ROMA – A cinquant’anni dalla scomparsa di Arturo Dazzi (1881-1966), la Fondazione Villa Bertelli, il Comune di Forte dei Marmi eil Comune di Carrara organizzano una mostra dedicata allo scultore toscano, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
Con il patrocinio del Senato della Repubblica, del MIUR – Ministero dell’Istruzione e della Ricerca, del MIBACT – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Regione Toscana, l’esposizione prenderà il via il prossimo 16 ottobre 2016 esi terrà nel Casino dei Principi di Villa Torlonia, a Roma, fino al 29 gennaio 2017.
La mostra “Arturo Dazzi 1881 – 1966, Roma – Carrara – Forte dei Marmi”, curata da Anna Vittoria Laghi, racconta l’artista attraverso i legami privilegiati che instaura e coltiva nell’arco della sua vita con tre città italiane: Carrara, città natale e della formazione, Roma alla quale l’artista dovrà popolarità e successo e Forte dei Marmi, il buen retiro dove l’esponente di spicco del nuovo classicismo scultoreo del ‘900, lavorerà ad alcune tra le sue più importanti opere monumentali e dove, infine, si scoprirà pittore ( “La Versilia che mi fece diventare pittore”, aveva scritto Dazzi nell’auto-presentazione della Quadriennale Romana del 1935).
Tra le tre città, sarà dunque proprio la Capitale ad ospitare la mostra con cui la Fondazione Villa Bertelli desidera riportare all’attenzione nazionale una collezione di opere oggi custodite in Toscana e parte della produzione più intima e privata di Dazzi.
Il Casino dei Principi di Villa Torlonia aprirà le porte a circa 60 opere dell’artista, tra sculture, gessi, dipinti e disegni: alcune provenienti da Carrara dalle collezioni dell’Accademia di Belle Arti e da quella della Fondazione Cassa di Risparmio, altre in prestito dagli eredi Dazzi. Il nucleo principale dell’esposizione, invece, è di proprietà del Comune di Forte dei Marmi, a cui le opere sono state donate nel 1987 dalla vedova Dazzi.
A Roma sono molte le opere di Dazzi che si conservano già in collezioni pubbliche e private o si ammirano per la città: dal gruppo bronzeo de I Costruttori del 1907 alla statua del Cardinal De Luca al Palazzaccio, arrivando alla Stele a Marconi, il grande obelisco dell’Eur, passando prima però per una serie di opere eseguite fra il 1922 e il 1930, tra cui Antonella, Sogno di Bimba e Cavallino, in esposizione alla GNAM e alla GAM.
Fino al 29 gennaio 2017, tra le opere esposte nei Musei di Villa Torlonia, direttamente dalla Donazione Dazzi di Forte dei Marmi, sarà possibile ammirare il gesso dell’Adolescente, scultura esposta alla mostra sull’arte italiana a Berna del 1938, che ritrae una fanciulla nuda a figura intera: una Venere Pudica interpretata con la più sincera e genuina umanità in un modellato tenero e sensuale che diviene oggi immagine simbolo della mostra. A questo gesso si affianca il modello originale del Cavallino, la celebre scultura che Dazzi espose nella Biennale di Venezia del 1928 nella sala a lui dedicata e che rappresenta in maniera esemplare la grande capacità di ritrarre “le bellezze della natura” con una sorprendente perfezione anatomica. Il pubblico romano, inoltre, potrà per la prima volta godere di parte di quei modelli e di quei disegni preparatori della Stele, ultima e grandiosa opera che Dazzi realizzerà scegliendo, nonostante l’età, di reinventarsi un nuovo linguaggio, scabro, moderno ed essenziale.
L’esposizione, “unica nel suo genere”,come sottolinea la curatrice, ripercorre le tappe della vita dell’artista attraverso opere e documenti che escono per la prima volta dalle loro sedi. Disposti e organizzati secondo un percorso cronologico, le sculture, i modelli e i bozzetti in gesso, le lettere, gli articoli, i dipinti e i disegni disvelano con uno sguardo inedito il ‘dietro le quinte’ dell’universo di Dazzi.
La mostra “Arturo Dazzi 1881 – 1966, Roma – Carrara – Forte dei Marmi”, chefarà parte del programma annuale di attività didattiche della Sovrintendenza Capitolina,è corredata di catalogo, edito Franche Tirature, con il testo critico di Anna Vittoria Laghi e i contributi di Claudio Casini e Brigida Mascitti.
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