La Corte d’Assise d’Appello ha confermato le condanne ad 1 secolo per i sette indiani accusati di omicidio

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Erano sette gli imputati tutti di origine indiana del brutale omicidio di un bracciante agricolo anche lui indiano. La violenta aggressione era avvenuta alla fine di ottobre del 2021 in un podere a Borgo Montello in via Macchiagrande. «Non poteva reagire, la vittima è stata colpita a terra con ferocia», avevano scritto i giudici della Corte d’Assise di Latina nelle motivazioni della sentenza. Il giovane indiano aveva organizzato una festa per la nascita del figlio quando all’improvviso aveva fatto irruzione un gruppo di connazionali ed era stato l’inferno. Il movente è riconducibile nella scelta della vittima di lasciare la banda e la ritorsione sarebbe stata pianificata per dare una lezione al bracciante che in occasione del banchetto aveva acquistato dei prodotti alimentari in un negozio diverso rispetto a quello di Jwan Singh.

Ieri la Corte d’Assise d’Appello di Roma, presieduta dal giudice Gaetano Capozza si è pronunciata. Gli imputati rispondevano a vario titolo di omicidio volontario, porto illegale di pistola, lesioni personali. Condanna confermata per Jwan Singh, considerato il leader del gruppo. La pena è di 25 anni e sette mesi. Condanna di 25 anni e due mesi per Singh Devender, anche per lui conferma. Pena di 23 anni e 9 mesi per Singh Ranjit. Per Sohal Gurvinder 13 anni e 5 mesi. Per Surjit Singh la pena è di cinque anni: è stato assolto sia dall’omicidio che da tutti gli altri reati consumati sulla scena del crimine, è stato condannato per una rapina commessa qualche mese prima. Per Harinder Singh la pena è di 12 anni e 5 mesi. Nei confronti di Harmandeep Singh la pena è di sei anni per una rapina avvenuta ad Aprilia. «Nel momento in cui si è deciso di partecipare ad una spedizione punitiva recandosi in un luogo ove erano presenti almeno 15 persone e portando bastoni di ferro particolarmente duri ed una pistola, era prevedibile in quanto logico sviluppo di quanto concordato che potesse scapparci il morto», avevano scritto i giudici della Corte d’Assise di Latina.

(Fonte Latina Oggi )


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