Un corteo di migliaia di persone arrivate da tutta Italia per la manifestazione della Cgil contro lo sfruttamento del lavoro. Landini segretario nazionale della CGIL :
“Siamo scesi in piazza sabato 22 giugno e abbiamo preso un impegno preciso. Per noi gli impegni e le parole contano più delle cose scritte. L’impegno preso era che quella manifestazione non poteva finire lì, non poteva essere solo protesta e indignazione per l’episodio barbaro che aveva portato alla morte di Satnam. Questa giornata in cui tutta la Cgil nazionale, con tutte le sue categorie, è qui, ha un significato molto preciso: oggi si apre una vera e propria vertenza per sconfiggere il caporalato, il lavoro nero e le morti sul lavoro”. Sono le prime parole pronunciate dal palco allestito in piazza della Libertà dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini, che ha concluso la manifestazione nazionale organizzata dal sindacato contro un sistema di sfruttamento che uccide.
“Una vertenza permanente – aggiunge il segretario – in ogni luogo di lavoro, in ogni territorio, in ogni livello di confronto con il Governo, con le istituzioni, con le controparti. Perché su questi temi vogliamo risposte e vogliamo produrre un cambiamento. Questo ci sembra il modo migliore e più coerente che un sindacato deve portare avanti per ricordare davvero Satnam, per chiedere giustizia e per fare davvero in modo che nessuno mai più debba morire sul lavoro o debba essere costretto a essere sfruttato”.
Sul palco di Latina la Cgil lancia dunque proposte concrete: una vertenza di lavoro e una sanatoria nazionale con permesso di soggiorno per tutti gli stranieri che lavorano nel Paese, “per evitare che ci siano altri Satnam”. Una marea rossa arrivata da ogni parte d’Italia ha invaso la città questa mattina, con bandiere e striscioni, per chiedere giustizia, sicurezza sul lavoro, condizioni dignitose per i lavoratori di ogni settore e ogni territorio.
“Positivo – ha aggiunto Landini – il lavoro della Procura di Latina e l’arresto dell’imprenditore, se così si può definire, per omicidio. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo e il nostro sostegno ai familiari affinché sia fatta giustizia. Ma voglio dirlo con chiarezza rispetto ai discorsi sentiti in questi giorni: questo non è il caso isolato di un cattivo imprenditore. E’ una pura bugia. Siamo di fronte a un sistema che sfrutta e uccide e che non riguarda né solo l’agricoltura né solo Latina ma tutti i settori produttivi del Paese. Dietro ogni numero c’è uomo, una donna, una storia, una vita. Non possiamo non sapere che in Italia esistono 3 milioni di persone costrette a lavorare in nero. Provate a pensare che cosa significherebbe se queste persone venissero contrattualizzate”. Un accenno anche alle ispezioni all’interno delle aziende, che dopo la morte di Satnam Singh sono riprese con più vigore anche sul territorio pontino: “Ogni ispezione – ha puntualizzato Landini – dimostra che due lavoratori su tre sono clandestini e lavorano in nero. E’ singolare che per farle partire c’è ogni volta bisogno di morti. Nel nostro Paese c’è una legge contro il caporalato che non viene applicata e ci sono altre leggi balorde sull’immigrazioni e su appalti e sub appalti che favoriscono il lavoro nero. E’ arrivato il momento di agire, di alzare la testa senza più guardare in faccia nessuno. Da questo dipende la tenuta democratica dell’Italia. Manifestare qui oggi significa che siamo tutti di Latina, siamo tutti clandestini”. Infine un annuncio: “Nei prossimi giorni presenteremo un esposto alla Procura in cui racconteremo tutto quello che conosciamo. Non ci fermeremo finché non avremo ottenuto il risultato”.
Giuseppe Conte alla manifestazione di Latina: “Va introdotto subito il reato di omicidio sul lavoro”
Poco prima sullo stesso palco aveva preso la parola Kumar Ramesli, lavoratore straniero arrivato in Italia nell’ottobre del 2023: “Sono arrivato con il decreto flussi – ha raccontato – e sono rimasto clandestino. Noi veniamo traditi prima dai caporali e poi dalle aziende per le quali lavoriamo. Continuiamo a non essere pagati. Sogniamo un permesso di soggiorno e una vita migliore, ma di noi si approfittano tutti. Abbiamo lavorato in condizioni disumane, senza acqua, senza tutele, mai pagati per il lavoro fatto. Ora abbiamo trovato il coraggio di reagire”.
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