BUSSOLENGO – Nei giorni che hanno preceduto l’involo ha mangiato e bevuto regolarmente, ha avuto cura del proprio piumaggio e si è esercitata fino a raggiungere i 150 battiti d’ali al giorno. Poi, dopo circa un mese dal momento in cui è stata posta sul nido di roccia, per 30 secondi ha volato nel cielo del Parco Regionale des Grand Causses, spiccando il suo primo volo nei cieli d’Europa. Adesso si chiama Eglazine, ogni giorno perfeziona i propri volteggi e ogni tanto torna a dormire nel nido in cui fu posta alla metà di giugno. E’ l’unica gipeta italiana reintrodotta in natura nel 2020, nata al Parco Natura Viva di Bussolengo la scorsa primavera: insieme allo staff che l’ha seguita e allevata, ha dovuto affrontare un viaggio di più di mille chilometri prima di raggiungere i massicci della Francia centro-meridionale ed essere rilasciata. Insieme a lei, tre “vicini di nido”: un gipeto nato in un centro di riabilitazione in Bulgaria e due dallo zoo di Berlino, mentre in cielo li aspettavano centinaia di grifoni e alcune aquile.
Sulle spalle di Eglazine e dei suoi conspecifici, pesa una responsabilità storica: contribuire a formare un nucleo di gipeti in grado di fare da ponte alle popolazioni che vanno formandosi a occidente in Spagna e a oriente sull’arco alpino, grazie alle reintroduzioni in natura del progetto europeo LIFE Gypconnect. Ventuno esemplari in questo tratto di cielo solo nel 2019: per il gipeto, l’avvoltoio più grande d’Europa, si tratta dell’unica speranza di ricomparire nel Vecchio Continente dopo la persecuzione dell’uomo che lo aveva persino estinto in Italia sui primi del secolo scorso. Oggi in Italia il gipeto è “in pericolo critico di estinzione” secondo IUCN e proprio per seguirne l’evoluzione e per tracciarne gli spostamenti, Eglazine ha ricevuto l’applicazione del gps, l’anello identificativo con la sigla ET e lo scolorimento delle penne remiganti, utili a indicare agli osservatori a terra che si tratti di un esemplare reintrodotto. Ora, da gipeta libera, dovrà far ricorso a tutto il bagaglio di competenze che ha potuto apprendere durante i primi tre mesi di vita dalla sua mamma, affinchè possa svolgere il ruolo di “spazzino” della natura che le è riservato: una funzione preziosissima per l’equilibrio di questi ecosistemi, che affida agli avvoltoi il compito di ripulire gli ambienti dagli animali morti, impedendo la diffusione di malattie e contagi e consentendo alla natura di dotarsi di vere e proprie “sentinelle della salute”.
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