Kou Gallery: nelle opere di Benneth Blom aleggia il mistero
di una nuova grammatica della visione
di Sergio Salvatori
E’ in corso a Roma alla Kou Gallery, in via della Barchetta 13, la prima mostra personale italiana dell’artista norvegese Kennneth Blom che con il titolo “Fuga” presenta una serie di opere eseguite per questa occasione. L’esposizione è curata da Luisa Catucci Gallery di Berlino e dal critico d’arte, Massimo Scaringella, che unitamente a Massimiliano Padovan Di Benedetto hanno reso l’evento possibile.
Le sue opere pittoriche emanano una sottile tensione psicologica ed evocano una latente atmosfera da film noir. Nel suo approccio compositivo, Blom adotta abilmente il ruolo di regista utilizzando scenografie di sfondo come palcoscenico espressivo, per svelare il dramma umano insito nei suoi racconti visivi. Nelle sue tele, una sapiente fusione di elementi geometrici, unita all’uso magistrale di linee diagonali e punti di fuga evoca una forte atmosfera architettonica che ricorda le opere pionieristiche di Mies Van Der Rohe, Alvar Aalto, Le Corbusier e Walter Gropius, agli albori dell’architettura moderna. Allo stesso tempo, l’intento artistico dell’artista va oltre la mera rappresentazione di ambienti specifici; invece mira a suscitare profonde sensazioni ed emozioni nello spettatore stabilendo cosi, il perfetto sfondo per le messe in scena dei suoi soggetti/attori.
Le enigmatiche figure che popolano i suoi quadri sembrano guidati da una profonda sensibilità, anche nei momenti di staticità. La giustapposizione di pittura astratta e figurativa, in cui pennellate selvagge e indomite si armonizzano con sfondi controllati, conferisce ad ogni opera un’aria di mistero, inquietudine e profondità narrativa, dove i personaggi rappresentati, acquisiscono uno status di archetipo personificando la concezione psicologica umana e le ossessioni esistenziali. Attingendo alle intuizioni di C. G. Jung, il carattere collettivo degli archetipi si manifesta attraverso coincidenze fortuite che si amalgamano a significati profondi suggerendo che l’archetipo – o l’inconscio collettivo – permei non solo la psiche dell’individuo, ma anche l’ambiente esterno. E’ questo modo archetipico che pervade il reame psichico e che è considerato “eterno” e al di là dei vincoli del tempo, a catturare l’osservatore messo a confronto con le opere di Kenneth Blom.
Le sue narrazioni pittoriche riflettono un’atmosfera di predominante di malinconia e solitudine, enfatizzata dalla scelta cromatica e dai soggetti/attori, che compaiono di norma soli o in coppia, in paesaggi geografici indefiniti e architetture regionali non riconoscibili, e dei quali sfuggono ad una definizione precisa sia di origini etniche sia sociali o culturali. Questa rappresentazione serve ad accentuare lo stato mentale e l’intrinseco senso di solitudine derivanti da una percezione distopica della società contemporanea, che altresì suscita nello spettatore una variazioni di emozioni universalmente riconoscibili. Le qualità trascendenti della sua arte esclude le trasmissioni di messaggi specifici, rivolgendosi invece direttamente all’essenza della natura umana. Il linguaggio visivo di Blom, distinto per la sua radicalità, si sviluppa attraverso un melange di forme piatte e sinuose con deformazioni espressive del corpo umano, accurati schemi cromatici e un giudizioso uso di simbolismo architettonico, che propone però una certa temporalità, più ciclica che cronologica, per la nostra esistenza. Così il suo modo e l’universo si confondono, in questa maniera, si stabilisce una specie di comunione tra l’uomo e il cosmo.
Info: Kou Gallery, 13 – Roma. Mostra in corso dal 14/9 al 13/10
Orari: lunedì – venerdì 10 – 19
Tel. 06.21128870
e-mail: info@kou.gallery
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