Bioetica
Le persone con sclerosi laterale amiotrofica hanno il diritto e il dovere di dare letteralmente corpo ai temi della bioetica, non certo ai temi della bioetica in laboratorio, che non ci competono, ma a quelli della bioetica in politica, cioè della bioetica sulla propria pelle. Luca Coscioni
La bioetica, come disciplina, nata negli Stati Uniti all’indomani della Seconda Guerra Mondiale dopo il processo di Norimberga, mette insieme la conoscenza medico-biologica con la conoscenza del sistema dei valori umani e morali. La bioetica è una delle scienze umane che studia il comportamento dell’individuo e alla società in rapporto delle nuove tecnologie e conoscenze in campo biologico, medico e genetico.
Il temine bioetica è stato coniato nel 1970 dal medico oncologo Van R. Potter in un articolo intitolato Bioethics: The Science of Survival, apparso sulla rivista “Perspectives in Biology and Medicine”, con il significato di “scienza della sopravvivenza” e col programma di promuovere la qualità della vita.
L’attuale specificazione del vocabolo è avvenuta successivamente ed è stato Warren T. Reich nel 1978, nell’introduzione ai quattro volumi dell’“Enciclopedia di Bioetica” pubblicata dalla Free Press di New York, a offrire la definizione più comune, generale e generica: «Studio sistematico della condotta umana nell’area della scienza della vita e della salute, esaminato alla luce dei valori e dei principi morali».
La bioetica, introdotta nel mondo universitario, in quello politico e dei mass-media, nel tempo è diventata oggetto di studio accademico che fornisce i criteri di fondo per risolvere le questioni-limite che il progredire della tecnica pone alla coscienza dei singoli e della comunità.
Termini, come fecondazione artificiale, eutanasia, accanimento terapeutico, fine vita, cellule staminali, maternità surrogata, inseminazione, sterilizzazione, procreazione assistita omologa ed eterologa, utero in affitto, aborto, manipolazione genetica, sono entrati ormai a far parte del linguaggio comune: problemi complessi che investono l’etica individuale e sociale degli scienziati, filosofi, politici, psicologi, antropologi, uomini religiosi e anche degli uomini e donne comuni.
Le tematiche bioetiche sono così sconvolgenti e inquietanti per le implicazioni etiche e antropologiche che hanno spinto lo scrittore italiano Claudio Magris a scrivere che «con la manipolazione genetica sta avvenendo una vera mutazione antropologica, forse preludio all’avvento di una nuova specie post-umana».
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