Il volo Alitalia 4128 era un volo di linea tra l’aeroporto Fiumicino e Palermo-Punta Raisi, con 129 tra passeggeri e membri dell’equipaggio a bordo. Il 23 dicembre 1978, alle ore 00:38, il McDonnell Douglas DC-9-32 dell’Alitalia I-DIKQ «Isola di Stromboli» che volava su quella tratta impattò sul Mar Tirreno a circa 3 km a nord dell’aeroporto, mentre era nella fase di avvicinamento finale alla pista di atterraggio. L’incidente fu attribuito a un errore dei piloti nell’eseguire le procedure per un atterraggio notturno. Morirono 108 persone, tra passeggeri e membri dell’equipaggio. I superstiti furono 21. Una delle tragedie che hanno scosso l’Italia, a poche ore dal Natale.
Tra quegli uomini e quelle donne, nei terribili secondi sospesi tra la vita e la morte mentre la carlinga si inabissava nel buio, due pontini giocatori di basket: Gianni Carboni e Patrizio Iannitti. Giocavano nel campionato regionale siciliano di Promozione con la maglia del Cefalù.
Gianni aveva ventidue anni, lavorava alla Sicma Sud, industria metalmeccanica di Latina Scalo, era felice come tutti i ragazzi della sua età. Un tipo taciturno e concreto, di origine marchigiana, arrivato dal quartiere del Gionchetto a giocare a basket all’oratorio salesiano a soli quattordici anni. Giungeva a bordo del suo inseparabile motorino e si metteva a tirare sul campo all’aperto. Fu convinto a praticare dal cugino Secondo, che già da tempo era una delle colonne dell’AB Latina. L’escalation di Gianni Carboni fu rapida: Allievi, Cadetti, Juniores, Serie D e C. Poi decise di lasciare l’AB Latina per la Sicma. Cessato il rapporto cestistico con il club aziendale ricevette, insieme a Iannitti, un’offerta interessante da Cefalù. «Ti allenerai a Latina,» dissero i dirigenti siciliani «da noi verrai solo a giocare la partita di campionato. Semmai, sarà necessario un allenamento prima dei confronti più impegnativi».
Il 23 dicembre 1978 io ero a Caltanissetta, sostituivo in panchina, nel campionato di serie C, sponda Sicma Sud, Angelino Muzio, occupato con la sua profumeria. Angelino – amico di sempre – mi aveva chiesto una cortesia, non potevo rifiutare. Arrivammo in aereo a Catania Fontanarossa, poi raggiungemmo in pullman il capoluogo nisseno. L’accoglienza fu calda, come succede sempre in Sicilia, ma c’era qualcosa di particolare che non riuscivamo a captare nell’atteggiamento premuroso dei dirigenti della Robur.
Pranzammo e ci recammo a riposare in albergo, nelle stanze prenotate da tempo. Avevamo sentito parlare di un disastro aereo a Punta Raisi, ma nessuno pensava alla presenza sull’aereo di Gianni Carboni e Patrizio Iannitti. Italo Carloni -il vice allenatore – aveva comprato una copia de L’Ora di Palermo, un giornale molto diffuso in Sicilia a quei tempi. C’era pubblicato l’elenco provvisorio dei dispersi, lo sguardo finì su un nome: Giovanni Carbone, con la lettera «e» finale.
All’inizio di un pomeriggio sonnolento pensammo a lui, al giocatore di basket di Latina che indossava la maglia del Cefalù. Italo disse: «Paolo, vedrai che non è lui, in Promozione non si gioca durante la settimana». Invece Carboni e Iannitti dovevano disputare un recupero di campionato. La Federbasket aveva deciso in pochi giorni. I due cestisti allora si erano recati a Fiumicino e avevano cercato un posto sul primo volo utile per Palermo. «Non ci sono posti disponibili», dissero alla biglietteria Alitalia. Un’anziana coppia di pensionati capitolini vide Gianni e Patrizio un po’ sconvolti, insistevano per avere due biglietti. Dopo qualche minuto, i coniugi romani dissero: «Noi non abbiamo fretta di raggiungere Palermo, vi lasciamo i nostri posti». Grande soddisfazione per i due perni del Cefalù, che non avrebbero mai pensato di trovare la morte su quel volo maledetto.
Nel pomeriggio, alle 16.00, telefonammo alla Prefettura di Latina che, purtroppo, ci diede la ferale notizia. Solo in quel momento capimmo il perché dell’atteggiamento così cortese dei dirigenti siciliani, che sapevano del disastro ma non avevano il coraggio di farci conoscere la verità. Dopo la partita, ci riunimmo in albergo e, colti da paura, decidemmo di tornare a Latina in pullman. Una giornata tristissima.
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