio con DCA 20 giugno 2017, n. U00257 “in coerenza” con il DM 70 del 2015 del 2017 ha previsto la trasformazione dei predetti PPI in postazioni “118” medicalizzate.

A seguito di una raccolta di firme di questo Comitato e di numerose manifestazioni organizzate unitamente agli altri Comitati sorti spontaneamente in difesa degli altri sei punti di primo intervento della provincia, l’attuazione di detta decisione, già prevista per il 31 dicembre 2018, fu rinviata al fine di verificare l’attività di ciascun PPI e in particolare il numero degli accessi nelle ore notturne.

Nonostante le assicurazioni fornite, in data 13 agosto 2019 è stato pubblicato sul BUR il DCA 25 luglio 2019 n. U00303 con il quale veniva disposta la trasformazione di tutti i Punti di Primo Intervento in Punti di erogazione di assistenza primaria entro il 31 dicembre 2019, tagliando il primo livello di operatività del Sistema di emergenza urgenza, ignorando completamente il DPCM 12 gennaio 2017 e senza tener conto del numero degli accessi che, ne caso del PPI di Sabaudia negli ultimi tre anni erano stati sempre superiori ai 6000 previsti dal DM 70 del 2015 ed in base al quale la responsabilità del PPI avrebbe dovuto rimanere al DEA di Latina.

A seguito del ricorso presentato da alcuni dei Comuni interessati e dai Comitati dei cittadini in data 14 novembre 2019 (pochi giorni prima dell’udienza del TAR), è stato pubblicato il DCA U00469 recante «Adozione in via definitiva del piano di rientro “Piano di riorganizzazione, riqualificazione e sviluppo del Servizio Sanitario Regionale 2019-2021” ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 88 della legge 191/2009, secondo periodo» in cui si afferma che tutte le aziende «hanno già adottato gli atti di propria competenza che prevedono il servizio, diversamente qualificato, ma in continuità con le funzioni precedentemente svolte, a far data dal 1 gennaio 2020».

La locuzione “in continuità con le funzioni precedentemente svolte” porta a ritenere che pur mutando nome il servizio avrebbe proseguito a svolgere le funzioni definite dalla stessa regione con il citato DCA U0090 del 2010.

Conseguentemente l’azienda USL Latina ha adottato la deliberazione 31 dicembre 2019 n. 1264 avente per oggetto “Attivazione Punti di Assistenza territoriale” incardinando peraltro il PAT nel Dipartimento di Assistenza Primaria anziché nel Dipartimento di Emergenza e Accettazione il che non garantisce la continuità delle cure ed espone a rischi i pazienti critici.

La situazione si è aggravata a seguito della chiusura notturna dei PAT disposta da codesta Azienda con l’Ordinanza del 2 ottobre 2020 con la quale il PAT è stato chiuso dalle 20:00 alle 8:00 con la motivazione della necessità di recuperare risorse professionali per l’epidemia; questo nonostante il Governo per fronteggiare l’emergenza COVID-19 abbia autorizzato tutte le assunzioni necessarie.

In questo modo per 12 ore i pazienti di Sabaudia trovano chiusa l’unica struttura che fino a pochi mesi fa gli assicurava cure immediate, mentre se chiamano il 118, non essendo presente a Sabaudia un’ambulanza medicalizzata (MSA), rischiano di essere trasportati in ospedale da un’ambulanza con a bordo solo dei soccorritori, senza essere visti da nessun medico prima di arrivare al pronto soccorso, con notevole rischio.

A questo si aggiunge la mancata integrazione del servizio di Continuità assistenziale (che dovrebbe funzionare dalle 20:00 alle 8:00) con quello dell’emergenza sanitaria territoriale.
La questione assume ulteriore gravità in quanto il servizio di emergenza sanitaria, di cui comunque è parte il PAT, ove necessario deve interagire con la Protezione Civile.

Come già accennato la richiesta avanzata alla direzione generale della ASL il successivo 3 ottobre per ottenere la riapertura nelle ore notturne del PAT è stata respinta con lettera dell’8 ottobre 2020.

Al riguardo, atteso che il Parlamento con l’art. 1, comma 462 della legge 30 dicembre 2020, n.178, in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente, ha autorizzato la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato tramite agenzie di somministrazione, a partire dal 1° gennaio 2021 per una durata di nove mesi, di 3.000 medici e 12.000 infermieri, si ritiene che le esigenze poste a base della citata ordinanza possano ritenersi superate.

La giurisprudenza ha ritenuto che dal servizio di emergenza e dalla sua tempestività e certezza dipenda con altissima probabilità la protezione del diritto primario dell’uomo, quello alla vita, per cui l’organizzazione del servizio di pronto soccorso deve rispondere ad un nucleo irriducibile del diritto alla salute per la sua stessa natura insopprimibile. È stata anche elaborata la figura della responsabilità da disservizio, da disorganizzazione e da ritardo diagnostico o prestazionale”.


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