Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio. Celebre sonetto di Dante
Dante è stato condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estorsive, proventi illeciti, pederastia. Inoltre fu condannato a cinquemila fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (e in contumacia) e «se lo si prende al rogo, così che muoia». Questa pesantissima e ingiusta, falsa e infamante sentenza definitiva colpì duramente Dante, quando si trovava a Siena di ritorno da Roma, per una ambasceria presso in pontefice Bonifacio VIII.
Dante Alighieri fu eletto priore di Firenze quindi membro del governo della città. Fu guelfo di parte bianca e perciò sostenitore della libertà e dell’autonomia della Repubblica di Firenze. Fu un esponente politico di primo piano nella sua Firenze e un poeta molto apprezzato nei circoli culturali della città. Dante, da priore sostenne la condanna all’esilio dell’amico poeta fiorentino Guido Cavalcanti.
Dante aderì al movimento poetico italiano del Dolce Stil Nuovo, nato con il poeta bolognese Guido Guinizelli, e sviluppatosi tra il 1280 e il 1310 a Firenze, che aveva come modello la lirica trobadorica provenzale. I poeti più rappresentativi di questo movimento furono Guido Cavalcanti, Dante Alighieri, Lapo Gianni e Dino Frescobaldi. Questi poeti, di spiccata personalità si vollero distaccare dall’impostazione della scuola siciliana e aretina, in particolare polemizzarono con Guittone d’Arezzo
Nella sua visione politico-culturale Dante sognava un’Italia accomunata da una stessa lingua (il volgare illustre) poiché in pochi ormai comprendevano il latino, le lingue municipali che erano così diverse tra loro perché specchio di divisioni e incomprensioni.
Figlio del Medioevo, anticipatore dell’Età moderna Dante Alighieri in gioventù “scoprì” le donne, le valorizzò, le collocò su un piano superiore: donne che si distinsero per i loro ruoli cortesi ed eleganti, per la loro cultura, per i loro sentimenti e concetti aristocratici, non comuni. In una società che aveva della donna una concezione marginale e strumentale, Dante si rivolse a loro con serena e sicura confidenza perché soltanto loro conoscevano l’essenza e la potenza dell’amore.
Nel canto XIX dell’Inferno (vv 115-117) Dante nello scrivere «Ahi ostanti, di quanto mal fu matre,/non la tua conversion, ma quella dote/ che da te prese il primo ricco patre!», allude alla «Donazione di Costantino», un documento prodotto dalla Curia pontificia cinque secoli dopo l’imperatore Costantino, la cui falsità venne dimostrata da Lorenzo Valla nel 1440 in uno scritto intitolato De falso credita et ementita Costantini donatione declamatio (Discorso sulla falsa e menzognera donazione di Costantino).
Dante ha posto in Paradiso molti “giusti” (gli uomini che hanno agito rettamente) dell’antichità greca e romana e parte della filosofia medievale – ha scritto il filologo e critico letterario, Carlo Ossola – perché ha esteso il senso della «buona volontà», dell’eudokia (in greco) e dell’«anima humana naturaliter christiana».
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