L’impatto del Covid sull’economia fiorentina:

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ANSA/MAURIZIO DEGL INNOCENTI

Fino a pochi mesi fa era difficile per un fiorentino immaginarsi il centro della sua città senza turisti. Piazza Duomo, Piazza della Signoria, Piazzale Michelangelo, erano luoghi nei quali era quasi impossibile muoversi tanta era la moltitudine di turisti presenti.

Il turismo è sempre stata una costante della città toscana; ogni periodo storico ha visto nascere ed alimentare flussi di turisti, pellegrini o artisti che si spostavano verso la città. In epoca medievale si passava da “Fiorenza” come deviazione dalla famosa Via Francigena, nel periodo tardo-rinascimentale, poi, Firenze divenne tappa obbligatoria nei Grand Tour dei nobili europei. Con il passare del tempo, però, i flussi di turismo crebbero e iniziarono addirittura a mettere in difficoltà i cittadini. Non a caso Ezra Pound, a metà del Novecento, scriverà della città fiorentina in questi termini: “Firenze la più dannata città italiana dove non c’è posto per sedersi, stare in piedi o camminare”.

Ancora oggi, prima della pandemia, il trend era quello di una costante ascesa dei numeri del turismo fiorentino. Nel 2019 Firenze ha avuto a che fare con 398mila arrivi e 1,2 milioni di presenze (dati del Comune di Firenze); il 2020, poi, doveva essere l’apice del percorso finora compiuto, con una tassa di soggiorno che avrebbe dovuto portare introiti al Comune per 48,8 milioni di euro e un piano di investimenti complessivo portato così a 707 milioni di euro. Numeri impressionanti per una città piccola come il capoluogo toscano.

Ma il Coronavirus ha modificato i piani di Nardella e della città. Dal 10 Marzo i fiorentini hanno iniziato a vedere la propria città come mai prima; piazze deserte, musei vuoti, ristoranti al collasso. Questi sono stati i primi sintomi di difficoltà. Inizialmente, i danni sono stati ridotti; la mancanza di turisti cinesi, fin da Gennaio, ha portato a una flessione dell’indotto. In seguito, quando il lockdown ha bloccato gli arrivi da tutto il mondo, il colpo è stato duro.

I più colpiti:

La mancanza di turisti d’Oltreoceano, che  alimentano circa l’80% del turismo fiorentino, ha obbligato tanti hotel e ristoranti a non riaprire. Le proteste dei ristoratori ha portato il Comune a concessioni verso il settore, che tuttavia non sono bastate ad evitare il peggio. È del 24 agosto, infatti, la notizia del ristoratore che si è suicidato a causa dei problemi economici del suo locale. Secondo Nardella ci saranno 2300 locali in difficoltà nei prossimi mesi.

Vi è poi da considerare tutto l’indotto che si genera attorno al mondo turistico. Ataf, servizi, B&B, autonomi, vi sono centinaia di soggetti che godevano indirettamente dei grandi numeri del turismo e che da un giorno all’altro si sono ritrovati senza possibilità di guadagno e di pagare i propri dipendenti.

Un altro ramo molto colpito è il mercato degli affitti per studenti. Solo l’ateneo fiorentino porta in città decine di migliaia di fuorisede, che questo anno preferiranno seguire le lezioni da remoto. I primi a farne le spese saranno i fiorentini, che vivono anche grazie a queste entrate.

Rivedere i bilanci:

Firenze sarà una delle città italiane più colpite da questa crisi; si parla di addirittura di un calo del 67% sul turismo. Oltre alla tassa di soggiorno (quasi 50 milioni di euro), anche la mancanza di sanzioni (multe e ztl) durante il lockdown si fa sentire sulle casse del Comune. Era di quasi 70 milioni la previsione di incassi da infrazioni stradali.

Con tale trend negativo, l’intera previsione d’ nvestimento andrà rivista. I 548 milioni previsti sul trasporto pubblico locale (10 volte maggiori di quelli sui beni monumentali e quasi 30 volte maggiori di quelli su scuola e asili nido) andranno rivalutati alla luce della crisi. Inoltre, il blocco delle tasse (Imu, Cosap, Irpef addizionale) che va avanti dal 2012, non sarà più applicabile.

Nonostante il “Decreto Agosto” abbia regalato una boccata di ossigeno al Comune, con i 19 milioni messi a disposizione dal Governo per colmare una parte del mancante ricavo dall’imposta di soggiorno, la situazione resta drammatica.

Presumibilmente, si dovrà rivalutare la realizzazione della nuova linea della tramvia. Proseguire su tale progetto adesso significa rinunciare ad ogni altro investimento, a danno di tutti i cittadini.

Un grande errore:

Firenze ed i suoi sindaci hanno compiuto un grande errore in questi anni (ma come biasimarli). Gli ingenti numeri del turismo fiorentino hanno portato a costruire il centro città a dimensione di turista, senza porre troppa attenzione su altri settori.

Firenze è rimasta uguale per troppo tempo, senza investimenti importanti che potessero alimentare altri settori oltre a quello turistico. La stessa linea 2 della tramvia, l’unica grande opera realizzata recentemente, è stata pensata per unire il centro e l’aeroporto, in vista di un futuro ampliamento di quest’ultimo. La realizzazione ed espansione del progetto tramvia necessiterà di 557 milioni degli 857 previsti per gli investimenti 2020-2022.

Il centro, fulcro storico della città, con il passare del tempo si è visto svuotato di tutto quel piccolo artigianato che ha fondato l’identità fiorentina. L’industria del cuoio, della carta, dell’oro, non è stata tutelata a sufficienza e, spesso, al posto di queste realtà sono subentrati ristoranti e locali per turisti. L’artigianato, che potenzialmente potrebbe essere (e lo è ancora in alcuni casi) il fiore all’occhiello della città è stata messa in secondo piano di fronte al più semplice e sicuro guadagno sull’industria turistica.

Gli operai fiorentini si sono dovuti spostare verso la Piana, verso Prato, verso il settore tessile. A Firenze la scelta di privilegiare il turismo ha portato alla chiusura di aziende e industrie che alimentavano migliaia di famiglie. Fra gli altri, lo stabilimento Fiat, il Pignone, la Superpila, la Fama Pezzagli, tutte realtà di un tempo passato che hanno dovuto lasciare il passo ad un presente senza investimenti in questi settori strategici.

Ripartire:

Sarà inevitabile ridimensionare la portata ed i numeri del turismo. Se fino a pochi mesi fa le città d’arte cercavano dei modi per controllare (e talvolta limitare) le grandi masse di turisti (emblematico il caso di Venezia, che pose un limite agli accessi giornalieri), ora il percorso da compiere sarà opposto. Promuovere Firenze su più fronti dovrà essere l’obiettivo dei prossimi mesi.

Gli esperti ci dicono che serviranno anni prima di tornare agli stessi numeri di visitatori a cui eravamo abituati. In tal periodo, se vogliamo sopravvivere, il turismo dovrà necessariamente lasciare spazio a qualcosa di nuovo.

Firenze si trova adesso di fronte ad un bivio, scegliere se continuare con ottusità a incrementare i servizi per turisti, con locali e proposte che alimentino il cosiddetto turismo del “mordi e fuggi”, o riscoprire sé stessa e le sue radici, proporre una città diversa fatta di storia e piccole realtà.

Si possono valorizzare aree nuove e diverse dal classico tour che porta i turisti nei soliti luoghi, a farsi le stesse identiche foto. San Frediano, Santo Spirito, San Niccolò, Firenze è piena di zone meravigliose e di luoghi da scoprire, usciti dai riflettori del turismo di massa. Quartieri di una Firenze umile che hanno dovuto cedere il passo ai grandi imprenditori turistici.

Mentre spuntano Kebab, gelaterie e catene di ristoranti franchising, le realtà storiche chiudono. Ultimamente anche la “Norcineria” in via San Antonino, dietro la Stazione Centrale, ha dovuto chiudere i battenti.

La tendenza a svendere la nostra città, a far chiudere i locali storici, segnala un problema fra turismo e piccoli esercenti. Serve conciliare le due realtà, sostenendo chi è maggiormente in crisi.

Permettiamo il turismo, permettiamo al turista di scoprire la vera storia fiorentina, quella descritta da Pratolini ne “Le ragazze di San Frediano” e ne “Il Quartiere”. Un turismo compatibile con Firenze e con le sue piccole realtà. Ripartiamo da questo.

 

 

Il rione di Sanfrediano è “di là d’Arno”, è quel grosso mucchio di case tra la riva sinistra del fiume, la Chiesa del Carmine e le pendici di Bellosguardo; dall’alto, simili a contrafforti, lo circondano Palazzo Pitti e i bastioni medicei; l’Arno vi scorre nel suo letto più disteso, vi trova la cura dolce, ampia e meravigliosa che lambisce le Cascine.” (Vasco Pratolini, “Le Ragazze di San Frediano”, 1949).


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