Intervista al Sociologo Prof. Vittorio Cotesta
Vittorio Cotesta, nato il 1/8/1944 a Roccagorga in provincia di Latina, vive attualmente nel capoluogo pontino. Ha studiato a Latina e si è laureato nel 1969 presso l’Università di Roma La Sapienza. Appena laureato è stato borsista presso l’Istituto di Filosofia della Facoltà di Magistero di Roma per una ricerca sulla metodologia delle scienze umane. In seguito si è dedicato allo studio della filosofia contemporanea, con particolare attenzione al rapporto tra sapere e organizzazione del sapere.
Dal 1981 al 1992 è stato ricercatore presso il Dipartimento di Sociologia della Università di Roma La Sapienza dove ha insegnato “Sociologia della conoscenza” presso la facoltà di Sociologia. All’inizio della sua carriera professionale ha svolto indagini sociologiche su realtà del nostro territorio: ricerche originali che hanno unito passione civile e rigore analitico. È stato professore associato e professore ordinario di Sociologia presso l’Università degli studi di Salerno, Facoltà di Lettere e Filosofia. È stato direttore del Dipartimento di Sociologia e Scienza della Politica dal 2001 al 2004. Ha insegnato Sociologia presso l’Istituto universitario Orientale di Napoli.
Dal settembre 2002 al marzo 2003 è stato Fellow presso la Columbia University New York, Reid Hall (Paris) per una ricerca su “Transformation du vocabulaire sociologique européen”.
Per gli studi e l’esperienza acquisita nel campo dei fenomeni migratori è stato chiamato a collaborare con la Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati presso il Dipartimento degli Affari Sociali – Presidenza del Consiglio – per la quale ha svolto la ricerca Con occhi stranieri. Come gli immigrati vedono gli italiani.
Nel suo lungo percorso scientifico ha partecipato a molti seminari e convegni sia a livello nazionale che internazionale. Va segnalata la partecipazione ai convegni più recenti: Parigi, Atene, Salerno (Convegno internazionale: Le identità mediterranee e la costituzione europea) Pechino, Istanbul. È stato dal 2004 coordinatore nazionale del progetto Divenire europei. Attori, reti e processi nella costruzione dell’identità europea.
Tra i suoi numerosi lavori segnaliamo: Sociologia del mondo globale (2004), Sociologia globale e diritti umani (2008), Sociologia dei conflitti etnici (2009), Sociologia dello straniero (2012), Prosternarsi (2013), Modernità e capitalismo (2015). Alcune delle sue opere sono state tradotte in inglese, in francese, in ceco ed anche in arabo.
Cotesta è stato sindaco del comune di Roccagorga dal 1975 al 1978 e Consigliere provinciale per 15 anni.
L’ultima sua poderosa ricerca, un’opera magna (ancora non tradotta in italiano, ha come titolo The Heavens and the Earth. Graeco-Roman, Ancient Chinese ana Mediaeval Islamic Imeges of the World (Brill, Leiden-Boston, 2021).
Quali sono i principali temi affrontati in quest’ultima opera?
Alla base del libro c’è la ricostruzione delle visioni del mondo proprie di tre civiltà: quella greco-romana, quella cinese antica e quella islamica medievale. La prima parte è dedicata alla civiltà greco-romana, la seconda alla civiltà cinese antica e la terza all’islam, dalla nascita (settimo secolo) fino alle soglie della modernità. Alla fine della seconda parte è collocato un Intermezzo per analizzare i tratti comuni e le differenze tra la civiltà greco-romana e quella cinese antica. Nelle Conclusioni del volume vengono, invece, presentate le differenze e i punti di convergenza tra le tre civiltà. Il volume descrive come in ognuna delle civiltà studiate si forma una versione universale dell’uomo e del mondo. L’identità di ognuna delle civiltà ha due pilastri: l’immagine dei sé e quella degli altri. Si passa da una auto-percezione etnica limitata ad una visione universale nella quale viene incluso tutto il mondo fisico e tutti i popoli conosciuti. È l’ecumene globale. In questa visione globale del mondo, ogni popolo pone sé stesso al centro e gli altri ai margini. Va da sé, anche, che quelli che vivono al centro sono ritenuti i migliori, i più forti, i più civilizzati; quelli ai margini sono generalmente presentati come “barbari”. Di più, ogni civiltà costruisce la sua immagine (positiva) in relazione a quella (negativa) degli altri.
Per la tua ricerca a quali modelli interpretativi hai fatto riferimento?
Mi sono ispirato direttamente a Karl Jaspers e a Max Weber. Ho preso da loro il concetto di rivoluzione assiale e su questa base ho analizzato il cambiamento graduale della visione del mondo di ognuna delle tre civiltà. Altri autori (come Marx o Hegel) sono invece presenti in modo più indiretto; altri ancora sono presenti in un modo che neppure io so definire perché da loro ho preso concetti e spunti analitici molto importanti. Infine, da alcuni (ad esempio, Platone, Aristotele, Confucio) ho preso concetti e teorie che ho utilizzato per fare l’analisi del loro stesso pensiero etico, politico e sociale. Da loro, infatti, vengono alcuni concetti centrali del libro: l’umanità non è un dato naturale ma una costruzione nella quale interviene la società e opera attivamente l’individuo. Insomma, uomini si diventa se si seguono le norme della propria civiltà; nessuno può essere felice in un ambiente sociale infelice. La felicità è possibile solo nella relazione con gli altri.
Nel percorso di analisi comparativa della civiltà cinese antica, greco-romana, islamica medievale, quali metodi hai privilegiato?
Esistono studi importanti che mettono a confronto aspetti di queste civiltà: la politica, la forma dello Stato, l’etica, etc. È molto difficile fare comparazioni più generali perché non si hanno le conoscenze approfondite in campi scientifici diversi. Se sei uno studioso del mondo romano, difficilmente conosci bene anche la Cina antica; e viceversa. Perciò gli studi comparativi riguardano aspetti importanti delle civiltà. Ultimamente, infatti, sono stati pubblicati studi sullo Stato a Roma e in Cina, oppure su Confucio e Platone, su questioni ancora più particolari, come l’etica di un autore cinese e uno greco o greco-romano. Fidandomi dei testi messi a disposizione dai filologi delle diverse letterature, ho cercato di fare un’analisi comparativa su come è nata e si è sviluppata l’immagine del mondo propria di ognuna delle tre civiltà. Esiste una mole molto grande di opere nelle lingue occidentali e ci si può ragionevolmente fidare del lavoro dei filologi dei classici greco-romani, cinesi e islamici. Sono a disposizione più edizioni e si può fare il confronto e usare quelli più attendibili. Questo, almeno, è quello che ho fatto io.
Come ho scritto nel libro, ho considerato le “vette” di ognuna di queste civiltà in un periodo definito – quelle delle rivoluzioni assiali (ottavo- secondo secolo a. C. e settimo-quindicesimo secolo d-. C. per l’islam) – per mostrare come gradualmente filosofi, teologi, storici e geografi elaborano le conoscenze sul mondo fisico, umano e sociale. In altre parole, come vedono Dio, l’uomo e la società. Ho cercato così di analizzare quali contributi ognuno ha dato alla conoscenza umana. Ho cercato infatti di studiare le teorie del mondo via via proposte per affrontare i problemi che erano sul tappeto.
Io ho studiato queste tre civiltà, ma si poteva – e si può – fare diversamente e studiare le immagini del mondo prodotte da altre civiltà. Proprio lo studio di queste civiltà favorisce l’interesse e la conoscenza per le altre. Si comprende che più si va avanti e meno se ne sa.
Delle tre civiltà quali sono le questioni essenziali nel quadro della prospettiva storica?
Uno degli obiettivi del mio discorso è cercare di aiutare a comprendere che le questioni essenziali che abbiamo davanti sono molto antiche. Ho cercato di fare vedere come un’idea umana dell’uomo sia molto antica e che, nello stesso tempo, questa idea sia parziale. Ho chiuso il libro con un paragrafo intitolato “un universalismo a metà” per segnalare che il processo di costruzione dell’umanità è ancora in grande parte davanti a noi. Come si può essere “umani” se persiste la discriminazione, la violenza e l’esclusione verso le donne, i marginali, i deboli? Se una parte della società è permanentemente esclusa dai beni collettivi, dalla gestione stessa della società?
Quali spunti, dalla lettura del tuo libro, possono trarre i lettori di oggi che vivono in una società globalizzata?
Se posso dirlo: abbandonare l’idea di essere unici, speciali e cercare di imparare dagli altri. Come ho detto prima, la società globale esisteva già nel mondo antico. Era diversa, oggi è diventato più facile comunicare, viaggiare, incontrarsi (naturalmente per chi ne ha i mezzi) da un capo all’altro del mondo. A maggiore ragione, è stupefacente vedere gli sforzi fatti in altre epoche storiche, e con ben altri mezzi, per comunicare e incontrarsi con gli altri. Vi sono problemi di oggi che, certamente in forme diverse, sono stati affrontati anche prima. E vedere come hanno fatto può essere importante pure per noi.
Conoscere queste civiltà è molto importante per costruire il dialogo nell’epoca in cui viviamo. Occorre sapere cosa possiamo fare noi e cosa possono fare gli altri. Certe soluzioni, per noi ovvie, sono difficili da adottare per gli altri; e viceversa. Si apre, se si vuole, uno spazio per la comprensione e la reciprocità. Quando dico che nessuno può essere felice da solo, questo non vale solo per gli individui, ma pure per le società e le civiltà. Vi sono i conflitti, certo, ma occorre saperli individuare e gestire e niente può essere più ridicolo oggi, di pensare che i problemi possono essere risolti con la forza.
Quando sarà possibile leggere in italiano la tua ultima (almeno per ora) “fatica” saggistica?
In primavera, spero.
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