È Natale, giorno di festa, giorno di memoria di un evento straordinario che, per i cristiani, segna l’inizio di un tempo nuovo, la venuta in mezzo a noi di Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio. Ma il Natale è anche la festa cristiana più condivisa, almeno nelle sue forme esteriori. Luci ovunque nelle nostre città e paesi, regali, cene e pranzi con familiari e parenti. Sarebbe già un fatto positivo che questo desiderio di stare insieme e di condividere la stessa tavola fosse un segno di un modo fraterno e amichevole di vivere. Sarebbe ancor più bello allargarla a chi non è proprio tuo parente, ma avrebbe bisogno ugualmente di far festa, come, ad esempio, fa da anni la Comunità di Sant’Egidio in molti Paesi del mondo.
Da anni, proprio nel giorno di Natale, partecipo ai banchetti che hanno come ospiti d’onore i poveri, gli anziani soli, i migranti, in chiese al centro di Frosinone e di Ferentino, oltre che in alcune Rsa. È il vero mondo al contrario: i poveri nel cuore della città e della Chiesa. Un Natale vissuto con gli altri si contrappone alla litigiosità che caratterizza a volte la vita delle nostre città o di quel senso di solitudine che isola ed esclude.
Il profeta Isaia, scrivendo in un tempo di ingiustizie e di guerra, parla al suo popolo della luce che viene da Dio: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce… Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia». E poi annuncia un tempo di pace. Il vangelo di Matteo parla di una stella che guidò i Magi fino a Betlemme.
Abbiamo bisogno di una luce di pace, che ci guidi verso tempi in cui ognuno sappia riconoscere nell’altro un fratello, una sorella, amici, non sempre persone da evitare o persino da combattere. Troppo odio corre sulla bocca, nei cuori e sui social! Non possiamo rimanere indifferenti: l’odio è sempre segno di violenza.
Le nostre città hanno bisogno di una luce che illumini lo sguardo triste, impaurito, lamentoso. La luce del Natale ci dice che è possibile un nuovo inizio, ma che esso dipende da ciascuno di noi, non solo da chi ha le chiavi del potere o della ricchezza. I pastori di cui parla il vangelo erano gente comune. I Magi erano ricchi e saggi, ma si accorsero che la felicità non dipendeva dal loro benessere. Allora si misero in cammino e si fidarono della luce della stella, la seguirono, trovando quel bambino in un luogo povero e periferico.
Siamo in una bella terra, a cui voglio bene. Eppure l’abbiamo trascurata e inquinata, talvolta deturpata. Che fare per renderla migliore? Come contribuire a vivere in pace tra noi? Condividere la propria vita, prendersi cura di qualcuno, ascoltarsi, lasciando da parte per un po’ le chat, fermarsi davanti al dolore degli altri e del mondo, come si fermarono i pastori e i Magi davanti a Gesù, può rappresentare, per tutti, la possibilità di un nuovo inizio, può affrettare la venuta di un mondo nuovo, dove vivere come amici, in modo solidale, falerno, e, finalmente, essere felici insieme.
Percorriamo questo sogno del profeta Isaia e rendiamolo possibile per noi, insieme agli altri. Buon Natale di amicizia e di pace.
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