In ricordo di Gianni Rodari

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Il maestro della fantasia                                                        (prima parte)

Si può parlare agli uomini anche parlando di gatti e si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre.            Gianni Rodari

         Non abbiamo mai dimenticato l’improvvisa e inaspettata visita che l’inventore di favole e filastrocche, Gianni Rodari, ha concesso agli alunni e insegnanti della scuola elementare di Via Tasso di Latina. In quel felice ed entusiasmante incontro/colloquio abbiamo avuto modo di ammirare la semplicità e la leggerezza del narratore “di razza”, la sua straordinaria abilità affabulatoria, capace di incantare l’infanzia con i suoi racconti  fiabeschi, con le sue storie e filastrocche divertenti.                                                                                                                                             Il fabbricante di giocattoli, così amava definirsi perché intendeva regalare ai bambini il potere delle parole, con cui giocare e smontare i luoghi comuni, è nato da una famiglia di panettieri il 23 ottobre 1920 a Omegna, sul Lago Maggiore, ed è  morto a Roma il 14 aprile 1980. Dopo la precoce scomparsa del padre, Rodari si trasferisce con la madre e il fratello minore a Gavirate (Varese). Studia presso il seminario diocesano di Seveso, date le ristrettezze economiche della famiglia, e nel 1937 si diploma come maestro  e svolge il compito di precettore presso una famiglia di ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania. Nel 1941 vince il concorso e comincia a insegnare nel Comune di Saronno.                                                                                                  All’entrata in guerra dell’Italia non viene chiamato alle armi per motivi di salute. Nel 1944 si unisce ai reparti partigiani dopo il trauma subìto per la morte in guerra di due carissimi amici e dell’internamento del fratello in Germania.                                                                                                                              Nel dopoguerra incomincia a collaborare al settimanale legato al Partito comunista italiano Vie Nuove. Come scrittore per l’infanzia, Gianni Rodari ha iniziato alla fine degli anni quaranta (tra il 1947 e il 1950) quando, come brillante giornalista, col gusto di raccontare, incominciò a scrivere sull’«Unità di Milano», nella rubrica La domenica dei piccoli, i primi racconti umoristici inventati per i suoi alunni di scuola elementare. Infatti è stato prima maestro in provincia di Saronno, poi scrittore colto e stimato autore di libri per l’infanzia, di testi teatrali, di canzoni e programmi televisivi, ascoltato pedagogista e apprezzato poeta che ha sempre lavorato con le parole.                                                                                                                                      Nel 1950 fu chiamato a Roma da Giancarlo Pajetta per fondare e dirigere, con Dina Ranaldi, Il Pioniere, il periodico settimanale illustrato per ragazzi. Di questa esperienza era contento per due motivi: «il primo che l’angolo dei bambini non appariva in un giornale per bambini, ma in un quotidiano nazionale assai impegnato e socialmente vicino alle classi popolari; il secondo che l’angolo diventava sempre più un dialogo in diretta con i bambini».                                                                                                  Dal 1950 al 1953 fu pubblicato a puntate sul Pioniere il suo unico romanzo realistico Piccoli vagabondi, che uscì in volume soltanto nel 1982 nella «Biblioteca giovane» degli Editori Riuniti, diretta dal giornalista e scrittore Marcello Argilli.                                                                                                                     Nel 1958 fu inviato speciale, poi responsabile della terza pagina e caporedattore de l’Unità. Successivamente scrisse su Paese sera, dove firmava con il nome di Benelux i celebri corsivi di prima pagina, molto seguiti dai lettori e dai suoi  estimatori. In quegli anni d’impegno professionale e civile viaggiò molto, in Russia, in Cina e in altre parti del mondo.

Come autore italiano poteva vantare, già in piena Guerra Fredda, tirature di 400 mila copie per la traduzione dei suoi famosi libri nell’Unione Sovietica. Ha meritato di essere tra i primi sette scrittori italiani, di tutti i tempi, più tradotti al mondo.                                                                                                                  Partecipò al Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) e fu, insieme ad Aldo Pettini, Bruno Ciari e Mario Lodi, uno straordinario punto di riferimento per molti giovani educatori attenti e sensibili a seguire con spirito critico i principali elementi della pedagogia rodariana, tenendo conto della sua straordinaria lucidità intellettuale, del suo inconfondibile stile, caratterizzato dall’affabilità e capacità di ascolto e di osservazione del mondo dell’infanzia. Da lui numerosi  insegnanti hanno appreso che la scuola era (ed è) una istituzione laica e democratica, importante ed essenziale, dove s’impara perché è una comunità di bambini che lavora molto e legge, fa ricerca e usa la fantasia per immaginare mondi nuovi.                                                                                                                                                  Rodari era convinto che l’universo delle fiabe, attraverso lo sviluppo della fantasia e dell’immaginazione, potesse contribuire a educare la mente, offrire delle chiavi per entrare nella realtà, trovare strade nuove e aiutare l’infanzia a conoscere il mondo.                                                                                                  Fu definito nel 1974 dal prof. Tullio De Mauro “un classico” perché i suoi libri, tradotti in numerose lingue, hanno scandito il cammino culturale di tante generazioni di ragazzi.

Le sue indimenticabili opere, come Favole al telefono, La torta in cielo, Filastrocche in cielo e in terra, Il libro degli errori, Il pianeta degli alberi di Natale ecc…, solo per citarne alcune più lette e conosciute, sono importanti libri che, anche a distanza di tanto tempo dallo loro scrittura, continuano a parlare al lettore di ogni epoca. Di se stesso diceva: «Debbo essere stato un pessimo maestro, ma forse non antipatico ai bambini perché sapevo inventare storie» e anche canzoni come quella famosissima, per il cantautore Sergio Endrigo, Ci vuole un fiore, che ha avuto un enorme successo.                                                                                                                                                                      Ha scritto la celebre insegnante Ersilia Zamponi, autrice del libro I Draghi Locopei: «Rodari ci ricorda che la crescita è un graduale passaggio dalla dipendenza all’autonomia, e che l’uso attivo della fantasia contribuisce in modo determinante a questa evoluzione. La capacità di pensare e agire in modo creativo e critico è premessa necessaria per diventare davvero persone libere».                                                                                                Gianni Rodari è stato un perspicace intellettuale di straordinaria vitalità, un eccezionale innovatore che ha saputo ascoltare le voci dell’infanzia, incitare i bambini a fare cose difficili: «dare la mano ai ciechi, cantare per i sordi, liberare gli schiavi che si credono liberi».


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