La triade: i tre giganti dell’arte rinascimentale

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I rapporti di Raffaello con Leonardo e Michelangelo    Leonardo ci promette il Paradiso, Raffaello ce lo dà.               Pablo Picasso

Il giovane Raffaello cresciuto in un ambiente colto e stimolante, fin dall’inizio della sua carriera artistica, dimostra un’incredibile capacità di apprendimento che caratterizzerà la sua, purtroppo, breve esistenza, durante la quale ha l’opportunità d’incontrare i massini artisti del suo tempo dal Perugino a Pinturicchio, da Leonardo a Michelangelo, dal Ghirlandaio a Bramante, da Sebastiano del Piombo a Baldassarre Peruzzi.

Grazie a questi contatti e allo studio attento, Raffaello ebbe la possibilità di assimilare e metabolizzare nel tempo i modelli leonardeschi e michelangioleschi e di altri artisti rielaborandoli sempre con piena originalità e con una interpretazione personale mettendo in risalto le spiccate attitudini nell’elaborazione del suo originale linguaggio figurativo di estrema tensione ed energia. Il genio di Urbino con la sua spiccata sensibilità  arriva subito, sostenuto da pochi suggestioni e guidato da intuizioni fulminee all’essenza delle rappresentazioni pittoriche sia di Leonardo che di Michelangelo.

A Firenze Raffaello incontra per la prima volta Leonardo (l’enigmatico) e Michelangelo (il conflittuale) che stanno preparando i cartoni per gli affreschi murali raffiguranti le battaglie di Anghiari e di Cascina a Palazzo Vecchio (quella di Leonardo fu perduta prima di essere condotta a termine e la seconda, quella di Michelangelo,  non fu mai compiuta). Il giovane urbinate, capace di assorbire gli stimoli più diversi, studia quei cartoni, considerati da Benvenuto Cellini «la scuola del mondo», e si confronta con Leonardo e Michelangelo. In quegli anni nel capoluogo toscano e a Roma s’incontrano e dialogano le voci più potenti dell’arte e della cultura universale che oltrepassano i confini del Rinascimento.                                                                                                   Leonardo (1452-1519) ebbe notevole influenza su Raffaello in diversi momenti della sua formazione artistica. Raffaello era attratto dalle opere di Leonardo non solamente per la Madonna col Bambino e Sant’Anna e il cartone e i disegni  per la Battaglia di Anghiari, ma anche per l’Adorazione dei Magi lasciata incompiuta. Alle immagini leonardesche Raffaello guarda cogliendone i principi di strutturazione plastico-spaziale, lasciando però in ombra la complessità delle allusioni e implicazioni simboliche.

L’influsso leonardesco su Raffaello è rintracciabile nel ritratto della Madonna del Cardellino (1506, Galleria degli Uffizi, Firenze) che risale al periodo fiorentino, per la fisionomia dolce e malinconica dei tre personaggi, e per il paesaggio dello sfondo del dipinto con il caratteristico sfumato; inoltre l’influenza di Leonardo è ravvisabile anche nella Sacra Famiglia Canigiani (1507) per la costruzione a piramide nella quale sono inseriti i personaggi e al vertice si trova la figura di san Giuseppe leggermente inclinata.

Un ulteriore confronto tra l’opera leonardesca e quella di Raffaello è possibile attraverso i ritratti e le rappresentazioni paesaggistiche tra la Gioconda (1504) e il Ritratto di Maddalena Doni (1506). Le due donne sono nella stessa posizione, leggermente di scorcio e con  la mano destra sulla sinistra; però il ritratto di Leonardo è tutto uno sfumato avvolgente che unisce la figura in primo piano allo sfondo con il paesaggio, mentre nel ritratto di Raffaello viene rappresentata una concreta nobildonna fiorentina sfarzosamente  rivestita, un po’ altezzosa in volto dai lineamenti morbidi. Anche i colori di Raffaello, nella loro fresca trasparenza, sono diversi da quelli leonardeschi.

Anche nella ritrattistica è possibile rintracciare un’influenza leonardesca. Infatti mentre Leonardo nei suoi ritratti avvolge atmosfericamente i soggetti, conferendo loro naturalezza e coerenza in rapporto agli  ambienti circostanti, Raffaello da una parte si appoggia a Leonardo per la naturalezza della posa e dei gesti, dall’altra rende merito alle ragioni della rappresentanza sociale con lo sfarzo di abiti e di gioielli.

Nella sua immensa voglia di imparare Raffaello nel periodo fiorentino si confrontò anche con Michelangelo (1475-1564). Infatti l’Urbinate studiò a lungo il michelangiolesco Tondo Doni (La Sacra Famiglia Galleria degli Uffizi 1503-04), e l’influenza che subì è ravvisabile nella Madonna Bridgewater (Edimburgo, National Gallery, 1507-08) dolcissima e serena.

Nelle Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, il primo fondamentale testo della storia dell’arte italiana, Giorgio Vasari scrive di Raffaello: «Di costui fece dono al mondo la natura, quando vinta dall’arte per mano di Michelangelo Buonarroti, volle in Raffaello essere vinta dall’arte e dai costumi insieme. Michelangelo nega il naturale nel segno dell’invenzione artistica, mentre secondo Raffaello la natura è punto di partenza dell’arte ma anche dei “costumi”». Michelangelo poco più grande di età di Raffaello fu molto più attivo; l’uno solitario e schivo al potere e restio a tenere allievi con sé, l’altro estroverso e amico dei potenti, amante della compagnia e circondato da allievi.

Nel periodo del soggiorno a Roma Michelangelo, mentre dipinge la Cappella Sistina  diventa per Raffaello, mentre è impegnato negli affreschi delle Stanze, una provocazione. Contatti e confronti tra i sommi due artisti sono infatti evidenti nelle soluzioni formali adottate dall’artista di Urbino nelle pose articolate e nelle torsioni ardite di alcune figure in particolare nella Cacciata di Eliodoro.

 


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