Giovanni Francesco Barbieri detto “il Guercino” (Cento, Ferrara 1591 – Bologna 1666) fu un pittore italiano.

Di formazione provinciale, seguì dapprima la propria inclinazione verso un naturalismo spontaneo e popolare, evidente sia nei fregi di tema paesaggistico-pastorale affrescati in palazzi privati, sia nei rari paesaggi su tavola e nei primi dipinti di tema sacro (Miracolo di San Carlo, 1613-14).

Attraverso D. Dossi e lo Scarsellino cercò, già da prima di recarsi a Venezia (1616), di assimilare la lezione cromatica di Tiziano, che costituisce la vera promessa della sua pittura di tocco, a grandi macchie liquide e luminose di colore.

L’incontro bolognese con i Carracci, sopratutto con Ludovico, fu l’evento fondamentale che allargò gli orizzonti del Guercino alla più aggiornata cultura pittoresca del tempo, senza peraltro cancellare quel sottratto di verità e naturalezza che resta alla base della sua esperienza più genuina.

Lo stile largo e movimentato che s’afferma a partire dalla Pala di Bruxelles (Madonna e Santi, 1616), dipinta sotto l’ascendente carraccesco, culmina più tardi nella Vestizione di San Guglielmo d’Aquitania (1620, Bologna, Pin. Nazionale), già barocca nella mobilità del gioco atmosferico e nell’ambito sentimentale.

Contemporaneamente, il suo vibrante “macchinato” tocca esiti di particolare lirismo nei numerosi dipinti di formato ridotto e d’ispirazione romantica-elegiaca (Il figliuol prodigo; Erminia e Tancredi).

Chiamato a Roma nel 1621 da Gregorio XV, il Guercino decorò una sala del Casino Ludovisi con L’aurora, proponendo una pittura illusionisticamente narrativa, dove il colore deflagra in felice esaltazione illuministica. Di lì a poco, nel 1622 dipinse il Seppellimento di Santa Petronilla (Roma, Pin. Capitolina), per un altare petriano: opera fondamentale in cui, accanto al naturalismo quasi caravaggesco di alcune figure affiora una nuova tendenza idealizzante.

Al rientro in patria, ripiegò a poco a poco verso un pacato classicismo d’impronta accentuatamente devozionale, scegliendo intonazioni sempre più dolcemente modulate e affinate, certo sotto l’influsso della poetica di Guido Reni, alla morte del quale (1642) ereditò a Bologna un ruolo di caposcuola.

Guglielmo Guidi

Ricercatore e storico dell’arte


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