L’angolo delle curiosità: Pier Paolo Pasolini

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Solo l’amare, solo il conoscere conta, non l’aver amato, non l’aver conosciuto.  Dà angoscia il vivere di un consumato amore.  (Pier Paolo Pasolini. Il pianto della scavatrice). 

          Pasolini è stato uno dei protagonisti del nostro tempo; ha scelto dai suoi diversi libri le poesie per cercare un lettore nuovo che è disposto a vedere in lui soltanto un uomo e ad accompagnarlo lungo le tappe della sua vicenda di vita.

           Secondo la scrittrice Dacia Maraini (nata a Firenze il 13 novembre 1936) il poeta e regista friulano Pier Paolo Pasolini nei suoi viaggi in Africa e in Asia era alla ricerca di un mondo pre-industriale, un mondo ideale, anche mitizzando perché vedeva nella industrializzazione e nella globalizzazione del suo Paese l’origine di tutti i mali della volgarità e della violenza. E nella dimensione arcaica e contadina, invece identificava il mondo armonioso. Pasolini ce l’aveva con la borghesia e con l’opinione pubblica e con i giornali, secondo lui si era persa l’innocenza, il legame. con la natura.

          Durante la sua vita, molto avventurosa, che si potrebbe raccontare come un romanzo, Pier Paolo Pasolini è stato bersaglio di intellettuali e giornalisti che lo hanno attaccato ferocemente; ha collezionato ottantadue denunce.

          Vincenzo Cerami, che negli anni Cinquanta fu allievo di Pasolini (che all’epoca guadagnava 27mila lire al mese) nella scuola media di Ciampino, così definì la funzione cruciale e illuminante per il nostro Paese della sconfinata produzione del suo insegnante: «Se noi prendiamo tutta l’opera di Pasolini, dalla prima poesia che scrisse all’età di sette anni fino al film Salò, noi avremo il ritratto della storia italiana dalla fine del fascismo fino alla metà degli anni Settanta».

Vincenzo Cerami, nella prefazione al romanzo Ragazzi di vita, pubblicato la prima volta nel 1955, ha definito Pier Paolo Pasolini «un artista pericoloso, da tenere sotto mira». Nella prefazione della stessa opera, realizzata in occasione del centenario della nascita del poeta friulano, lo scrittore Emanuele Trevi ha scritto che «questo romanzo non è una semplice storia di borgata, di fame e di sesso, ma anche una lezione su come si lavora sulla lingua e sui personaggi». Un invito, ancora valido, a superare ciò che è già stato fatto e detto, a inventare rischiando.

Pier Paolo Pasolini, che diceva: «morirò io, morirà il mio editore… morirà il capitalismo ma la poesia resterà inconsumata», non ha mai smesso di indagare e dialogare con gli ultimi e gli sfruttati, dai lavoratori precari ai disagiati mentali.

Secondo la giornalista Rossana Rossanda, Pier Paolo Pasolini fu in quanto intellettuale di sinistra “outsider e scomodissimo,” perché battagliava contro il ’68, le femministe, l’aborto e la disobbedienza.

Siamo tutti in pericolo». Queste sono state le ultime parole di Pier Paolo Pasolini. Il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini venne ucciso brutalmente all’Idroscalo di Ostia. Una morte violenta come lo era stata tutta la sua vita da intellettuale: una violenza poetica, profetica, quella di Pasolini, la violenza della verità.                       Le ultime parole, le ultime interviste e Salò, quel suo ultimo terribile film, hanno lasciato un testamento intellettuale importantissimo. Di più: a distanza di quarant’anni lasciano ancora aperte tante domande, dubbi certi su quello che Pier Paolo intendesse quando diceva «siamo tutti in pericolo».


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