Inammissibile. Dopo otto ore di camera di consiglio la Corte costituzionale ha deciso di bocciare il quesito referendario proposto dalla Lega. Ha cioè detto no al referendum sulla legge elettorale – promosso da otto consigli regionali guidati dal centrodestra – per trasformare in un maggioritario puro l’attuale sistema con l’abrogazione delle norme sulla distribuzione proporzionale dei seggi. Preventivamente la corte ha anche bocciato il conflitto di attribuzione che 7 regioni su otto avevano presentato il 7 gennaio.
La ragione della bocciatura sta essenzialmente nel fatto che il quesito leghista avrebbe lasciato sul campo una legge con cui non sarebbe stato possibile votare subito. Cioè una legge elettorale inapplicabile. Ira del leader della Lega Matteo Salvini che dice: “È una vergogna, è il vecchio sistema che si difende: pd e 5stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della peggiore politica italica”. Un referendum, quello sul maggioritario, fortemente voluto dal Carroccio tanto da intervenire in pressing nei consigli regionali su alcuni esponenti forzisti poco inclini al maggioritario puro.
Nel testo della consulta viene infatti definito “eccessivamente manipolativo” il quesito referendario. Ecco il passaggio della Corte: “Per garantire l’autoapplicatività della ‘normativa di risulta’ – richiesta dalla costante giurisprudenza costituzionale come condizione di ammissibilità dei referendum in materia elettorale – il quesito investiva anche la delega conferita al Governo con la legge n. 51/2019 per la ridefinizione dei collegi in attuazione della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. In attesa del deposito della sentenza entro il 10 febbraio, l’Ufficio stampa della Corte costituzionale fa sapere che a conclusione della discussione la richiesta è stata dichiarata inammissibile per l’assorbente ragione dell’eccessiva manipolatività del quesito referendario nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l’autoapplicatività della normativa di risulta”.
Per la stessa ragione la Corte aveva precedentemente bocciato il confllitto di attribuzione che, nel tentativo dei referendari, doveva evitare proprio l’inammissibilità decisa dalla corte allungando i tempi a disposizione del governo per ridisegnare i collegi.
“Dopo il pronunciamento della corte – ha detto il ministro delle riforma Federico D’Incà – noi continuiamo ad andare avanti per superare il Rosatellum e dare al paese una legge elettorale proporzionale con soglia alta che garantisca un sistema politico più coeso, camere più rappresentative e governi più stabili”. Stessa posizione dal leader M5S, Luigi Di Maio: “Seguiamo la strada del proporzionale affinché tutti i cittadini italiani siano effettivamente rappresentati in Parlamento”.
In effetti la maggioranza sta lavorando – in commissione affari costituzionali alla Camera – a una proposta di tipo proporzionale, il Germanicum (con sbarramento al 5 per cento). Ma la Lega stessa negli ultimi giorni ha avanzato l’ipotesi di un ritorno al Mattarellum.
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