Restaini (Anci Lazio): i Piccoli Comuni dimenticati

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ROMA – “Sembra di fare il martirologio dei Piccoli Comuni, 5520 Comuni sino a 5000 abitanti che governano il 64% della superfice nazionale e oltre 10 milioni cittadini, eppure sono discriminati ad ogni piè sospinto, vessati e disprezzati da un Parlamento che evidentemente ha altri interessi da tutelare – dichiara Lubiana Restaini, Coordinatrice della Consulta dei Piccoli Comuni di Anci Lazio – la più eclatante delle malversazioni inflitte loro è il destino della legge Realacci, la 158/2017, discussa per ben 4 legislature, annunciata all’unanimità come panacea di ogni problema, di cui in 4 anni non è stato speso un euro.
In precedenza con la legge Delrio, che “in attesa di” un pronunciamento referendario sull’abolizione delle Province ne aveva smantellato gli organici e trasferito il personale alle Regioni, tra l’altro a stipendi maggiorati, ma aveva ignorato i Comuni, in particolare i Piccoli, con carenze di personale scandalose.
C’è poi l’agenzia delle Entrate Riscossione che ha presentato in questi giorni le richieste di rimborso delle spese di notifica sostenute per le cartelle relative alle quote che sono state oggetto dello stralcio fino a mille euro, decretato dal Dl 119/2018.
Con il Dl sostegni 41/2021, il legislatore introduce un nuovo stralcio per le quote fino a 5000 euro, definendo il tema degli oneri delle spese di notifica e di procedura. A differenza della precedente misura del Dl 119/2018, si stabilisce che è previsto il rimborso da parte dei Comuni per il 70% nel 2021 e per il restante 30% nel 2022 a carico dell’erario, con l’unica flessibilità di pagare con una rateazione ventennale.
Altri oneri a carico dei Comuni e per i Piccoli quasi insostenibili.
Sono poi enormi le sperequazioni tra i dipendenti pubblici nel salario accessorio e nell’incentivazione della premialità. Nel trattamento accessorio tra i vari comparti c’è il 240% di differenza tra gli enti pubblici non economici e gli enti locali nella premialità; all’interno del comparto delle funzioni locali tra le regioni e le camere di commercio, da una parte, e i Comuni dall’altra la distanza è del 60% per il totale del salario accessorio e quasi al 300% per la premialità; tra i Comuni la differenza è di circa il 60% a livello di aggregazione regionale e del 45% a livello di dimensioni demografiche. Tutto ciò, oltre alla presenza di una vera e propria giungla nella determinazione del salario accessorio, costituisce una delle ragioni per cui le risorse destinate alla premialità sono complessivamente ridotte.
Il personale dei Comuni ha percepito mediamente nel triennio 2017/2019 salario accessorio per 5.240 euro pro capite; quello delle regioni 8.599 e quello delle camere di commercio 7.149. Cioè tra i dati medi dei comuni e delle regioni c’è una differenza di poco oltre il 60%. Nell’incentivazione della premialità la sperequazione aumenta: infatti nello stesso periodo nei Comuni era di 1.255 euro, nelle regioni era di 3.732 e nelle camere di commercio di 3.751 euro: una distanza di oltre il 200%.
A livello di dimensioni demografiche si passa da 6.827 euro in quelli con più di 1,5 milioni di abitanti (cioè Roma) a 4.638 negli enti con popolazione compresa tra 10mila e 60mila abitanti, con un dato medio nazionale di 5.240 euro, quindi con una differenza massima di oltre il 45%. Nella retribuzione premiale si passa da 2.002 euro di Roma a 895 dei Comuni con meno di 1.000 abitanti, cioè con una differenza di oltre il 120%; figuriamo nei Piccoli Comuni.
Eppure gli orari di lavoro sono gli stessi, le pratiche e le procedure previste dal TUEL, pure.
Stiamo per applicare il PNRR in queste condizioni: c’è da aver paura!


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