Abitudine
Non vi è nulla di così assurdo che l’abitudine non rende accettabile. Erasmo da Rotterdam
Il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia definisce l’abitudine come «disposizione acquisita con il costante e periodico ripetersi di determinati atti o impressioni o tendenze». L’abitudine è una modalità di essere o di agire acquisita dall’individuo che tende a ripetersi in forma identica, e come sinonimo di consuetudine, ripetizione, assuefazione è una stabile acquisizione di un particolare atteggiamento e comportamento che si reitera fino ad arrivare ad un adattamento meccanico, automatico, quasi d’istinto.
Come attitudine a ripetere un’esperienza, l’abitudine può essere rassicurante dal punto di vista dell’agire quotidiano, ma può anche portare al grigiore di comportamenti noiosi, alla totale assenza di slanci e fremiti esistenziali e alla negazione di ogni sorpresa e novità creativa. Secondo il filosofo francese, Michel de Montaigne, «l’abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose».
Dal punto di vista psicologico alla base dell’abitudine ci sarebbe l’inerzia come inclinazione a perdurare all’infinito nel proprio agire oppure la volontà responsabile di una serie di atteggiamenti finalizzati al risparmio di energie, perché le azioni abitudinarie richiedono minor dispendio di forze con la possibilità di liberare coscienza e volontà per nuovi compiti e progetti da realizzare.
Dal punto di vista filosofico, alcuni pensatori moderni e contemporanei, come Henri Bergson, si sono serviti dell’abitudine per spiegare gli obblighi morali che non sarebbero esigenze di ragione, ma abitudini sociali che garantiscono la vita e la solidità della società. Per i sociologi la nostra vita quotidiana è costantemente condizionata, nel rapporto con gli altri, dalle regole, dalle convenzioni, dal linguaggio, dalle abitudini che condividiamo con essi.
Anche poeti e narratori si sono interessati dell’abitudine. Infatti il letterato ed erudito inglese, l’eclettico animatore della vita intellettuale londinese di fine Settecento, Samuel Johnson, ha scritto: «in genere le abitudini sono troppe leggere per essere avvertite finché non diventano troppo pesanti per essere spezzate», e lo scrittore umorista statunitense, Mark Twain, aggiungeva che «l’abitudine non puoi d’un colpo sbatterla fuori dalla finestra; bisogna farle scendere le scale un gradino alla volta».
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