Le Opposizioni : Elkann spieghi in Parlamento su Stellantis

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“Le risposte del Ceo di Stellantis Tavares nel corso della recente audizione di fronte al Parlamento sono state insoddisfacenti rispetto alle preoccupazioni esistenti sul futuro dell’attività di questo gruppo industriale nel nostro Paese. È per questo che oggi i nostri gruppi parlamentari hanno avanzato ai presidenti di Senato e Camera dei Deputati la richiesta che venga al più presto ascoltato il Presidente della società, John Elkann”. Lo riferiscono, in una nota congiunta, i leader dei partiti di centrosinistra: Elly Schlein (Pd), Giuseppe Conte (M5s), Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli (Avs), Carlo Calenda (Azione).

Proseguono i rappresentanti delle opposizioni: “E’ urgente sapere da Elkann, in qualità di azionista del gruppo Stellantis, quali garanzie sul piano dell’occupazione e su quello della produzione ci si possa attendere. Assicurazioni, purtroppo al momento disattese. Anche a fronte del sostegno pubblico di cui la società ha goduto a lungo, ci aspettiamo un impegno su nuovi modelli e chiarezza sul piano industriale. Crediamo che ogni futuro incentivo debba essere vincolato a un serio e credibile investimento della società sull’occupazione, sulla produzione italiana, e nella componentistica”.

“Riteniamo a questo punto doveroso che il presidente di Stellantis aggiorni il Parlamento sui motivi dei ritardi e delle scelte compiute in questi anni e che hanno portato all’attuale situazione del gruppo”, concludono.

«La manifestazione di oggi rappresenta la legittima preoccupazione di lavoratori e comunità locali. La Regione Lazio è al fianco dei lavoratori di Stellantis e alle imprese e ai lavoratori dell’indotto. Stiamo seguendo la situazione in stretto collegamento con il Ministero. Abbiamo attivato in Regione un tavolo tecnico permanente e attendiamo di conoscere i dettagli del piano industriale. Un passaggio, questo, fondamentale per comprendere realmente qual sia il futuro dello stabilimento di Cassino, anche perché, nonostante le reiterate rassicurazioni espresse da Stellantis sull’aumento della produzione e la conseguente implementazione dei livelli occupazionali, al momento i segnali arrivati sono di senso diametralmente opposto».
Lo ha dichiarato la vicepresidente e assessore allo Sviluppo economico, al Commercio, all’Artigianato all’Industria e all’Internazionalizzazione della Regione Lazio, Roberta Angelilli.

Il prezzo di tutto questo per i lavoratori fu un sistema aziendale oppressivo e discriminatorio, che imponeva un generale peggioramento delle condizioni di lavoro e dei salari. Un sistema nel quale avevano qualche spazietto subalterno solo i sindacati complici, cioè tutti quelli che avevano firmato gli accordi.

È importante ripartire da tutto questo, perché ancora oggi si vuole far credere che Marchionne abbia fatto un gran bene e che Tavares invece voglia mettere in discussione il bene fatto. No, Tavares è il puro continuatore di Marchionne e chi lo nega si prepara a ripetere il 2010. Perché questo non accada occorre un cambiamento radicale dell’approccio alla crisi dell’auto e ai problemi dei lavoratori. Le forze politiche e i sindacati oggi fieramente avversi alle minacce e ai ricatti di Tavares in Stellantis, sono in gran parte gli stessi che, nel 2010, accettarono e addirittura esaltarono le stesse minacce e gli stessi ricatti da parte di Sergio Marchionne, in quella che allora era ancora la Fiat. L’allora amministratore delegato del gruppo pose ai lavoratori di Pomigliano e poi a tutti gli altri il ricatto: o rinunciate al contratto nazionale o perdete le fabbriche. Politica e gran parte dei sindacati, esclusa la Fiom e i sindacati di base, accettarono di rinunciare al contratto e così si sono perse anche le fabbriche. Questo ricordo è importante non solo per la credibilità di chi chiama i lavoratori finalmente allo sciopero, ma per le prospettive stesse della lotta per difendere in Italia il settore auto e soprattutto chi ci lavora.

A loro volta le richieste al governo e alla Ue sono molto generiche e senza impegni stringenti: giusto un piano auto, ma con quali obiettivi, con quali soldi e soprattutto, chi comanda, chi controlla? Purtroppo la debolezza della piattaforma sindacale risente evidentemente delle scelte sbagliate del passato. E ancor più ne sono segnati i tanto stentorei quanto vuoti proclami delle forze politiche.

Nel 2010 Marchionne, per conto della proprietà Agnelli, diede un colpo devastante al settore auto in Italia, mettendo in competizione gli stabilimenti italiani unicamente sul costo del lavoro e non sulla qualità delle produzioni, scelta questa che avrebbe richiesto quegli investimenti che la proprietà Agnelli Elkann non era disposta a fare. Così, tra i plausi del palazzo politico e sindacale, gli stabilimenti Fiat divennero fabbriche cacciavite fungibili e sostituibili a go go, quindi il meglio possibile per una multinazionale che acquisisse il gruppo. Marchionne non rilanciò la Fiat, la rese più assorbibile dal mercato, ad unico vantaggio della proprietà, che voleva realizzare utili senza impegnare un centesimo del patrimonio di famiglia.

Alessandra Trotta

(Giornalista e scrittrice)


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