Michela Murgia Ave Mary E la Chiesa inventò la donna
Premessa Michela Murgia è stata un personaggio pubblico, un’intellettuale schierata politicamente con idee ben chiare su temi importanti, da studiare e capire anche quando si è in disaccordo con lei. Come scrittrice, impegnata sul piano culturale, sociale e politico, l’ho seguita nei convegni, nelle interviste, nei i suoi articoli su L’Espresso, nelle diverse presentazioni di libri, negli incontri del Salone Internazionale del Libro a Torino e della Fiera nazionale della piccola editoria “Libri più liberi” a Roma.
Ho seguito con attenzione e interesse la sua produzione letteraria fin dall’inizio, ho comprato alcuni suoi libri che mi sono ripromesso di leggere, senza mai portare a termine questo desiderio di conoscenza delle sue opere.
Spesso le sue idee non sono state da me totalmente condivise, nonostante il mio sincero e onesto riconoscimento e apprezzamento del suo spirito combattivo, del suo impegno civile, della sua umanità e della forza e del coraggio nell’affrontare temi scottanti, inerenti al ruolo delle donne nell’odierna società, ai diritti sociali, al lavoro precario, al fine vita e alle nuove forme di organizzazione familiare. La sua recente scomparsa ha portato con sé una scia di commenti positivi e solidali, ma anche prese di posizione di segno opposto, nate da differenti vedute.
Personalmente condivido gran parte di ciò che ha scritto Dacia Maraini, dopo la scomparsa di Michela: «ha capito e anticipato i tempi, anche nell’utilizzo dei nuovi media. Mettendosi in gioco di persona, non teorizzando ma costruendo una famiglia basata sulle affinità e gli affetti e non sul sangue…E vista la crisi che sta vivendo la famiglia tradizionale di questi tempi penso che il suo sia un esperimento molto coraggioso e anticipatore… Raccontare la propria malattia senza esibizioni vanitose, ma con la coscienza di esprimere un pensiero alto e nobile, mi sembra un atto rivoluzionario. Il rifiuto del linguaggio bellico e il sorriso sulle labbra nonostante le sofferenze sono una scelta coraggiosa e originale».
La recente morte della coraggiosa scrittrice sarda ha contribuito a indurmi a riprendere in mano uno dei suoi libri (Ave Mary), nel quale l’autrice rilegge in chiave femminista la figura della Madonna, e a leggerlo attentamente come una forma di rispetto e di omaggio per la sua straordinaria persona. _________________________
Già dall’incipit dell’Introduzione, «Era l’8 marzo del 2009», del saggio Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna (Einaudi editore), s’intravede il taglio del racconto del libro che l’autrice, con una notevole capacità narrativa e di elaborazione teologica, intende offrire al lettore, affermando che «non è un libro sulla Madonna. È un libro su di me, su mia madre, sulle mie amiche, e le loro figlie, sulla mia panettiera, la mia maestra e la mia postina. Su tutte le donne che conosco e riconosco».
Il libro avverte la necessità di ripensare «come donna cristiana», la fede, che ha mantenuto intatta fino al termine della sua vita terrena, e il rapporto della Chiesa Cattolica e le donne, come si evince con chiarezza già dall’eloquente sottotitolo. Michela Murgia, infatti, dichiara apertamente, da cristiana, di aver patito spesso rappresentazioni limitate e fuorvianti delle interpretazioni della complessa figura di Maria di Nazareth.
Con spiccata abilità espressiva, caratterizzata da periodi fluidi e concetti chiari, l’autrice, riflettendo sull’idea e sulla rappresentazione della morte in generale, sul tabù di questo evento naturale, si sofferma sulla raffigurazione della morte femminile analizzando alcuni racconti mediatici sulle morti di illustri personaggi della televisione (Raimondo Vianello e Sandra Mondaini), del cinema (Federico Fellini e Giulietta Masina) e della cronaca (Terry Schiavo ed Eluana Englaro).
Inoltre l’autrice critica, con argomentazioni di natura storico-teologica rifacendosi a san Paolo, ad alcuni padri della Chiesa e all’apologeta Tertulliano, alcune radicate convinzioni popolari che hanno portato a interpretazioni distorte e fuorvianti della figura della donna nella Bibbia a partire da Eva, primo archetipo del genere femminile, e in particolare da Maria che, come Mater dolorosa ai piedi della croce, «non muore», non è stata mai seppellita e viene assunta in cielo senza passare attraverso l’umiliazione del decesso corporeo. La morte di Maria nell’iconografia cristiana dominante è stata cancellata e sottratta alla rappresentazione capace di dare senso alla morte femminile e al dolore delle donne.
Come animatrice dell’Azione Cattolica Michela Murgia, esaminando criticamente, con una prosa lucida e rigorosa, la famosa lettera apostolica Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II, con la sua visione femminista si sofferma sul ruolo sociale e sulla funzione attribuita alla donna come assistente docile che ha il compito di prendersi cura, di assistere, di servire i figli, il marito e la società.
Altri argomenti affrontati, attraverso racconti, sono «la fede del sabato sera» e la «santità feriale», intesa come autentica eccellenza spirituale dapprima di cristiani semplici e poi di laici e di donne speciali che hanno mostrato inarrivabili doti spirituali, come Gianna Beretta Molla proclamata santa per la sua maternità, portata avanti nonostante la patologia (fibroma) che metteva a rischio la sua salute, come donna. Un riferimento particolare è riservato alla suora albanese, Madre Teresa di Calcutta, icona mondiale della carità, che ha incarnato l’altra faccia del modello femminile del cattolicesimo.
Michela Murgia mette in risalto che, dopo le lotte femministe e le trasformazioni sociali, culturali ed economiche, la questione del ruolo della donna nella società e nella Chiesa si è imposta come uno dei temi più importanti e impegnativi del post Concilio, grazie anche all’apporto del pensiero teologico di Hans Urs von Balthasar che ha messo in risalto, con una singolare formula teologica, le figure di Pietro e di Maria come archetipi fondativi del padre e della madre del sistema Chiesa.
Per garantire l’accettabilità sociale della donna, l’autrice si sofferma sui consigli che sono forniti sulla bellezza femminile, sul sentirsi sempre giovani e non emarginate dall’avanzare dell’età e dal mondo della pubblicità. L’età avanzata e l’invecchiamento collocano le donne in una posizione di fragilità e debolezza non di autorevolezza e saggezza derivate dall’esperienza di vita. Per l’immaginario collettivo le donne devono restare eternamente giovani, belle e seduttrici, senza diventare figure sapienti, dotate di intelligenza critica.
La Chiesa, per Murgia, dovrebbe assumere una posizione controcorrente nei confronti della visione distruttiva della vecchiaia, della sopravvalutazione della gioventù e dell’idolatria della bellezza. Comunque Maria, la madre di Dio, è sempre giovane, «figlia del suo Figlio», come mostra la Pietà di Michelangelo.
L’iconografia della Madonna, la madre docile e silenziosa di Cristo, si è evoluta nel tempo come dimostrano, nella storia dell’arte, i vari dipinti di famosi pittori, tra i quali il fiammingo Jan van Eyk e Caravaggio. Inoltre Maria di Nazareth, con la risposta positiva all’annunciazione dell’angelo, ha rappresentato la cultura del sì femminile nel cattolicesimo, una icona della passiva docilità, un esempio luminoso di donna ubbidiente.
Un capitolo molto interessante del saggio è il quinto, dal titolo «Un Dio con voce di donna», dove l’autrice, affermando che «Dio non è quel vecchio con la barba ma è una donna», racconta e commenta il manifesto dell’associazione Telefono donna, ideato per la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. In questa occasione l’autrice si sofferma sulle tre parabole della misericordia, in particolare sulla parabola della dramma perduta dalla casalinga “disperata”, immagine trascurata nel processo di costruzione dell’immaginario femminile della donna che si riconosce come «a immagine di Dio» che secondo il papa Luciani, Giovanni Paolo I, era anche Madre: immagine rivoluzionaria per donne relegate a ruolo di custodi del focolare domestico, della cura e accoglienza familiare.
L’apporto fondamentale delle donne nella storia non è stato, purtroppo, adeguatamente riconosciuto. La storia dell’umanità ha un debito incalcolabile nei confronti del contributo femminile. Addirittura, le donne sono state, purtroppo, espropriate del loro apporto intellettuale oltre che, ancor più spesso, escluse da un’educazione paritaria.
Ultima riflessione di natura storico-teologica, derivante dalle personali «memorie cattoliche» dell’autrice, riguarda il problema del matrimonio, delle nozze celebrate civilmente o in chiesa. Nella storia si è passati dal matrimonio concepito come remedium concupiscentiae all’idea di essere un «grande mistero», fino a diventare uno dei sette sacramenti che unisce un uomo e una donna.
L’autrice riflette sull’elaborazione teologica del matrimonio come modello di amore cristiano, e sul fatto che Maria, Giuseppe e Gesù siano il modello della famiglia cattolica tradizionale, arrivando a teorizzare il matrimonio sacramentale come proiezione olografica dell’unione tra Cristo (l’uomo) e la Chiesa (la donna). La scrittrice sostiene che questa teoria è una forzatura che introduce nella coppia un primo dato di diseguaglianza perché Gesù e la Chiesa non sono soggetti alla pari, perché tra i due vi è una gerarchia e una diseguaglianza.
L’archetipo matrimoniale Cristo/Chiesa pone il categorico divieto ecclesiale di ammettere il divorzio perché il patto sponsale, basato sulla fedeltà, indissolubilità e fecondità, non può essere sciolto. Pertanto Murgia invita a riflettere sull’impianto simbolico delle nozze cristiane, trasmesso dall’insegnamento religioso tradizionale, e sulla violenza fisica o sessuale sulle donne, che avviene tra le mura domestiche, e auspica che il modello nuziale, basato su un rapporto disparitario, cambi, superando la prassi della subalternità della donna, del rapporto di dominio dell’uomo e della sottomissione della donna a vantaggio della parità e del rispetto reciproco tra i coniugi.
Queste riflessioni sul ruolo della donna, sulla condizione di subordinazione cui sarebbe stata relegata nei secoli, sono importanti e condivisibili non solo per i credenti, perché offrono spunti ed argomentazioni di sicuro interesse culturale, sociale e politico, ma anche per ogni individuo e per la società di oggi e di domani.
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