Intervista a Giorgio Maulucci
Chi insegna è investito formalmente di una certa autorità, ma una sostanziale autorevolezza deve conquistarsela sul campo, giorno dopo giorno. Alfonso Berardinelli
Giorgio Maulucci è nato il 13 febbraio 1944 nei pressi di Amaseno (provincia di Frosinone). Latinense di adozione perché fin dai primi mesi della sua vita è residente a Latina, dove ha frequentato la scuola elementare a Piazza Dante, la scuola media e il Liceo classico a Palazzo M. Alla fine degli anni Sessanta (maggio 1969), con una tesi su “Virgilio” affidatagli dal «principe dei latinisti», prof. Ettore Paratore, si è brillantemente laureato il Lettere Classiche presso l’Università La Sapienza di Roma.
Ha svolto i suoi primi anni di insegnamento presso il Liceo classico “Leonardo da Vinci” a Terracina (1971) e in seguito presso il Liceo scientifico “Ettore Majorana” di Latina, lasciando ovunque segni positivi di apprezzamento e stima per i suoi metodi e per i programmi innovativi dei contenuti e l’accattivante impostazione didattica. Dall’anno scolastico 1983-84 ha iniziato l’avventurosa impresa scolastica di preside con la prima nomina presso il Liceo classico “Carducci” di Merano e subito dopo, con il trasferimento, a Latina (a.s. 1984-85), presso l’Istituto Magistrale “A. Manzoni” (poi Liceo Pedagogico). Dopo questa straordinaria esperienza professionale e umana ha approdato al Liceo classico “Dante Alighieri” della città “paludosa”.
Questa ricca “carriera” scolastica, caratterizzata da un forte impegno culturale con le sperimentazioni inerenti il teatro, il cinema e la musica, operazioni che sono sempre risultate valori aggiunti all’arte di insegnare, è stata affiancata da una continua ed encomiabile attività di volontariato dapprima come collaboratore di Musica Radio e poi come animatore teatrale presso le carceri del capoluogo pontino.
Quale motivazione ti ha spinto a scrivere «Confesso di aver insegnato. Diario di un viandante tra scuola, cinema e teatro»?
Probabilmente dovuto a ”il ricordar m’è dolce”! A parte la battuta, due impulsi o ragioni: una sorta di bilancio consuntivo(!), un “gioco” ossia il piacere di riannodare un rapporto con il passato nei termini di una sceneggiatura o copione teatrale! Insomma, un divertissement, non senza l’intenzione di una certa “critica dei costumi”(scolastici e non).
Nel sottotitolo della tua autobiografia hai adoperato la metafora del “Diario di un viandante”. Che significato ha questa espressione?
Nel romanticismo tedesco il wanderer è il “poeta vagabondo” libero di vagare nei e coi suoi pensieri. Se vuoi, “un viaggio sentimentale” nel mio lungo percorso di vita e di lavoro. Anche una ricognizione del mio rapporto con la città.
Nell’articolata e ricca matassa dei racconti del tuo curriculum studiorum quali ricordi balzano più prepotentemente nella tua memoria?
Ovviamente, quelli dell’infanzia e adolescenza, i più belli in una Latina che, allora, era “bella”, quindi, la scuola, i giochi -per me il teatrino delle marionette- le scorribande nel cortile e sul terrazzone del Palazzo dell’ INPS con gli altri ragazzini “terribili (Sergio Iucci, Antonio Pennacchi!), poi, il liceo, l’Università, l’innamoramento per Roma, a seguire, il periodo svizzero, gli esordi come insegnante, poi, come preside. Insomma, l’addestramento e la “recitazione” tra il cinematografico e il teatrale di un ruolo complesso: quello di un uomo di scuola che non ha mai accettato di essere “diretto” o pilotato dalla letteratura intesa come entità astratta, meno che mai dalla “letteratura ministeriale” (!).
Educazione, formazione, insegnamento, apprendimento, sono le parole chiave della tua professione di insegnante e di preside. Che significato hanno avuto?
La butto là: critica della ragion pura, della ragion pratica, critica del giudizio! Ma Kant è una cosa molto più seria! Seriamente parlando ho sempre tenuto presente un “imperativo categorico”, quello dell’insegnare (i docenti) e dell’apprendere (gli alunni) come un dovere morale e culturale. Kant scrive “uscire dallo stato di minorità”, io ho mirato a che sia i docenti sia gli alunni uscissero dalla stato di banalità o banalizzazione cui, non ho timore a dirlo, il congegno scolastico e metodologico ministeriale, almeno per certi aspetti, ha “canalizzato”(è troppo dire “narcotizzato”?!) gli insegnanti e con loro gli alunni. A tutt’oggi una mancata, seria e radicale riforma del sistema scuola ne è la conferma.
Cinema teatro e musica quale ruolo e funzioni hanno avuto nella tua attività di docente di Italiano e Latino e di preside?
Direi un salvacondotto e antidoto critico e metodologico per uscire dalla banalità cui ho accennato. La possibilità di andare oltre la siepe!
Molti e diversi sono stati i personaggi del cinema, del teatro, della musica e in generale della cultura che hai ricercato, avvicinato, invitato negli Istituti scolastici da te diretti. Quale valore hanno avuto questi incontri?
Senz’altro di stimolo per i docenti e gli alunni, per me di verifica delle mie conoscenze acquisite, di incentivo a studiare, documentarmi onde poter trasferire o proiettare le risultanze nell’ambito del curriculum scolastico oltre che dell’aggiornamento per i docenti.
Quali sono stati gli episodi più importanti della tua professione di preside?
L’esperienza al/nel Liceo Classico “G. Carducci” di Merano (Bz), quella “gioiosa”, direi da “commedia dell’arte” all’allora Istituto Magistrale “A. Manzoni” di Latina, trasferitosi al mio arrivo nella nuova sede di via Magenta, inaugurata con la clamorosa partecipazione straordinaria di Milva! Contrassegnata dalla realizzazione di alcuni spettacoli importanti ad opera di alcuni, magnifici docenti e del sottoscritto, con alunni e/o attori professionisti /(N. Bernardini, V. De Angelis, L. Bernardi, B. Galvan). Poi il Liceo Classico “Dante Alighieri” dove ho potuto sguinzagliare appieno la mia “follia” di cui ancora oggi mi permetto di fare un timido elogio! E’ qui che, forse, sono riuscito ad affermare concretamente l’idea del “Gran teatro della scuola”. A passare dagli “studios” della Paramount (il Magistrale) a quelli della Metro Goldwin Mayer (il Classico)!
Nella tua autobiografia quale ruolo hanno avuto le donne, le compagne di studio, le colleghe di lavoro e le collaboratrici?
Ora “materno” ora amicale o, se è lecito dire, sororale comunque importante nella maturata convinzione che la donna, .a partire da mia moglie, ha davvero una marcia in più rispetto a noi uomini. Specie quando si trova a dover avere a che fare con un soggetto bizzarro come me, non a caso croce e delizia delle due Segretarie (amministrative) e del “Manzoni” e del “Dante Alighieri”, non fosse altro che per la gestione supplementare o collaterale delle “spettacolazioni”!
Nella ricca autobiografia hai inserito anche la straordinaria esperienza di volontariato con le detenute della Casa circondariale di Latina. Quale significato ha questa esperienza?
Esperienza importante e sotto l’aspetto didattico nonché pedagogico e sotto quello umano. Un’esperienza che mi ha dato molto come conoscenza del diverso/emarginato, di una sensibilità che può emergere e resistere nonostante la brutalità sia delle cause (i crimini) sia delle conseguenze (la pena). Fare teatro con le detenute mi ha dato l’occasione di mettere realmente “sul fuoco” il ben noto adagio o detto che il teatro è come la vita: né l’uno né l’altro s’improvvisano obbligandoti a sottoporti alla loro dura legge, disciplina.
Ora in “pensione” in che modo continui a svolgere l’attività di «critico per caso” come tu stesso ti definisci?
Sono variamente impegnato tra scrittura, cinema e teatro (musica compresa, Auditorium, Opera e simili), recensioni e critica di costume, qualche immancabile lezione (ultimo anno), lettura dei classici sempre più attuali nei tempi bui che viviamo. Naturalmente l’inseparabile Brecht che non cessa mai di darmi delle dritte! Ma lo sguardo è costantemente rivolto ai figli, uno di quei valori e regali della vita che non possono avere eguali nel copione della stessa. I veri protagonisti del “romanzo” di ogni genitore.
Quali progetti scritturali hai per il futuro o sono già in cantiere?
Mah, dopo la “confessione”….la ”comunione”?! Qualcosa di spirituale? Una ”conversione”?! Dal racconto ludico al “saggio breve”? Se fosse… “Città vuota”?! Mina è sempre Mina!
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