Uno spaccato dell’Italia degli anni ’80 quanto mai attuale. L’attentato al Papa e i suoi tragici effetti collaterali, dal sequestro di Emanuela Orlandi, figlia quindicenne di un messo pontificio, agli altri casi di giovani vittime scomparse, uccise o morte in circostanze oscure. Appena uscito in tutta Italia il nuovo libro del giornalista-scrittore Fabrizio Peronaci, “Il crimine del secolo” (Fandango), viaggio a metà tra la Grande storia e la cronaca nera dell’ultimo scorcio del Novecento. Il 13 maggio 1981 segnò un punto di non ritorno nell’estenuante contesa Est-Ovest. Il tentato omicidio di Karol Wojtyla, oltre a determinare una svolta nella Guerra Fredda, innescò una serie di ricatti e regolamenti di conti destinati a sconvolgere la vita delle famiglie coinvolte e a turbare l’opinione pubblica per decenni, fino all’oggi. Chi armò la mano di Ali Agca, estremista turco di estrema destra disponibile a qualsiasi doppio gioco? Cosa nascondevano le trame delle spie venute dal freddo e degli 007 del fronte occidentale, in perenne conflitto tra loro all’ombra del Cupolone? Le inchieste giudiziarie spaziarono in vari Paesi e durarono quasi vent’anni. La pista bulgara, con il supporto dell’Unione Sovietica, fu l’unica a sfociare in un processo e per molti è da lì che si deve partire per risolvere il mistero dei mandanti.
Ma gli spari di piazza San Pietro non cambiarono solo il corso della storia. Nulla da quel 13 maggio sarà come prima anche per i parenti e gli amici di Emanuela Orlandi, Mirella Gregori, Paola Diener, Josè Garramon, Kathy Skerl e Alessia Rosati, gialli mai risolti e insabbiati, legati, più o meno direttamente, all’attentato a Giovanni Paolo II. La sconvolgente ricostruzione del sequestro della “ragazza con la fascetta”, avvenuto nel giugno 1983, contenuta nel libro di Peronaci si basa su documenti ecclesiali inediti e sulle rivelazioni di nuovi testimoni: un investigatore di primo livello, oggi in pensione; un agente del servizio militare ex Sismi, che operò in contatto con i colleghi di Gladio; un monsignore giunto alla soglia del secolo di vita, che ha avuto una lunga carriera in Vaticano e molto sa sulla fine di Emanuela Orlandi; un vescovo, nel frattempo defunto, che ha avuto cura di lasciare tracce scritte. Sulla scomparsa di Mirella Gregori, la figlia di un barista sparita sempre nel 1983, emerge un retroscena: non era lei la “prima scelta”, gli organizzatori del ricatto contro la Santa Sede inizialmente avevano posto nel mirino una coetanea della stessa scuola.
“Il mio lavoro – spiega Fabrizio Peronaci – fornisce per la prima volta un quadro di riferimento politico, istituzionale e spionistico tale da comprendere tutte le connessioni tra l’evento primario, l’attentato del 13 maggio 1981, e i successivi gialli mai risolti. Le connessioni sfuggite per quarant’anni agli occhi dei cronisti, sono diventate evidenti grazie alle nuove prove da me raccolte, alla visuale storica utilizzata e alla selezione tra piste rivelatesi fondate e palesi depistaggi”. La ragione di Stato, nell’intrigo partito esattamente 40 anni fa con l’attentato al Papa, ha un peso determinante. Come in un angosciante gioco della matrioska, man mano che prove, indizi e riscontri trovano la giusta collocazione, la “ragazza con la fascetta” e gli altri giovani protagonisti di questa catena di sangue e dolore escono dall’ombra, in un crescendo mozzafiato nel quale, come dice Peronaci, “la realtà a volte supera l’immaginazione, ma se un fatto pare incredibile non si può automaticamente concludere che non sia avvenuto: ci vuole pazienza, per venirne a capo”.
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