In campagna elettorale l’esaltazione, l’adrenalina, la voglia di competere sovente ti spingono a delle provocazioni di cui, più tardi, ti penti.
Ricordo che, nel 2016, durante le amministrative, scrissi che il Pd avrebbe dovuto abbandonare il “mansuttismo”elevato a categoria della politica in una accezione non proprio splendente.
Mi riferivo, ovviamente, all’Avvocato Maurizio Mansutti. Meglio, al Sindaco Maurizio Mansutti. Complice la gagliarda gioventù e l’eccitazione che soltanto chi possiede il “dàimon” della Politica può capire, le sparai grosse sull’allora Presidente Provinciale dem.
A distanza di anni, lo dico senza alcuna iattanza, non riscriverei una sola riga di quello che non esito a definire uno sproloquio senza né capo né coda.
Lo accusavo, in sostanza, di inciuciare con la destra al potere. Non avevo compreso l’essenza e l’esperienza politica di Mansutti. Una antica militanza, fin dai tempi del Liceo Classico “Dante Alighieri”, nella corrente di Amintore Fanfani, che a livello nazionale si chiamava “Critica sociale, mentre da noi “Provincia nuova” lo aveva forgiato ed educato alla mediazione, al dialogo,al compromesso inteso non con il tanto peggio tanto meglio, ma con il massimo da ottenere nelle condizioni date.
Io non frequento più il Consiglio Comunale, mi ammorba e mi indigna, insieme. Grande assente è la Politica, tranne qualche mosca bianca, nel senso di democristiana, leggi Enrico Forte.
Quando Mansutti sedeva nei banchi dell’opposizione, beh, era uno spasso. A tratti ampolloso, quasi sempre sarcastico e pungente. Si divertiva a citare locuzioni latine e l’Aula lo guardava sconcertato cercando di capire in quale strano idioma si esprimesse l’Avvocato.
Camicia rigorosamente con il polsino gemello, quasi sempre millerighe. Feci una gaffe tremenda quando gli dissi: “Belli questi gemelli con i lapislazzuli”. Mi freddò: “Sono zaffiri”.
Dalla risata fragorosa che potrebbe raggiungere la sua terra d’origine, il Friuli, è anche capace di una grande umanità. Generoso oltremisura in quel paio di cene che abbiam fatto, non ho mai messo mano al portafogli.
Sarà rimasto l’unico essere umano che, al mattino, dopo la S.Messa delle 7 in Cattedrale, acquista l’intera mazzetta di giornali, locali e nazionali. Da “Latina Oggi” all’”Avvenire”. In consiglio comunale era l’edicola di tutti, almeno di chi non aveva la malattia del tablet.
Come un monaco civile, poi, fila dritto a studio e lì rimane fino a notte fonda tra un pranzo all’Osteria der Cazzabuglio ed un caffè al Turirizzo.
Quanto mi piacerebbe varcare la soglia del Palazzo Comunale e sentire, attraverso il microfono, la voce robusta del Mansuttone lasciarsi andare in “Rebus sic stantibus”, “Alea iacta est” e via dicendo.
No, quello sproloquio di qualche anno fa non lo riscriverei più. Al suo posto, invece, questa piccola Ode al Mansuttismo, lezione di realismo e prassi politica. L’ultima di cui si abbia traccia.
Oggi si va a braccio, improvvisando ed inventandosi uomini politici.
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