LATINA-

Piazza Martiri 7 luglio, Reggio Emilia

A Reggio Emilia nacque  il Tricolore, la nostra bandiera. Merito del
Presidente Carlo Azeglio Ciampi se essa divenne, nei suoi sette anni
al Colle, patrimonio di tutta la Nazione e non soltanto di una parte
politica.
Fu il Congresso Cispadano delle città di Bologna, Ferrara, Modena e
Reggio Emilia a scegliere lo stendardo verde bianco e rosso che
divenne, poi, la bandiera italiana.
Mi trovo qui per incontrare Mons. Massimo Camisasca, Vescovo della
Diocesi di Reggio Emilia- Guastalla. Sono arrivato da Roma con l’alta
velocità. Il Freccia Rossa con destinazione Milano, fa scalo nella
stazione progettata da Calatrava, la Mediopadana di Reggio Emilia. Dal
centro storico siamo distanti una manciata di minuti d’auto. Domando
al tassista che mi accompagnerà in hotel, proprio accanto al
Vescovado, come andranno a finire le elezioni regionali del 26 gennaio
prossimo, quelle che vedono sfidarsi Lucia Borgonzoni e Stefano
Bonaccini.
“Io sono della Lega, sono leghista. Voglio che vinca Salvini”. Al che
io gli rispondo che non è l’ex titolare del Viminale ad essere
candidato, ma la Borgonzoni.
Non mi fa neanche finire la frase :”Io voto Salvini, i rossi hanno stufato”.
Già, i rossi governano l’Emilia Romagna da settanta anni. Una vita
piuttosto lunga dove, a dire il vero, il welfare ha sempre funzionato
bene.
La periferia che incontro non appena usciti dalla stazione è un
proliferare di centri commerciali, palazzi di nuovissima costruzione
e, mediamente, guardabili dal punto di vista architettonico. Ci sono
cinema, supermercati, scuole. Tutto ciò che occorre per lo scorrere
del tempo.
Arrivo in hotel, poso le valigie. Mi accoglie una signora anziana, la
proprietaria di gran parte del palazzo sito in Strada del Vescovado,
pieno centro. Anche a lei pongo la stessa domanda, sulle elezioni.
Non ha molti dubbi, vincerà la sinistra. Le ribatto che tanta gente
avverte la stanchezza di un sistema di potere che negli anni
si è fatto opprimente ed accentratore. Lei non batte ciglio e mi dice
che non annovera fra i suoi amici o conoscenti nemmeno un leghista. Di
un eretico , insomma, che possa farle il controcanto, nemmeno l’ombra.
Incontro Sua Eccellenza il Vescovo. Una persona straordinaria,
spiritualmente cresciuta accanto a Don Luigi Giussani. Don Gius, come
lo chiamano i ciellini, fu il suo docente di religione al Liceo
Classico Berchet di Milano. Mons. Camisasca ne è così rapito che vuole
seguirlo. Entra in seminario, diventa prete (persino cappellano del
Milan ai tempi di Arrigo Sacchi) e, nei primi anni ’80, dà seguito
alle parole che Giovanni Paolo II pronunziò rivolgendosi agli aderenti
di Comunione e Liberazione, il movimento nato dall’insegnamento e dal
carisma di Giussani :”Andate in tutto il mondo a portare la verità, la
bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore”. Fu così
che Mons. Camisasca fondò la Fraternità di S.Carlo Borromeo. Una
realtà che oggi conta centinaia di sacerdoti e religiose in ogni
angolo del mondo.
Esco dall’incontro con le braccia colme dei libri che il Vescovo ha
scritto su Giussani, Cl e la Fraternità S. Carlo.
Ho fame, devo cercare un posto dove mangiare. Una trattoria in cui sia
possibile ancora assaporare la cucina emiliana. Mi dicono che in Via
Roma c’è il ristorante Canossa, dal 1968 punto di riferimento della
gastronomia reggiana. Arrivo, son da solo. Silvio, il titolare, mi
affianca a Cesare. E’ un piccolo imprenditore reggiano. Mangiamo le
stesse cose: parmiggiano reggiano 40 mesi, mortadella, cappelletti in
brodo, carrello di bollito con le sue salse e la mitica zuppa inglese.
Il tutto, ovviamente, sorseggiando una bottiglia di buon lambrusco
fresco, naturalmente reggiano.
Cesare è indeciso su che fare, alle regionali. In che senso, gli chiedo.
“Sono indeciso se votare Salvini o la Meloni. Certo è che voterò per
il cambiamento”.
Ma come, e la tradizione politica del Pci che fine ha fatto? Risponde
Cesare :” Pensano agli immigrati, ad accogliere tutti. Noi qui stiamo
male, la crisi ha suonato il campanello anche qui”. Sei arrabbiato,
Cesare?
“Vacca boia! Noi a Reggio diciamo così”. Silvio, l’anima del locale,
mi fa capire che anche lui voterà Borgonzoni. Mi dice che sopra il
ristorante c’è un albergo a due stelle che ospita solo migranti. Via
Roma, che un tempo era una delle vie “bene” di Reggio , adesso è in
pieno degrado. In effetti esco dal ristorante, percorro via Roma per
tornare in hotel, ed in giro non c’è anima viva. Soltanto stranieri,
per lo più di colore. Poco più avanti uno sparuto gruppo di ragazzi , in un
locale deserto, intona canzoni di tempi andati. I tempi in cui la città
era quella descritta da Camilla Cederna, la grande giornalista che
scrisse di Reggio Emilia che era la città delle tre esse :” Salumi,
sesso e siampagne”. I reggiani, infatti, sostituiscono il ch con una
esse.
In effetti anche al mattino Reggio Emilia è vuota. Ci sono
saracinesche abbassate con cartelli vendesi o affittasi. “La gente è
fuggita dal centro. Preferisce la periferia, i centri commerciali, i
fast food. Al centro sono rimasti solo gli immigrati”.
Gli immigrati. E’ la parola d’ordine di tanta tantissima gente.
L’argomento politico della campagna elettorale. Accusano la sinistra,
i reggiani, di avere pensato soltanto agli stranieri dimenticando
loro.
Alle 10.15 prenoto un taxi che dall’hotel mi riporterà in stazione. La
macchina arriva in anticipo. A guidare è una donna. Che bello, non mi
è mai capitato di viaggiare con una tassista!
L’essenza femminile si nota. La macchina è pulitissima e c’è un buon profumo.
Anche a lei, che ha preso il posto del marito andato in pensione,
rivolgo la stessa domanda :”Allora, mi dica, che succederà il 26
gennaio?”.
La signora è un fiume in piena :”Spero che perdano i rossi. Ha visto
quanti immigrati? Questa estate con mio marito passeggiavamo in
centro. Uno di colore gli  ha strappato la catenina d’oro. Era
un crocifisso d’oro! Abbiamo chiamato i carabinieri ed alla fine
l’hanno preso. La catenina c’era, peccato avesse staccato il
crocifisso! Sarà stato certamente mussulmano”.
C’è malessere, l’esito non è scontato. L’Emilia rossa potrebbe
svegliarsi leghista.
Continua la tassista :”Io e mio marito stiamo pensando di andare a
Lisbona o a Tenerife. Lì non ti tassano mica la pensione, e la vita
costa meno. Vediamo, ma ci stiamo informando”.
Se ne vogliono andare, gli italiani. La verità è che non si sentono
più a casa. Hanno paura, sono insicuri. Questa è, mi pare, la
principale responsabilità della sinistra. Se provassero ad entrare in
una fabbrica, oggi, probabilmente verrebbero invitati ad andarsene
via. Viceversa, un leghista verrebbe accolto con la stessa fraternità
con cui i comunisti varcavano i cancelli operai.
Sono orfani, gli emiliano-romagnoli. Orfani di una politica che si é mostrata incapace
di stargli accanto, nelle strade.
Lì dove nacque il tricolore potrebbe vincere il partito che fu di
Bossi, il Senatùr che con il tricolore ci si puliva il c…
E’ possibile che finisca così, il 26 gennaio. Non perché la Bergonzoni
abbia dimostrato particolari capacità amministrative. La gente non sa
neanche chi sia. Votano Salvini. Vogliono Salvini.
In Emilia Romagna come in Italia, del resto.


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