Scrive il politologo Yascha Mounk nel suo recente saggio Popolo vs Democrzia – Dalla cittadinanza alla dittatura elettorale (Feltrinelli, 2022): “… sebbene sia una politica di governo considerare la politica una responsabilità dei ministri e l’amministrazione una responsabilità dei funzionari, le questioni di politica amministrativa possono creare confusione tra la politica dell’amministrazione e l’amministrazione della politica, specialmente quando la responsabilità dell’amministrazione della politica dell’amministrazione è in contrasto o si sovrappone alla responsabilità della politica dell’amministrazione della politica”.
Ciò che sembra un gioco di parole, in effetti è un “gioco”, molto spesso deleterio o inconcludente nei confronti del popolo, tra la politica dei ministri e la politica dell’amministrazione, un gioco che porta una parte del popolo di non andare a votare. Ci si dovrebbe chiedere, infatti, laddove un ministro non fosse un tecnico e quindi estraneo al logos del ministero da lui diretto, che capacità avrebbe a fare applicare il suo programma se questo entrasse in contrasto, nella migliore delle ipotesi, con “le regole burocratiche”, e, nella peggiore delle ipotesi, con le decisioni già predisposte dall’organismo burocratico per fini di non manifesta natura. Risulterebbe molto difficile per il politico intervenire e controllare l’ente, qualunque esso sia. E ciò lo porterebbe a sentirsi un frustato ed un inetto, a meno che non si lascerebbe trasportare, ad occhi chiusi, dalla competenza dei burocrati, i quali seguono “regole generali” come tenne a precisare il sociologo ed economista tedesco, Max Weber, piuttosto che decretare i casi “con istruzioni impartite caso per caso”. Allora ci si potrebbe chiedere se valga la pena dare il voto a chi non ha esperienza di governo e, quindi, non ha gli occhi per saper guardare e analizzare la situazione in atto, oppure a chi è un perspicace cavallo di battaglia che sa come gestire la propria funzione tenendo conto che i burocrati “non sono mai stati subordinati come i modelli politici più semplici vorrebbero farci credere”. A cui aggiunge, a tal proposito, nel citato saggio, ancora Yascha Mounk, che “…. nei primi anni del Ventunesimo secolo … il numero dei funzionari pubblici è salito alle stelle e la portata della loro influenza ha avuto un enorme espansione. Così la capacità dei rappresentanti del popolo di incidere sulle politiche pubbliche è diminuita in misura significativa”. E allora l’elettore andando a votare non dovrebbe porsi la domanda: Le promesse fatte durante la campagna elettorale dai politici eletti saranno realizzate grazie alla loro presunta competenza oppure grazie all’apporto degli apparati burocratici?
Francesco Giuliano
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