Progetto Marte: polifonia di un sogno
di Sergio Salvatori
Il viaggio dell’uomo sul pianeta Marte fino ad oggi è un sogno, che può diventare realtà, ma per costruirla, bisogna essere capaci di sognare; proprio come scriveva Bruce Chatwin nel suo libro: “Le Vie dei Canti”, che gli aborigeni australiani sognavano il cammino, le piste prima di percorrerle. I progetti di una missione umana su Marte vanno avanti da ben più di quindici anni, ma in realtà il proposito di una missione umana sul Pianeta rosso risale agli anni ’50. Wernher von Braun, ingegnere e ricercatore tedesco fu uno degli scienziati che contribuì di più alle missioni Apollo avviato dalla Nasa nel 1961, che ha segnato un capitolo epocale nell’esplorazione spaziale portando alla storica missione Apollo 11, durante la quale gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin a sbarcare sulla Luna il 20 luglio del 1969. Wernher von Braun aveva teorizzato il modo in cui gli astronauti avrebbero potuto raggiungere Marte. Indubbiamente, a quei tempi, si sapeva poco di quel pianeta rispetto ad oggi; infatti, negli anni ’50 si pensava che c’era vegetazione su Marte, oggi sappiamo che le cose sono radicalmente diverse. Marte ha un clima ostile, la sua temperatura è di meno di settanta gradi celsius, in alcune regioni arriva addirittura a meno di 150 gradi, e in alcuni periodi dell’anno la pressione al suolo è molto più bassa e l’atmosfera è molto rarefatta, la composizione così com’è non è respirabile per gli esseri umani, tutte queste situazioni rendono Marte più estremo di quello che si è pensato in passato. Perché allora andare su Marte? E’ il pianeta più vicino a noi. Dietro l’esplorazione spaziale ci sono ragioni sicuramente economiche, ma anche soddisfare il desiderio di conoscenza che caratterizza il genere umano da millenni. L’essere umano da sempre ha avuto il desiderio di andare oltre la nostra conoscenza, in più ci poniamo tante domande, come: siamo soli nell’universo? E’ una delle domande dell’umanità, e Marte è l’unico pianeta più simile alla Terra del nostro sistema solare. Noi abbiamo proprio il bisogno di andare oltre il nostro sapere, non possiamo pensare solo a ragioni di guadagno, se no il nostro mondo sarebbe troppo freddo, tecnico, come quello di Heidegger; ma troviamo dopo tanti esperimenti, elementi utili alla nostra quotidianità, come il GPS, alle giacche per la montagna con i materiali nuovi delle tute degli astronauti, gli occhiali da sole, gli elettrodomestici senza filo, le ruote dei fuori strada e perfino i microchips che fanno funzionare i nostri dispositivi elettronici, tutte queste invenzioni sono il risultato delle esplorazioni spaziali. L’innovativa scoperta che cambia tutto è aver trovato l’acqua su Marte, ed è stata possibile grazie al rivoluzionario radar italiano Marsis, questo è uno dei due strumenti di bordo della missione Mars Express, forniti dall’Agenzia spaziale italiana (ASI) e gestito dall’Istituto Nazionale di Astrofisica. Il deposito d’acqua scoperto è il più vasto mai individuato sul pianeta rosso, localizzato nei pressi dell’equatore, Questi depositi sono stati identificati per la prima volta 15 anni fa ad una profondità minore dall’ESA (Agenzia Spaziale Europea, nata con l’acronimo di ESA, fondata nel 1975, è incaricata di coordinare i progetti spaziali dei paesi membri. Dell’ESA fanno parte ventidue paesi tra cui l’Italia, ed è deputata alla ricerca astronomica, all’osservazione della Terra e all’esplorazione dello spazio con missioni umane). Il deposito è stato rinominato “Medusae Fossae”, una vasta regione geologica che si estende per migliaia di km lungo l’equatore di Marte. Il Marsis è stato progettato dall’Università La Sapienza di Roma. “I nuovi dati del radar Marsis”, spiega Andrea Cicchetti, ricercatore INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) e co-autore del nuovo studio, indica il più grande deposito d’acqua mai rilevato su Marte. Sulla Terra, una simile massa d’acqua sarebbe sufficiente a riempire il Mar Rosso. Le recenti conferme della presenza di acqua su Marte, hanno ispirato un’equipe di esperti che mediante un robot guidato dall’intelligenza artificiale (AI) si può ottenere l’estrazione di ossigeno da materiale marziano. Il risultato è stato pubblicato sulla rivista Nature Synthesis dall’Università della Scienza e della Tecnologia della Cina, ed è stato diretto da Jun Jiang, uno degli autori della ricerca. Per ottenere questa reazione chimica il piccolo robot chimico ha bisogno dell’acqua contenuta nelle meteoriti marziane e attraverso l’ossidazione elettrochimica e dell’energia solare, il processo prevede delle reazioni ottenute mediante un processo di catalisi (Fenomeno per questo la velocità di una reazione chimica è modificata dalla presenza di piccole quantità di sostanze dette catalizzatori che non si consumano durante la reazione). Il piccolo robot chimico sintetizza in modo innovativo il catalizzatore, (sostanza che, presente anche in minima quantità, modifica la velocità di una reazione chimica) mentre utilizza materiale marziano, ha affermato Luo Yi; in questo modo, da vero umanoide esegue il processo mediante la spettroscopia di rottura indotta dal laser, e termina in fine con l’estrazione dell’ossigeno. Tutti i test hanno confermato che il catalizzatore è in grado di dare origine ininterrottamente alla produzione di ossigeno. Nel giro di due mesi il robottino ha completato la complessa ottimizzazione dei catalizzatori, che avrebbe richiesto per un chimico umano oltre 2000 anni. In futuro spiega Jun Jiang: “Gli esseri umani potranno stabilire una fabbrica di ossigeno sul Pianeta Rosso, con l’assistenza di robot chimici guidati dall’intelligenza artificiale”.
Bibliografia. Bruce Chatwin: “Le Vie dei Canti”, 1987.
Adelphi Edizioni S. P.A. Milano. Settembre 1988.
Nota. L’immagine della rappresentazione grafica di un robot su Marte è stata gentilmente concessa dallo Studio I-CON, generata con tecnica mista, computer grafica ed intelligenza artificiale (AI).
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