Titolo: Il pataffio
Regia: Francesco Lagi
Soggetto: Francesco Lagi, dall’omonimo romanzo di Luigi Malerba (ed. Quodlibet, 2015)
Sceneggiatura: Francesco Lagi
Musiche: Stefano Bollani
Produzione Paese: Italia, Belgio, 2022
Cast: Lino Musella, Giorgio Tirabassi, Alessandro Gassmann, Valerio Mastandrea, Viviana Cangiano, Giovanni Ludeno, Vincenzo Nemolato, Daria Deflorian, […]
Il pataffio (alterazione popolare di epitaffio) è un film diretto da Francesco Lagi che, per l’ambientazione storica – nel medioevo -, la lingua usata – una miscellanea sgrammaticata di latino, romanesco, italiano moderno, ecc., come, ad esempio, si evince dalla seguente frase: Cancherum ve accipiat tutti quanti, razza de serpenti, de vermini, de paraculi! Stramaledictus siat filius matrignota qui sassata tiravit in oculum meum! – e i costumi, imita L’armata Brancaleone (1966), uno dei capolavori di Mario Monicelli, a cui venne l’idea di questo film dopo aver visto, per caso, alcune scene del film Donne e soldati (1955) di Luigi Malerba e Antonio Marchi. A dimostrare che la matrice di Il pataffio e de L’armata Brancaleone è unica e riposta nel estro originale di Luigi Malerba.
La storia de Il pataffio si svolge in pieno medioevo, dove i feudatari e i villani straccioni sono accomunati senza ombra di dubbio dalla fame, dalla desolazione e dalla miseria. Tuttavia, sebbene ciò è alla vista di tutti, il potere costituito sfrena tutta la sua stizza fredda e spietata sul popolo indifeso e affamato.
Eppure il marconte Berlocchio de Cagalanza (Lino Musella) e la moglie Bernarda di Montecacchione (Viviana Cangiano), novelli sposi, non si aspettavano un tale squallore quando sono arrivati nella terra promessa. Coadiuvati dal consigliere Belcapo (Giorgio Tirabassi), con il sostegno morale di frate Cappuccio (Alessandro Gassmann) e con un drappello di soldati sgangherati e affamati, la coppia, infatti, va a prendere possesso del feudo di Trepalle, per conseguire la prosperità tanto agognata. Invece, dopo un viaggio pieno di incertezze, trovano il castello in uno stato fatiscente e privo di ogni autorità, con dei contadini straccioni e luridi. Perché non se vedono le autorità qui schierate a ricevere il loro nuovo signore? – chiede Berlocchio sbigottito da quel inaspettato stato increscioso e deprimente. Se so’ iti proprio, so’ morti! – risponde più volte Migone, l’unico tra i contadini che con coraggio si fa avanti a parlare, aggiungendo che quella è una terra de migragna, dove se c’è uno che magna, ce n’è cento che se lagna! Conseguentemente il marconte, trascurando la moglie che rimane in attesa del primo rapporto sessuale di cui mostra di avere brama sfrenata – e in questo viene consolata dal frate Cappuccio non solo moralmente -, si trova a indagare sui villani che nascondono le loro bestie e si rifiutano, capeggiati da Migone (Valerio Mastandrea), di farsi governare e di ubbidire alle sue ordinanze.
Il film ricalca un universo grottesco e paradossale, ambientato in un castello dove regna un decadimento non solo ambientale ma anche fisico e morale, e dove la miseria padroneggia soprattutto sui disgraziati abitanti che, non avendo niente da perdere, mostrano indifferenza alle richieste di questo inaspettato marconte che, ovviamente, non volevano e non riconoscono e con il quale non hanno niente da spartire.
Il marconte Berlocchio, pur essendo nato povero ed elevatosi socialmente grazie allo sposalizio con la nobile Bernarda, mostra una greve meschinità nei confronti di quella povera gente, assecondato in ciò dai suoi soldati e da Belcapo, i quali in ogni caso sono costretti ad ubbidirgli senza esitare. Ed è da biasimare anche il frate Cappuccio che per confortare l’innocente, non più pulzella, Bernarda cede ai suoi vagheggiati sfoghi sessuali con risultati inaspettati e imprevedibili.
Francesco Lagi, che dirige questo film divertente nella prima parte ma tragico nella seconda parte, utilizza dei bravi attori nei ruoli più disparati, perfetti nell’esprimere le rispettive caratterizzazioni e nell’esplicitare le imperfezioni dell’essere umano connesse alle presunzioni e alle fisime, e senza esplicitare il minimo desiderio di pentimento e di espiazione. Lo stesso Migone unico che si espone nel giudicare e censurare il potere alla fine cede anche se forzatamente agli illeciti patti e alle immorali costrizioni del marconte.
Filmografia
Balandor (episodio del film 4-4-2 – Il gioco più bello del mondo, 2006), Missione di pace (2011).
Francesco Giuliano
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