Dopo i libri revisionisti che gli son costati gli applausi di Casapound e dei destrorsi e molti sputacchi da parte degli Ottimati del gruppo Repubblica-Espresso, di cui egli fu una vera e propria star, ecco che Giampaolo Pansa torna in libreria con un saggio dal titolo che non lascia molto spazio al dubbio :”Il dittatore”, ed in copertina il faccione del Capitano della Lega.
Come al solito, il caro vecchio Giampa, decano dei cronisti parlamentari e padre di interviste entrate a pieno titolo nella Storia (fu a lui che Enrico Berlinguer confidò di sentirsi più al sicuro sotto l’ombrello della Nato che altrove), ha scritto un libro partigiano. Considera Salvini una iattura per il Paese ed un pericolo per la democrazia rappresentativa.
Secondo Pansa, fra una divisa e l’altra e l’invocazione dei “pieni poteri”, il Capitano studia da Dittatore. Non è detto che ci riuscirà, è la tesi di Pansa, ma le premesse ci sono tutte.
Secondo Pansa, il bomber della Lega (come ebbe a definirlo Berlusconi) ha appreso la lezione di un noto imprenditore televisivo che, dalla sera alla mattina, fondò un partito e si candidò, vincendo, a governare l’Italia. Forza Italia come la Lega guidata da Salvini non sa cosa voglia dire dibattito interno, figurarsi il dissenso. Son partiti padronali nei quali decide uno e gli altri eseguono.
Certo, è innegabile che “Capitan Fracassa” (il copyright è di Pansa, negli ultimi giorni il duo Renzi-Boschi lo ha più volte ripreso sui social media) abbia un fiuto da cane da tartufo. Ha intercettato, infatti, il malessere e la rabbia degli italiani e li ha trasformati in consenso. Un consenso “Contro”, ci spiega Pansa: contro l’Europa e gli immigrati, in particolare.
Così facendo è riuscito a traghettare il partito più vecchio della storia italiana dal 3% in cui era piombato dopo gli scandali dei diamanti et similia, al 34% di cui sembra godere stando ai sondaggi.
E’ un’altra Lega. Nazionale, non più secessionista ed impegnata per l’indipendenza di una fantomatica ed inesistente Padania.
Bossi fu astuto: dallo 0,5% del 1987 condusse la Lega alla presa di Milano con Formentini e, nel 1994, forte degli 80 parlamentari eletti andò al Governo con il Cav.
Un ictus mise il Senatùr fuori gioco ed è a quel punto che si fece largo il ganassa di Milano. Studente fuori corso all’università, nullafacente, nel 1993 fu eletto a Palazzo Marino e da lì la sua ascesa politica fu inarrestabile.
Arrivato alla segreteria della Lega sposò la causa del meridione dopo essersi divertito una vita con coretti del tipo “senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani” e fece un bel po’ di viaggi.
Dapprima in Corea del Nord, scortato dal Senatore Antonio Razzi, divenuto celebre per una imitazione di Maurizio Crozza. Ebbe a dire che quello era un paese pulito, ordinato, sicuro. Peccato che nel giretto turistico non fosse prevista una tappa nei lager dove venivano sterminati gli avversari politici.
Stessa cosa accade in Russia dove, ospite alla Duma, si presento con la solita felpa “Basta sanzioni alla Russia”.
A Lione fu l’unico leader non francese a parlare con la signora Le Pen.
Insomma, con tre viaggetti il nostro aveva già stilato il suo manifesto politico: con la Russia contro l’occidente, con i fascisti contro l’Unione Europea. “Vasto programma”, avrebbe sentenziato il Generale De Gaulle. Certamente redditizio quando stai all’opposizione, impraticabile quando raggiungi il Governo.
Ed infatti la la Lega in Europa, malgrado in casa abbia sbancato il botteghino elettorale, conta meno di zero. Isolata dalle due grandi famiglie, popolari e socialisti, è stata ininfluente per l’elezione della Presidente della Commissione ed in alcun modo potrà indicare il nome italiano per l’esecutivo Ue.
Insomma, l’analisi di Panza ha più di qualche aggancio con la realtà. Tuttavia è un po’ troppo pessimistica. Il Capitano, infatti, dovrà prepararsi ad affrontare deserti di sale.
Un dittatore? Più che altro un capetto che presto verrà scaricato dalla sua banda.
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