Il quotidiano Avvenire ha riportato un articolo bello e tutto da leggere: Chi è Luciano Vassallo? Un eroe dimenticato del calcio africano, un capitano, come Girma, la “bandiera” di quella nazionale che riportò ad Addis Abeba l’unica Coppa d’Africa conquistata dall’Etiopia. Era nato ad Asmara, capitale del’Eritrea, allora facente parte dell’Etiopia e non stato indipendente.
«I ricordi mi fanno stare ancora male, ma questa storia vorrei tanto che arrivasse al cuore dei giovani etiopi e anche di quelli italiani…». Quella di Luciano è stata una giovinezza e un’esistenza tutta in salita. «Nostra madre Mebrak (“Luce” in italiano) ad Asmara mi mise al mondo nel 1935 e cinque anni dopo nacque il mio “fratellino” Italo», comincia il racconto in un italiano che conserva forte l’accento dell’«eritreo, cattolico apostolico e romano», dice orgoglioso. «Nostro padre, Vittorio Vassallo, era un ufficiale dell’esercito coloniale di Mussolini ma noi non lo abbiamo mai conosciuto. Di suo c’è rimasto solo il cognome. Così mamma, fra stenti e mille rinunce, ci ha cresciuti da sola povera donna. Gli etiopi ci consideravano dei “bastardi”. Con gli italiani era la stessa storia. Per via delle leggi razziali anche i coloniali ci trattavano con disprezzo. Eravamo additati come i “figli della colpa”. Sfottuti tutti i giorni, così in terza elementare ho abbandonato gli studi».
Quello che poi ha appreso e gli è servito nella vita glie l’ha insegnato la strada, dove cominciò presto a tirare calci ad un pallone fatto di stracci ed ha fatto carriera. La nazionale del ’62 era da record. «Eravamo una squadra fortissima come non si è più rivista in Etiopia. Io e Italo disputammo una Coppa d’Africa eccezionale e nella finale di Addis Abeba, vinta contro l’Egitto, due dei 4 gol (la gara finì 4-2) li segnammo noi, i fratelli Vassallo». Una rete del bomber Italo e una di Luciano, il capitano, il primo a salire sul palco delle autorità per ricevere la Coppa direttamente dalle mani dell’Imperatore Hailé Selassié. «Un grande uomo Selassié, fatto fuori dal regime militare, il terrorismo era scatenato da Menghistu Haile Mariam». Menghistu era anche il nome del calciatore che segnò il 4° gol nella finale della Coppa d’Africa del ’62. «E infatti per l’omonimia con quell’aguzzino, nell’albo ufficiale tutti e 4 i gol adesso risultano realizzati da Menghistu. Hanno cancellato i nostri nomi dalle statistiche dei marcatori». Luciano Vassallo a tutt’oggi invece sarebbe il calciatore con più presenze nella nazionale d’Etiopia. «Ho indossato quella maglia 104 volte e sono anche il miglior marcatore di sempre con 90 gol – ci tiene a precisare – Ero stato eletto anche miglior giocatore della Coppa d’Africa del ’68, ma anche quel riconoscimento non risulta più agli annali della federazione».
Nel ’70 Luciano lascia per sempre il suo Paese, in modo rocambolesco attraversando il deserto, per venire in Italia: «Ero troppo vecchio per continuare a giocare, però sentivo di poter dare ancora qualcosa al calcio e così mi sono iscritto al corso per allenatori a Coverciano». Suoi compagni di corso erano Cesare Maldini, Luis Vinicio e Armando Picchi, i quali trovarono subito una panchina in Serie A, mentre l’eritreo Vassallo dovette accontentarsi di aprire una scuola calcio ad Ostia dove vive attualmente.
A lui è stato dedicato uno spettacolo teatrale intitolato La Stella d’Africa messo in scena a Milano al Nuovo Teatro Ariberto.
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