La sera del 14 Aprile, al Cinema Detour di Via Urbana a Roma, si è svolta una proiezione speciale per il documentario BASILEUS – La scuola dei re, diretto dal montatore e docente di digital video e video editing alla RUFA, Alessandro Marinelli, che ha già vinto il premio Ilaria Alpi Doc Rai 2014 per il documentario PINO MASCIARI – Storia di un imprenditore calabrese.
Oltre a curarne la regia e il montaggio di questo nuovo lavoro, Marinelli si è cimentato anche nella direzione della fotografia (come unico operatore di macchina) e nella scrittura del soggetto, insieme alla sua co – autrice e consorte Simona Messina.
Il titolo del film non solo ripropone l’omonimo termine greco che indica un sovrano di rango reale o imperiale, ma si riferisce anche al quartiere romano di San Basilio, dove è ambientata la storia.
Durante il dibattito sul film, che si è svolto sempre al Detour, gli autori hanno rivelato di aver già avuto in mente l’idea di voler girare un documentario di ambientazione scolastica, senza sapere quale sarebbe stato l’istituto da rappresentare. Per questo motivo poi, i due autori hanno avuto modo di incrociare un centro per la prevenzione della dispersione scolastica, nota come Frequenza 200; e grazie a quel centro Marinelli e Messina hanno avuto modo di conoscere alcuni alunni dell’istituto comprensivo Federico Fellini, che a loro volta hanno partecipato insieme ai due cineasti ad un laboratorio multimediale, con lo scopo di farli abituare alla presenza della macchina da presa. Marco Lanci, uno dei co – protagonisti che era presente alla proiezione al Detour, in effetti, ha rivelato che quell’esperienza si è sviluppata come se fosse una sorta di gioco; come se Marinelli fosse diventato realmente un loro compagno di scuola. Questa fiducia che i ragazzi hanno avuto nei confronti dei loro autori si nota fin da subito, mostrando di avere il coraggio di mostrarsi davanti alla macchina da presa così come sono realmente, senza alcun pudore.
Il regista ha definito questo film una sorta di “work in progress”; e quindi, nonostante ci sia già un concept elaborato, la sua macchina da presa ha seguito un intero anno scolastico senza stoppare la registrazione, e senza aver previsto una trama in particolare; e infatti aveva con sé un totale di riprese che duravano circa trecento ore. Nonostante la varietà del materiale, il montaggio di Marinelli e di Messina è riuscito a stendere chiaramente le storie degli alunni e docenti in una narrazione osservativa, invisibile e apparentemente sospesa; proprio come accade in ELEPHANT di Gus Van Sant, che con i suoi piani sequenza sono stati in grado di rappresentare lo scorrere lento delle giornate scolastiche.
I docenti del film sostituiscono la figura tradizionale del documentarista/intervistatore mentre sostengono, con la dovuta pazienza, le loro lezioni davanti ad una classe indisciplinata, svogliata e scoraggiata dalla vita, a causa delle loro situazioni familiari alquanto scomode.
Le domande che i professori rivolgono a quei ragazzi non riguardano soltanto le materie scolastiche, ma riguardano anche il loro modo di affrontare l’adolescenza. Fra le varie domande che gli adulti rivolgono ai ragazzi sono: “Ti piace andare a scuola?”, “Vorresti andare al liceo o interrompere gli studi?”, “Perché non pali mai? Che gusto c’è nel picchiare o prendere in giro un tuo compagno senza dire neanche una parola?”, oppure: “Chi di voi pensa che lo spaccio di droga sia un’attività innocua?”. Per tutto il film, i professori dimostrano fin da subito di essere interessati alla sorte dei loro studenti, cercando di far capire che i loro sogni possono essere irrealizzabili se manca la giusta volontà nel proseguire con gli studi.
Un professore in particolare ha deciso di illustrare alla lavagna il logo della Nike, che di per sé richiama l’ala di Nike, la dea della Vittoria. Questa spiegazione, secondo il professore, è servita per dimostrare ad un’alunna in particolare, che ha deciso di non voler proseguire gli studi dopo la terza media, che anche un inventore di una marca di scarpe si è dovuto affidare alla propria esperienza formativa per ottenere un giusto riconoscimento.
Degna di nota anche la scena del vero significato delle due maschere teatrali, che illustrano ciascuna un volto triste e un volto sorridente; tale lezione è servita per dimostrare ai ragazzi che l’intera umanità indossa una maschera per nascondere la propria debolezza. Grazie a quell’insegnamento, lo spettatore può cominciare a scorgere alcune verità nascoste sui protagonisti.
Oltre a varie situazioni drammatiche non mancano di certo alcuni momenti ironici che fanno scattare le risate in platea; e persino le scene delle prove per il saggio musicale sono servite per smorzare la tensione.
La maggior parte dei documentari, secondo diversi studi legati alla teoria cinematografica, cominciano sempre con una domanda legata al tema principale che il documentarista si pone a sé stesso davanti agli spettatori per poi ottenere delle risposte nel proseguire della visione.
Il lavoro di Marinelli, invece, com’è capitato anche con il documentario A SCUOLA di Leonardo Di Costanzo, ha continuato a porre delle domande senza risposta, senza far conoscere pienamente il destino dei suoi protagonisti; ma questo particolare ha contribuito a mantenere intatta l’attenzione degli spettatori presenti in sala, che oltre a ridere e a riflettere in determinate scene, hanno dedicato al film un fragoroso applauso.
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