Processo “Puro sangue Ciarelli ” : Ridimensionate le accuse, soltanto tre condanne contro il clan Ciarelli

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Il primo collegio penale del Tribunale di Latina, presieduto da Gian Luca Soana, a conclusione di una camera di consiglio durata quattro ore, ha letto in aula la sentenza che ha accolto soltanto in parte le richieste dell’accusa. I pubblici ministeri Luigia Spinelli e Valentina Giammaria infatti  avevano sollecitato condanne complessive per 76 anni di carcere per gli imputati Ferdinando Ciarelli detto ‘Macu’, Matteo Ciaravino, Manuel Agresti, Antoniogiorgio Ciarelli,  Ferdinando Furt Ciarelli, per il 23enne Ferdinando Ciarelli, Pasquale Ciarelli e Rosaria Di Silvio. Ma la sentenza del Tribunale ha ridimensionato la ricostruzione dei magistrati della Dda, che hanno condotto l’indagine, condannando solo tre degli imputati: Ciaravino a 5 anni  di carcere; Furt a sei anni e otto mesi e Pasquale Ciarelli a 11 anni. Per alcuni degli altri assoluzione con la formula del non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, oppure improcedibili per difetto di querela, mentre per Antoniogiorgio Ciarelli assoluzione nel merito.
L’aggravante delle modalità del metodo mafioso dunque è stata riconosciuta soltanto a carico dei tre imputati condannati. In aula, ad ascoltare la lettura della sentenza, c’erano i pm Spinelli e Giammaria, oltre ai legali del collegio difensivo alcuni dei quali avevano parlato prima che il Tribunale si ritirasse: gli avvocati Alessandro Farau, Francesco Vasaturo, Marco Nardecchia, Luca Melegari, Amleto Coronella, Maurizio Forte, Italo Montini. L’indagine condotta dalla Squadra mobile di Latina aveva preso il via dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia e aveva portato alla luce gli affari illeciti del clan legati a estorsioni nei confronti di imprenditori, professionisti, commercianti e semplici cittadini, che non avevano mai denunciato per timore di ritorsioni da parte dei componenti del clan.  A dare il nome “Purosangue” all’operazione il profilo Facebook scoperto dagli investigatori e utilizzato per inviare messaggi e intimidire le vittime. Le indagini hanno infatti permesso di accertare come gli arrestati gestissero attualmente una forma di protezione dei detenuti in carcere pretendendo per questo servizio un pagamento in denaro che metteva al riparo da violenze, minacce e ritorsioni. Numerose anche le estorsioni a carico di alcuni locali della movida a Latina e dei gestori di attività balneari di Terracina. Un impianto accusatorio che però non ha retto e che è stato ridimensionato dal verdetto odierno. Le motivazione della sentenza sarnno depositate entro 90 giorni.


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