ROMA – Nell’ambito delle attività volte al contrasto della criminalità straniera, la Squadra Mobile della Questura di Roma ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare con la quale, a seguito di richiesta della DDA di Roma, il GIP presso il Tribunale ha applicato misure restrittive a carico di 22 soggetti, ritenuti a vario titolo responsabili, alcuni, di far parte di un’associazione criminale dedita alla importazione ed allo smercio di stupefacenti, ed altri, di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di vari reati contro il patrimonio, principalmente organizzazione di rapine a mano armata, organizzazione composta da soggetti di etnia albanese da tempo radicati sul territorio laziale.
L’operazione, condotta con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e con la fattiva collaborazione delle Squadre Mobili di Ancona, Cuneo, Padova, Prato e Viterbo, è scattata all’alba di questa mattina ed ha visto la partecipazione di un centinaio di poliziotti appartenenti ai reparti investigativi ed ai reparti speciali della Polizia di Stato.
I gruppi criminali sgominati, presenti in Italia da diversi anni, avevano come base logistica il litorale romano, nella zona di Torvaianica, Pomezia ed Ardea. Operavano nell’hinterland romano, dove si muovevano con disinvoltura, soprattutto nelle aree a più elevata densità di cittadini stranieri; ma agivano anche in tutto il territorio nazionale, dalla Puglia al Piemonte, passando per le Marche e la Toscana, potendo contare su numerosi appoggi e connivenze.
Nel corso delle investigazioni sono stati rinvenuti e sequestrati in più occasioni circa 350 kg di marijuana, 500 gr. di cocaina, 2 pistole con matricola abrasa e 2 pistole di importazione clandestina, nonché lampeggianti, pettorine della Polizia di Stato utilizzate per simulare controlli e “agevolare le attività predatorie” nei confronti dei malcapitati.
Inoltre, negli ultimi due anni, sono state arrestate in flagranza di reato ben 22 persone, tra albanesi e italiani. Sei fra i destinatari delle misure odierne, infatti, erano già sottoposti a precedenti misure cautelari.
Questa operazione si pone idealmente, anche nel nome scelto, ÇA BON 2, come prosecuzione di una precedente indagine (ÇA BON) che aveva consentito, nel gennaio del 2014, di arrestare 5 cittadini albanesi responsabili dell’importazione da quel paese di più di 800 kg. di marijuana celati all’interno di un gigantesco blocco di roccia.
Gli sviluppi successivi hanno consentito di delineare l’operatività sul territorio nazionale di due distinti gruppi di soggetti dediti ad attività illecite tra loro collegati, attivi l’uno principalmente nel settore del narcotraffico, l’altro dedito all’organizzazione di rapine e composto da soggetti peraltro dediti anch’essi al commercio di narcotici.
Il primo gruppo è composto da una vera e propria rete di persone, quasi tutti cittadini albanesi, dediti all’acquisizione di consistenti quantitativi di marijuana ed alla loro commercializzazione; in particolare lo stupefacente, entrato nella disponibilità del gruppo grazie ai contatti con referenti stanziati in Albania, veniva prelevato e collocato in locali (garage o magazzini) a tal fine acquisiti.
I servizi effettuati hanno condotto a numerosi sequestri di partite di stupefacente ed hanno anche consentito, mediante il monitoraggio di incontri concordati telefonicamente, di identificare gli usuari delle utenze intercettate; utenze che, secondo un’abitudine consolidata negli ambienti criminali, venivano di frequente dismesse e sostituite con altre intestate ovviamente a terze persone.
Tali attività hanno consentito non solo di attribuire ad ogni soggetto monitorato un proprio ruolo specifico, ma anche alla Procura di contestare il vincolo associativo; di dimostrare che gli affiliati erano uniti da un comune patto associativo ed una cointeressenza nella gestione del traffico illecito di stupefacenti. Le singole iniziative delittuose erano realizzate dai soggetti di volta in volta coinvolti, con una preventiva ripartizione di compiti e di ruoli. E se i membri non avevano una vera e propria base logistica, questa carenza era supplita dall’esistenza di alcuni punti di incontro stabili che fungevano da “ufficio” dove gli associati erano quotidianamente impegnati nelle attività illecite.
L’elemento di stabilità del gruppo si ritrova anche nell’esistenza di canali e referenti “fissi” stanziati all’estero.
Le indagini si sono svolte col supporto dell’attività di intercettazione telefonica. Sono state anche effettuate videosorveglianze presso i depositi, presso i luoghi frequentati dagli indagati nonché continui e puntuali servizi di polizia giudiziaria, svolti al fine di dare riscontro al contenuto delle intercettazioni, che di per sé si rivelavano di difficile decifrazione a causa del linguaggio criptico usato fra loro dagli affiliati. Così lo stupefacente era ad esempio indicato come “secchi di vernice”, “macchina” “ragazza” etc., il denaro come “documenti”, gli incontri per lo scambio di droga o denaro come incontri per “un caffè”.
Per una lungo periodo è stata oggetto di videosorveglianza una villetta alla periferia di Aprilia (LT) di proprietà di un italiano incensurato che lì viveva con tutta la famiglia, motivo per il quale era stato individuato dal gruppo quale ideale ed insospettabile custode dello stupefacente, stoccato all’interno di un garage del casolare. L’andirivieni dalla villetta e le attività di carico e scarico sono state però riprese e registrate consentendo, oltre che puntuali arresti in flagranza degli acquirenti, di individuare compiti e responsabilità dei soggetti convolti.
L’altro gruppo monitorato presenta anch’esso un’organizzazione stabile finalizzata alla commissione di reati prevalentemente contro il patrimonio, in particolare contro connazionali in possesso di ingenti partite di stupefacente da immettere in commercio.
Anche in questo caso, gli elementi raccolti hanno consentito all’Autorità Giudiziaria di contestare l’esistenza di una struttura associativa per i progetti continuativamente portati avanti (dall’estate 2014 all’estate 2015) e attualizzati con medesime modalità, nonostante i ripetuti arresti subìti. Ad acuire la pericolosità di questo sodalizio, la circostanza che gli appartenenti avessero larga disponibilità di armi che erano soliti portare al seguito.
L’episodio più rilevante nel giugno del 2014, quando il gruppo riesce a convergere da più parti d’Italia, oltre che dall’Albania e dalla Romania, a Bari per realizzare un progetto ideato da alcuni mesi: la rapina del carico di marijuana in arrivo su di una spiaggia pugliese e destinata ad altro sodalizio rivale.
I referenti in Albania, infatti, erano riusciti ad inserire un rilevatore di segnale GPS all’interno di una delle confezioni di stupefacente. Il gruppo aveva perfino fatto giungere dalla Romania un specialista nella rilevazione di quel segnale.
La notte del 29 giugno gli affiliati si riunivano sul lungomare alle porte di Bari, muniti di un revolver e di una semiautomatica, di pettorine con la scritta “POLIZIA”, di due lampeggianti luminosi, in attesa di individuare il furgone dove era stato caricata la droga.
Un malfunzionamento del sistema di rilevazione satellitare induceva il gruppo a tentare di rapinare un furgone che trasportava materiale elettrico; tentativo che veniva vanificato dal pronto intervento dell’autista del mezzo che con manovre repentine riusciva ad evitare il fermo e ad attirare l’attenzione di una pattuglia dei carabinieri di passaggio.
Nel corso dell’inseguimento, una vettura dei malviventi fuoriusciva dalla strada ma gli occupanti riuscivano a far perdere le proprie tracce.
Il personale della Squadra Mobile, che aveva seguito uno degli indagati fin da Roma, riusciva a individuare e bloccare tutto il gruppo riunitosi arrestando 6 persone trovate in possesso delle armi e del materiale distintivo della polizia.
Un altro episodio rilevante nel maggio dell’anno successivo, quando le attività di intercettazione permettevano di arrestare in flagranza due cittadini rumeni ed un russo, legati da un passato criminale comune, autori di una efferata rapina in villa nella residenziale località di Morena, alle porte di Roma.
I rapinatori si erano introdotti furtivamente nel giardino della villa, ed atteso il rientro delle vittime, che venivano stordite con un taser elettrico, percosse e minacciate con armi nonostante la presenza di una bambina.
Il personale prontamente intervenuto riusciva ad individuare ed arrestare i malviventi in fuga trovati in possesso delle armi e della refurtiva.
I destinatari della misura odierna si caratterizzano per la estrema pericolosità ed anche per la assoluta noncuranza ed inosservanza dei provvedimenti dell’autorità.
Ben 3 dei soggetti appartenenti a tale gruppo criminale, infatti, commettevano reati e partecipavano pienamente alle attività dell’associazione nonostante fossero a quel tempo già sottoposti a misure cautelari.
In particolare, due evadevano dagli arresti domiciliari per eseguire gli ordini imposti dagli organizzatori. Uno di questi due, per il quale sono stati raccolti elementi idonei a provarne l’allontanamento, dovrà rispondere anche del reato di evasione.
Ancora più grave, la posizione di un terzo affiliato che, sottoposto all’obbligo della firma quotidiana, dopo l’assolvimento la domenica mattina da Cuneo si recava a Roma nel tentativo di commettere una rapina, approfittando del maggior intervallo fra la firma mattutina dei festivi e quella pomeridiana del feriale successivo.
Sintomatico, a tal proposito, il fatto che il ruolo di organizzatore sia stato riconosciuto anche ad un affiliato che sta scontando un periodo di detenzione per omicidio dal 2000 e, nonostante questo, dal carcere riusciva a porsi come referente del gruppo.
Le organizzazioni criminali erano ancora pienamente attive tanto che nel corso delle perquisizioni sono stati trovati 3 kg. di marijuana all’interno di un appartamento.
Uno dei ricercati ed un altro cittadino albanese fino ad oggi incensurato che ne avevano la disponibilità sono stati quindi tratti in arresto.
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