Omaggio a Pino Pascali

Protagonista della cultura contemporanea

di Sergio Salvatori

Questo articolo è dedicato ad uno degli artisti più interessanti dell’arte italiana degli anni Sessanta: Pino Pascali, e vuole rendere evidente gli aspetti meno noti del suo lavoro, Esplorare l’approccio creativo di Pascali attraverso un confronto tra l’artista e la cosiddetta “arte tribale”.

Le suggestioni delle sue opere provengono dall’arte africana. Sono queste influenze a portare Pascali a sviluppare un orientamento affine alla concezione animistica. Lo dimostra il pensiero alogico presente nel suo linguaggio. Potremmo dire che Pascali ha dentro di se un forte elemento drammaturgico, presente anche nella scena artistica romana operante nella seconda metà degli anni Sessanta. La morte prematura dell’artista ne ha fatto più un simbolo che un modello per le generazioni seguenti. Trovare oggi artisti che lavorano  con quella febbre creativa che contraddistingueva Pascali è motivo di gioia. Le opere che sono presenti nella Fondazione Carriero, (che prende il nome dal suo fondatore e collezionista Giorgio Carriero) tutelano gli ultimi tre anni del lavoro dell’artista dal 1966 al 1968, un pensiero che suggerisce un legame narrativo tra i diversi lavori, dando rilevanza alla situazione rispetto all’opera.

Scultore, scenografo, grafico e performer, Pascali è tra i protagonisti dell’arte contemporanea italiana. A Roma esegue la sua prima personale nella galleria La Tartaruga di Plinio De Martis, ma nello stesso tempo dissente di esporre le nuove opere sulle armi finte (cannoni, mitragliatrici, missili) dell’artista perchè eccessivamente irritanti, In seguito, dopo un anno sarà Gian Enzo Sperone galvanizzato dalle nuove opere di Pascali, ad esporre “Armi”,  nella sua galleria di Torino. Le Sue mostre personali hanno molto del set teatrale, come nel 1966 espone gli animali stilizzati, (draghi, dinosauri, pesci, che a volte attraversano le pareti spuntando per metà dall’altra parte, oppure appesi come se fossero trofei di caccia); nel 1967 pozzanghere, fiumi, i “metri quadrati di mare”, i “metri cubi di terra”, in questa fase entra nell’Arte Povera con i rimandi al mondo naturale. In seguito nel 1968 le sue opere si dirigono in diverse direzioni, dalle liane e ponti famosi, ai “bachi da setola”, a forme diverse con materiali diversi (paglia, lana di acciaio, pelliccia sintetica). In altre mostre le opere di Pascali sono esposte per terra sopra delle pedane ricoperte di moquette grigia, per far parte dello stesso spazio dello spettatore.

Pino Pascali, assieme a Kounellis e Mattiacci partecipa ad un film realizzato da Luca Patella, mediante l’aiuto di Fabio Sargentini proprietario della galleria L’Attico di Roma, il titolo del film deriva dalle loro iniziali SKMP2; inoltre, prende parte ad un film di Alfredo Leonardi, Libro dei Santi di Roma Eterna, con Kounellis, Mattiacci, Rosbochg, Hartmann, Schifano, Nanni Balestrini. L’undici settembre 1968 muore a 33 anni a Roma in seguito ad un incidente di moto, avvenuto il 30 agosto sul Lungotevere. Nel maggio del 1969 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma gli dedica la prima grande retrospettiva.


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