L’intervento del Prefetto Maurizio Falco nel 79° anniversario della Liberazione

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Il mio pensiero grato va oggi a tutti voi che condividete (e  non dividete) insieme a me, il senso di questa pietra miliare  per la nostra democrazia, che è il 25 aprile.

E soprattutto, consentitemelo, un ringraziamento  particolare a quelli che non ci stanno ad utilizzare ancora  una volta il messaggio della Storia per:

confondere i giovani;

rinfocolare odio divisivo;

farsi pubblicità;

Noi dobbiamo e vogliamo celebrare il 25 aprile per  rinnovare la coscienza di base antifascista della nostra  Costituzione.

C’è posto per tutti!

A patto che non si voglia utilizzare in maniera obliqua e  divisiva le varie corone e messaggi di ricordo che oggi  dobbiamo raccontare in un’unica direzione.

Chi rilegge il passato con un minimo di sensibilità deve fare  i conti con i mutamenti di scenario delle diverse epoche in  cui si suddivide il Libro della Storia.

Attraversandone gli innumerevoli capitoli senza perdersi nei  rivoli di rivisitazioni che tendono ad escludere o  primeggiare, o ancora peggio, a confutare i passi in avanti  della nostra civiltà.

La sua eredità, la nostra eredità, si accetta senza beneficio  di inventario, accogliendone anche i lasciti oggettivamente  negativi.

Ma conservando il valore propulsivo e la ricchezza culturale complessiva, che deriva dal sacrificio e dalla testimonianza  di chi ci ha preceduto.

Direi….anche al lordo di tutti gli errori commessi e dopo aver  pagato tutti i prezzi da pagare come Comunità.

Del resto la Storia è un racconto senza fine – qualcuno  direbbe in barba o alla faccia di Fukuyama – che ad ogni  nuovo capitolo si diverte a rivisitare e rimescolare le carte  del passato e del destino.

Al punto da ricomporre e minacciare il senso delle  appartenenze, il significato dei termini storico-politici,  l’attribuzione di giudizi secondo classificazioni che  stravolgono i vecchi paradigmi.

Chi può oggi non dirsi antifascista nel senso che  intendevano i padri costituenti? Direi nessuno.

Chi può pensare che la nostra Europa – pur minacciata da  rigurgiti reazionari ma saldamente in grado di difendere la  sua tradizione di culla delle civiltà occidentali – consentirebbe ad un Paese come il nostro di ripiombare  nell’orrore dell’inizio del 900?

Allora per questo 25 aprile valga certamente il monito che  tutti noi solleviamo rispetto ai gravissimi errori/orrori di un  recente passato……… senza reticenze.

Se, però, rimaniamo fermi e paralizzati dentro un presente  in evoluzione, con semplicistici slogan, poi andiamo a sovrapporre con incoerenza quel passato al pericoloso  presente, pieno di nuove insidie inattese, e non se ne esce  più.

La democrazia che abbiamo conquistato con la guerra  all’orrore nazi-fascista va consolidata con la forza di chi ha  saputo dimenticare, perdonare, ricominciare con il  contributo di tutti.

La sensazione evidente che emerge in questi tempi difficili  è che la difficoltà di progettare insieme un futuro solido e  condivisibile costringe il dibattito pubblico sul passato in un  contesto asfittico, che porta a riferimenti massimalisti e  improduttivi.

Sopravvivono ancora diverse voci all’ombra di un  estremismo di nostalgica vocazione, ma che non  contribuiscono a produrre nuove idee di futuro.

Meglio concentrarsi allora su come rinsaldare i legami di  tenuta delle comunità.

Lo diciamo continuamente… proprio perché all’insegna di  quella sempre auspicata unità di intenti siamo riusciti ad  elevare il nostro spirito combattivo contro difficoltà  incredibili.

La più volte citata pandemia è solo l’ultimo esempio.

Mostriamoci tutti insieme capaci di ridurre le differenze  socio-economiche, di rafforzare una politica di sviluppo  generale e, perché no, visti i tempi anche di difesa europea:  ma per tutelare la nostra identità e gli ideali su cui si basa, non certo per portare offesa alle civiltà altrui.

Bisogna cercare sempre di affinare un modello di progetto  comune che si fondi sul collante delle democrazie, questa è  la sfida.

Questo il nostro compito.

Mentre qualcuno sostiene che il Sistema democratico  starebbe fallendo – proprio perché non riesce più a garantire  a tutti la fruizione di una platea di diritti essenziali che si  allarga progressivamente, insieme alle fonti di conoscenza – noi vogliamo rispondere con l’intelligente generosità di chi

riconosce, accoglie e partecipa secondo le proprie reali  capacità.

Puntando su uno sviluppo tecnologico da vigilare affinché sia a disposizione dell’Uomo e non contro l’Uomo.

Dalla pandemia è nata la risposta dei vaccini ed un secondo  “Piano Marshall” come il PNNR, e questo è solo uno degli  esempi della forza di cui dispongono comunque Democrazie  occidentali in affanno ma che poi fanno squadra.

Il 2024 è l’anno di transizione fondamentale, non  dimentichiamo che andranno al voto quasi due miliardi di  persone, per 76 paesi, candidandosi come l’anno più  elettorale di sempre.

Ed anche se diverse competizioni sono definite una pura  liturgia di facciata del potere, riflettiamo insieme sulla  necessità di consolidare il nostro schema di democrazia  reale: che si basa sul perno del riconoscimento dei diritti  essenziali della persona umana insieme a quello della  legittimità tra concorrenti in libere elezioni.

Oggi più che mai le Istituzioni di garanzia sono in campo per  tutelare un cammino che da qualche anno si è fatto davvero  tortuoso.

Liberiamoci dagli schemi preconcetti; facciamo valere la  nostra credibilità di democrazia compiuta nelle mediazioni  complesse; sia a livello interno che sullo scacchiere  internazionale, che vede l’Italia da sempre un partner  garante di ogni pace possibile.

Daremo così nuova linfa alla nostra cultura e tradizione.

Ma per fare questo dovremo rendere sempre più forte la  fiamma del 25 aprile, ed allo stesso tempo sempre più  partecipata la missione del nostro meraviglioso Paese, in  chiave unitaria, senza mai offuscare i fatti ed i valori su cui  si fondò in maniera sacramentale la nostra Costituzione.

La storia non si riscrive in senso contrario.

E quanto più ampia è la partecipazione alla Comunità che si  associa nel progettare e nell’eseguire, tanto più il suo  destino può essere affrontato con l’orgoglio del costruire e  nella gioia del condividere.

Mettere l’uomo nuovamente al centro di tutto è l’unico  modo per lasciare in eredità ai nostri figli un futuro gestibile  e non i cumuli delle macerie fisiche, che ancora osserviamo  stupefatti sui media in questi ultimi tempi.


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