La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la mia solitudine, che è la mia debolezza. (Pier Paolo Pasolini)
Una volta il poeta Andrea Zanzotto interpellato su che cosa pensasse di Pier Paolo Pasolini rispose che gli piaceva il Pasolini friulano le cui poesie gli sembravano scritte «con le ali di un angelo bruciato».
Lo scrittore Ernesto Ferrero nel suo libro Album di famiglia ha definito Pier Paolo Pasolini “uno sciamano” perché «aveva, come Elsa Morante, una sorta di intuitività preverbale, da primitivo, che poi veniva tradotta in parole attraverso un armamento letterario che aveva sempre qualcosa di magico. Aveva letto e memorizzato tutto, e questo gli consentiva una lampeggiante varietà di collegamenti. E poi sapeva fiutare, captare tutto quello che ad altri sfuggiva. Restava unico e irraggiungibile»
Nella celebre intervista fatta da Enzo Biagi il poeta, scrittore e cineasta Pier Paolo Pasolini afferma che «che la speranza è completamente cancellata dal mio vocabolario. Continua a lottare per verità parziali ora per ora».
Nella città del Premio Nobel, Stoccolma, il poeta e lo scrittore Pasolini si recò per presentare la traduzione in svedese delle Ceneri di Gramsci. Lui si racconta come un “disallineato” rispetto alla società italiana.
Secondo alcuni fotografi Pasolini è forse stato l’intellettuale più fotografo del Novecento, e non solo in Italia. Ha usato i suoi ritratti fotografici per definire la propria identità e il proprio pensiero al pari della scrittura e del cinema. Era capace di offrirsi e di darsi all’obiettivo. La fotografia serviva a Pier Paolo Pasolini, la usava strategicamente per la comunicazione e l’autopromozione. In una poesia in friulano I mi met in posa scrisse: «Mi metto in posa: Un, due, tre via! Un poeta guarda giovane il mondo dal fondo di una fotografia. E da laggiù parla chiaro e tondo».
Secondo Silvia Martin Gutiérrez, curatrice della mostra fotografica inedita Pier Paolo Pasolini. Sotto gli occhi del mondo, «la fotografia è un mezzo attraverso il quale Pasolini si esprime. Racconta e si racconta. E questo fino ad ora non era stato preso in considerazione. Crea la sua identità, così come crea il resto dell’opera».
Alain Elkan. ha scritto che «La morte di Pasolini fu per Moravia un grande dolore ed è rimasta celebre la sua orazione funebre a Campo dei Fiori, in cui disse che in un secolo nascono pochi poeti e Pasolini era uno dei pochi. Moravia provava per Pasolini un’amicizia e un’ammirazione profonda […] La perdita di Pasolini era una perdita per la poesia, per il cinema, per la letteratura e per Moravia la perdita di un vero amico e di un compagno di viaggi. Moravia era andato in India con Pasolini ed Elsa Morante, aveva viaggiato in Africa con Dacia Maraini, Pasolini e Maria Callas».
Sempre secondo la testimonianza di Elkann «Quando, per la prima volta, Enzo Siciliano andò a conoscere Pasolini nel suo appartamento a Monteverde, probabilmente per timidezza e per darsi un certo tono, gli aveva detto che aveva tradotto dei Cantos e conosciuto Pound. Fu un debutto fallito perché Pasolini si indispettì che Siciliano, che nei primi anni ’50 era ancora iscritto al Partito Comunista, potesse interessarsi a Pound ed essere orgoglioso di averlo conosciuto e tradotto. Questo causò un inizio difficile, per un certo periodo di tempo, nel loro rapporto, ma poi finirono per diventare amici e Pasolini cominciò ad interessarsi a Pound a tal punto che andò ad intervistarlo a Venezia
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