L’ARTE DI LIBERARE DEL MAESTRO FABIO GRIECO
Dopo i recenti successi ottenuti nelle esposizioni internazionali: “Maestri a Venezia” e “Michelangelo” a Firenze, il Maestro Grieco è senza dubbio uno dei maggiori scultori emergenti del legno. Figlio di Polla, perla del Cilento, che lo ha insignito del Patrocinio per tutte le sue attività, fin dalla tenera età aveva ampiamente manifestato questo innato talento lasciando sbigottiti quanti lo vedevano all’opera. Ancora minorenne realizza due calici stupendi che dona al suo professore di religione e crea da un tronco di faggio una statua
di San Nicola di Bari, oggi ammirabile nella Parrocchiale di Petina ove è gelosamente custodita. Un giorno, lo manda a chiamare a casa l’illustre Architetto Luigi Stabile che insieme al Marinetti aveva fondato il Movimento Futurista Italiano; il piccolo Fabio vi si reca intimorito con la madre che alzando gli occhi al Cielo pensava chissà quale birbanteria avesse commesso suo figlio. Ma l’Architetto lo accoglie con tutta l’umana affabilità, gli mette a disposizione gli adeguati strumenti che il giovane, pur non avendone mai avuti, inizia
subito ad usare con una eccezionale naturalezza e gli chiede di realizzare una decina di miniature floreali da incastonare in pregiati mobili antichi. Molti Parroci si rivolgono a lui per ricostruire parti mancanti di secolari statue lignee di alto valore. Quello che maggiormente lasciava basite le persone era vedere il giovane Grieco portare a compimento un’opera senza fare disegni, schizzi o altro. Lui sapeva che lì dentro c’era qualcosa da tirare fuori e la liberava; senza eccesso, potremmo dire che ha sempre avuto “l’orecchio
assoluto” per la scultura lignea. Ha detto il Maestro ad un giornalista: “… ogni volta che andavo in chiesa rimanevo affascinato dalle statue e dagli intagli barocchi che vi erano all’interno, dagli stucchi che ornavano tutto; con le mani seguivo le forme, le accarezzavo, guardavo i volti delle statue il movimento dei vestiti; non ne ero incuriosito, per me sembrava tutto così naturale, come se l’avessi saputo fare da sempre e mi saliva forte il desiderio di tornare a casa per dar vita ad un pezzo di legno.” Vi chiederete perchè stiamo
parlando di un artista che non è del territorio; ebbene, in primo luogo per informazione ma anche e soprattutto per un altro motivo che invece lo lega fortemente alla Terra Pontina. Si tratta persino della sua prima opera fanciullesca. Durante una lezione, a scuola gli avevano parlato della bonifica dell’Agro Pontino, della storia dei tanti Pionieri giunti da tutta Italia per liberare la terra dalle malsane acque paludose. Nella sua geniale creatività Fabio fantastica, immagina questi uomini, li vede come tanti eroi pronti ad affrontare mille pericoli per realizzare un’epica impresa. Cerca avidamente ogni immagine disponibile (all’epoca non c’era il web) e va a rovistare nella biblioteca scolastica e dal Parroco in cerca di testi ed illustrazioni. Finiti i compiti, se ne va a caccia di una radice d’ulivo e trovata quella che gli confà, se ne torna a casa dove seduto sullo scalone dell’uscio, con un semplice temperino crea una figura umana che chiamerà: “Il pioniere della bonifica”, lasciando la parte inferiore della radice così com’è a simboleggiare la massa di fango sotto i piedi dell’omino. La sua prima opera gli è stata quindi ispirata dalla nostra terra che, appena patentato, è stata tra le sue prime mete, sempre incuriosito da come fosse stato possibile eliminare così tanta massa d’acqua.
Affascinato, non solo l’ha girata in largo e il lungo ma proprio in questi mesi sta realizzando una lestra, la storica capanna che ha già deciso – anteprima assoluto della notizia – di donare al Museo della Terra Pontina. Tra le tante opere realizzate, per altro tutte in corso di deposito nell’Albo delle Opere Protette del Ministero della Cultura, spiccano notevolmente: “L’ira di Cicerone” e “La dea Atena”. Non potrebbe esserci migliore conclusione delle parole scritte da un collega che ha avuto modo di trascorrere qualche ora con il
Maestro Grieco: “Passeggiando con il Maestro, vedi una radice d’albero in terra; a te non dice nulla, è un semplice pezzo di legno come tanti. Lui invece, come rapito da un omerico richiamo che altri non possono udire, si china a raccoglierla con amore e mentre ti chiedi perchè proprio quella e non altre, la porta in laboratorio e animato da una forza soprannaturale, con rapidi ed ineffabili colpi di gorbie, libera l’essere che vi è prigioniero”.
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