Titolo: Menocchio
Genere: drammatico
Durata: 103 min
Regia: Alberto Fasulo
Sceneggiatura: Enrico Vecchi, Alberto Fasulo
Fotografia: Alberto Fasulo
Musiche: Paolo Forte
Produzione Paese: Italia, 2018
Cast: Marcello Martini, Maurizio Fanin, Carlo Baldracchi, Nilla Patrizio, Emanuele Bertossi, Agnese Fior, Roberta Potrich, Saverio Sculli, […]
Trasmesso su Rai Storia (canale 54), in prima serata il 14 ottobre 2023, il film che racconta il dramma di Menocchio, in anagrafe Domenico Scandella, un mugnaio friulano che, verso la fine del XVI secolo, fu accusato di eresia.. Chi dubitava o negava i dogmi della chiesa cattolica veniva arrestato e processato tramite il tribunale inquisitorio creato conseguentemente al Concilio di Trento (1545 – 1563), che fu indetto per riformare i principi della fede in materia dei dogmi e per reagire all’avanzata delle dottrine protestanti diffusesi nel nord Europa: luteranesimo e calvinismo. La cosiddetta Santa Inquisizione cercava, attraverso i delatori, gli eretici che negavano le verità basate sui dogmi di fede. Menocchio (Marcello Martini) fu uno di questi. Egli non era una persona istruita pur sapendo leggere e scrivere, ma stando a contatto con la natura nel villaggio sperduto di Montereale, dove la povertà imperava, aveva meditato a lungo sulla religione cattolica convincendosi che “Dio è scappato, si vergogna di come ha fatto l’uomo”, ed evidenziando anche il netto contrasto tra la povertà dilagante e l’opulenza della chiesa cattolica. Egli venne processato perché mise in discussione la verginità della Madonna e la provenienza divina di Gesù Cristo che invece considerava un uomo comune come tanti altri. Egli ammise l’esistenza di Dio che tuttavia in senso panteistico immaginava che si manifestasse nei quattro elementi (empedoclei): aria, acqua, terra e fuoco. Sfidò il potere ecclesiastico biasimando il benessere di cui godeva chi lo esercitava e, al tempo stesso, sottolineò l’uguaglianza di tutti gli uomini compresi i prelati e anche il papa. Alla fine del processo, supplicato dalla moglie (Nilla Patrizio), lesse un’abiura che gli permise di avere salva la vita, ma successivamente non riuscì a nascondere le sue convinzioni che persistevano nel suo modo di essere per cui fu condannato al rogo, esattamente un anno prima di Giordano Bruno, il filosofo domenicano anche arso vivo per eresia.
Quel che affascina di questo film, oltre al rilevante tema sulla libertà di pensiero in contrasto con l’omologazione del pensiero, è la fotografia effettuata dallo stesso regista che fa uso ampiamente dello scuro, la cui intensità sovrasta ogni cosa ma che, nel contempo, rende più vivida la luce di una candela accesa, atta a mettere in risalto il volto rugoso ma vigoroso di Menocchio, descrivendone chiaramente la salda convinzione delle sue opinioni senza cedere per nulla alla paura.
Quel che ammalia poi di Menocchio sono anche le varie scene che con un esperto gioco caravaggesco di luci e ombre riescono a rappresentare realisticamente il pathos di Menocchio e quello dei personaggi che si susseguono, in genere poveri contadini, attraverso l’espressione del loro volto segnato dalla sofferenza, e unto talvolta di sporcizia, sinonimo di bisogno.
Il film Menocchio è stato in concorso alla selezione lungometraggi del Festival del Cinema di Locarno 2018 ed ha avuto al Nastro d’Argento 2019 la candidatura Migliore Fotografia a Alberto Fasulo
Filmografia
Rumore bianco (2008), Tir (2013), Genitori (2015).
Francesco Giuliano
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