Latina non è vent’anni di crimine. In difesa della mia città, per Amore e Ragione

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Avverto l’obbligo morale di difendere la mia città perché la amo, pur riconoscendone le miserie ed i vizi.

Premessa: io ho i titoli per poter affrontare un argomento spinoso come quello dei legami fra il clan Di Silvio ed una parte del tessuto sociale della nostra città. Li ho, i titoli, per la semplice ragione che da cittadino ho riferito all’autorità giudiziaria quel che sapevo su alcuni fatti specifici.

Nessuno s’azzardi, quindi, a voler mistificare il mio ragionamento d’intelletto e d’amore che è il seguente: non possiamo liquidare la Storia di Latina degli ultimi vent’anni alla sola presenza di una famiglia criminale!

Se lo facessimo, infatti, dovremmo istituire un processo popolare (buono forse per la Cina di Mao, un po’ meno per un sistema liberale) agli organi dello Stato e del potere giudiziario che, se qualche giudice avesse ragione, avrebbero trascorso un ventennio in stato d’incoscienza.

Assumere questo concetto, infatti, vorrebbe dire operare una pericolosa delegittimazione sui poteri dello Stato a cui un territorio comunale e provinciale è sempre e comunque subordinato.

In questi vent’anni, allora, se fosse vero l’assunto assai simile alla patacca di “Mafia Capitale”, dov’era l’opposizione di sinistra che oggi si sgola con dichiarazioni pubbliche che hanno tutto il sapore dell’ipocrisia? Lorsignori, che si considerano araldi e bardi della legalità (in questo del tutto assimilabili alla insopportabile retorica di Coletta), per quale ragione non hanno denunciato nel corso del “ventennio mafioso” in salsa pontina ciò che era noto a chi non girasse la testa dall’altra parte?

Mi terrorizza la sopraelevazione della Giustizia a divinità etica e morale che s’arroga il diritto di infliggere uno stigma disonorevole alla mia città. Contro questa attitudine io mi batterò con la forza della ragione e con l’impegno intellettuale, unica arma di cui dispongo.

E’ una gigantesca menzogna asserire che si è vissuti, tutti noi, in un ventennio di perdurante criminalità mafiosa. In questi anni c’è stata una stagione di grande progettualità politica amministrativa ed ideale che s’è scelto di interrompere con metodi paramafiosi favorendo, senza alcun dubbio, l’innesto di un bel po’ di marciume nella vita politica . Fino a prova contraria gli arresti, le camionette dei Carabinieri e della Guardia Di Finanza hanno riguardato la gestione Di Giorgi che, ad occhio e croce, non mi pare esser durata un ventennio. Né la presenza, pervasiva e capillare, delle famiglie rom può esser datata ai primi anni duemila. Occorrerebbe risalire assai indietro nel tempo per condurre una operazione verità al netto delle ipocrisie e delle mistificazioni.

Mi hanno insegnato, a scuola e nella Vita, che i pronunciamenti dell’autorità giudiziaria si accolgono con deferenza. Con altrettanta fermezza, però, mi sia consentito di scandire quel che un vecchio Capo dello Stato disse a reti unificate :” A questo gioco al massacro io non ci sto. Io sento il dovere di non starci!”.

Per Amore e Ragione.

Per Latina.


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