Nato a Caprese, Arezzo, nel 1475 e morto a Roma nel 1564, Michelangelo fu uno scultore, pittore, architetto e poeta italiano.
Dal padre Lodovico, podestà di Chiusi e di Caprese, discendente da un’antica famiglia fiorentina, fu avviato agli studi sotto la guida di Francesco da Urbino.
Ben presto manifestò straordinarie inclinazioni artistiche; incoraggiato dall’amico Francesco Granacci, riuscì a vincere l’ostilità della famiglia e venne posto a bottega presso i Ghirlandaio (aprile 1488) con un contratto di apprendistato di 3 anni.
Fin dall’anno seguente, tuttavia, preferì frequentare i giardini medicei di San Marco, dove sotto la guida di Bertoldo di Giovanni, studiò le sculture antiche che vi erano raccolte. Le sue prime prove suscitarono l’ammirazione di Lorenzo il Magnifico che, trattandolo “non altrimenti che come un figliuolo” lo accolse nel palazzo di Via Larga dove Michelangelo ebbe modo di frequentare il Poliziano e gli altri umanisti della cerchia medicea, assimilandone le dottrine neoplatoniche.
Dottrine che divennero un componente fondamentale nella sua cultura e trovano vasto riflesso tanto nella sua attività artistica quanto in quella poetica.
I primi disegni da affreschi di Giotto e di Masaccio, i rilievi della Madonna della Scala e della Battaglia dei Centauri, scolpiti fra il 1490 e il 1492, e il Crocifisso in Legno indicano il già sicuro orientamento stilistico del giovane artista.
Fin dagli inizi Michelangelo si pone come erede e il continuatore della tradizione toscana del secolo XIV e XV, ricercando nello stesso tempo un più diretto collegamento con l’arte classica. Turbato dagli eventi politici che seguirono la morte di Lorenzo e dalla predicazione di Savonarola, nell’ottobre 1494, Michelangelo fuggì da Firenze trattenendosi per circa un anno a Bologna dove scolpì per l’arca di San Domenico le figure di San Peronio, San Procolo e un angelo, testimonianza della sua appassionata ammirazione per i rilievi di J. Della Quercia.
Con la partenza per Roma nel 1476 si aprì un decennio di intensissima e fortunata attività durante il quale Michelangelo si affermò, non ancora trentenne come uno dei maggiori artisti del tempo, non solo per l’eccezionale virtuosismo tecnico e la scienza anatomica, ma anche per la ricchezza delle invenzioni e delle soluzioni compositive e per l’energica individuazione e caratterizzazione dei personaggi.
Alla Pietà vaticana, culmine della tensione verso l’ideale della bellezza fisica e spirituale che aveva polarizzato le ricerche del giovane scultore, scolpita a Roma prima del 1501 insieme con il Bacco del Borgello, seguirono, dopo il ritorno a Firenze il Tondo Pitto, il Tondo Taddei e la Madonna con Bambino che riflettono nel modellato più morbido e fuso la suggestione di esempi leonardeschi; il perduto cartone per la battaglia di Cascina (1504, destinato a un affresco mai eseguito per la sala grande di Palazzo Vecchio, per la quale era stata commissionata poco prima a Leonardo la Battaglia di Anghiari), la Sacra Famiglia degli Uffizi e il David marmoreo, che venne collocato di fronte al palazzo della Signoria e nel quale trovano orgogliosa espressione i supremi ideali civici rinascimentali.
Nel Maggio 1508 Michelangelo sottoscrisse il contratto per la decorazione della Cappella Sistina; gli affreschi vennero condotti a termine in quattro anni di accanito e solitario lavoro. Al tema biblico generale, Michelangelo sovrappose un’ interpretazione neoplatonica della Genesi, dando forma, in immagini che sarebbero diventate il simbolo stesso dell’arte del Rinascimento, all’epica rappresentazione delle vicende dell’umanità ante legem e, nello stesso tempo, al tema dell’ascesa dell’anima e all’intuizione del divino.
Durante il terzo decennio del ‘500, dopo l’amarezza causatagli per la sospensione dei lavori del 1520 per la facciata di San Lorenzo, Michelangelo fu occupato a Firenze dalla costruzione della sagrestia nuova di San Lorenzo e della Libreria Mediceo-Laurenziana. Al 1519-21 risale anche la statua del Cristo Risorto spedita a Roma e collocata in Santa Maria sopra Minerva.
Dopo il sacco di Roma del 1527e la cacciata dei Medici da Firenze, Michelangelo ebbe parte di primo piano del governo repubblicano, nominato governatore e procuratore generale sopra alla fabbrica e fortificazioni delle mura, oltre a preparare disegni e progetti che non ebbero tuttavia realizzazione, partecipò attivamente alla difesa della città assediata dalle truppe papali e imperiali. Alla caduta della repubblica del 12 agosto 1530, solo il predono di Clemente VII lo salvò dalle vendette dei seguaci dei Medici.
Nel 1534, sempre più a disagio per la nuova situazione politica creatasi a Firenze, Michelangelo abbandonò definitivamente la città e si stabilì a Roma, accettando da Clemente VII l’incarico di dipingere sulla parete dell’altare della Cappella Sistina il Giudizio Universale (1536-1541)
In uno spazio che non ha più limiti né misura sconvolgendo tanto l’iconografia tradizionale del tema quanto i rapporti proporzionali e prospettici dell’arte rinascimentale, Michelangelo rappresentò l’atto finale della storia dell’umanità come un’immane tragedia cosmica scatenata dal gesto imperioso del Cristo-Giudice.
Le sculture degli anni estremi (La pietà da Palestrina, La pietà del Duomo di Firenze, La pietà Rondanini) sono, non diversamente da molti tra i disegni tardi e da numerose poesie di ispirazione religiosa, meditazioni sul crocifisso di Cristo come u monumento nel quale si compie il destino e il riscatto di tutta l’umanità. Ogni ricerca di finitezza o di bellezza formale vi è subordinata e quasi abbandonata di fronte all’ansia di esperimenti in senso di liberazione, dii ineffabile beatitudine per l’allentarsi del vincolo che tengono l’anima imprigionata nel “carcere terreno”.
Celebrata già dai contemporanei come il punto culminante dell’arte del Rinascimento, l’opera di Michelangelo ne fu anche, per molti aspetti, la drammatica conclusione.Le sue sculture, i suoi dipinti, le sue architetture furono circondati da una sconfinata ammirazione, considerati superiori alle creazioni degli antichi e della stessa natura; ma egli era ancora vivo quando si aprì la polemica, ripresa poi frequentemente nella letteratura artistica del secolo XVI e XVII, tra gli appassionati esaltatori della sua opera e coloro che ne condannarono la mancanza di misura e di naturalezza, in nome di un diverso ideale estetico, che alla terribilità Michelangiolesca contrapponeva la grazia, la leggiadria e la facilità dell’arte di Raffaello.
Guglielmo Guidi
(storico dell’arte)
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